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Ludovica Zecchini
Leggi i suoi articoliIl ritorno di Gerhard Richter a Parigi, previsto per ottobre, è probabilmente l'evento artistico più atteso dell'anno. Dopo anni di assenza dalla scena espositiva parigina, l’artista tedesco ci fa ritorno seguendo nuove rotte, che lo portano lontano dagli spazi già battuti come il Centre Pompidou o la sua storica galleria, Marian Goodman, che l'ha rappresentato per 30 anni. Ci sarà il suo debutto alla Fondation Louis Vuitton, ormai punto di riferimento assoluto dopo una serie di mostre iconiche tenute negli ultimi anni. Su tutte, probabilmente, quella dedicata a Mark Rothko due anni fa. E contemporaneamente una personale da David Zwirner, che da due anni lo segue. Due luoghi che, pur nella loro differente natura - uno istituzionale, l’altro commerciale - rappresentano oggi due facce della stessa medaglia, un sistema dove arte e mercato si rincorrono, si mescolano, si legittimano a vicenda.
Non è una novità che Gerhard Richter susciti interesse trasversale. Ma è interessante notare come la sua figura continui a catalizzare attenzione e investimenti anche in una fase storica in cui l’arte contemporanea vive un momento di incertezza. I dati di mercato non lasciano spazio all'interpretazione. A quasi 93 anni, Richter resta infatti uno degli artisti viventi più richiesti, più scambiati e più pagati. Nel solo 2025, fino a oggi, sono stati venduti 23 suoi dipinti, con una media di 1,9 milioni di dollari ciascuno, e con un tasso di invenduto pressoché nullo. Il suo record assoluto, 298 milioni di dollari di fatturato d’asta in un solo anno (2012), non è mai stato superato da nessun altro artista vivente. Nemmeno Damien Hirst, che pure ha avuto un anno stellare nel 2008, è riuscito ad avvicinarsi, fermandosi a 268 milioni. Per David Hockney il picco è stato di 206 milioni nel 2018, mentre Zao Wou-Ki ha toccato quota 109 milioni nel 2011. Richter resta, insomma, una vetta difficile da eguagliare.
Ma i numeri da soli non bastano a spiegare la singolarità della sua posizione. Ciò che rende davvero interessante il «caso Richter» è la contraddizione interna che la sua carriera incarna. Da anni, infatti, l’artista si dichiara critico nei confronti delle dinamiche speculative del mercato dell’arte. Ha più volte espresso disagio di fronte all’inflazione dei prezzi delle sue opere, arrivando persino a dichiarare che l’arte non dovrebbe essere oggetto di investimento. Eppure, è proprio il suo distacco dalle logiche commerciali a renderlo, paradossalmente, ancora più desiderabile. In un mercato sempre più dominato dalla logica del branding, della rarità e dell’autenticità, Richter rappresenta un «valore sicuro»: non perché si promuova attivamente, ma proprio perché non lo fa. Il pittore che non rincorre il mercato, e proprio per questo il mercato lo rincorre.
Emblematico anche l’andamento delle sue opere grafiche. Il mercato delle stampe di Richter, tradizionalmente più accessibile rispetto alla pittura, ha conosciuto negli ultimi due anni un’espansione notevole. Solo nel 2025, sono già state vendute oltre 250 sue edizioni, con risultati che spesso superano le sei cifre e, in alcuni casi, sfiorano il milione di dollari. Questo dimostra non solo la solidità della sua domanda, ma anche la crescente segmentazione del collezionismo contemporaneo, dove si afferma una fascia intermedia di acquirenti alla ricerca di “entry points” nel mondo dell’arte di alto livello.
Il ritorno a Parigi coincide con un momento cruciale per la città, sempre più al centro della scena europea dell’arte contemporanea. La presenza di Art Basel, il ridimensionamento di Londra dopo la Brexit e la vivacità delle istituzioni francesi, pubbliche e private, ne rafforzano il ruolo di riferimento sia per il mercato che per il segmento più spiccatamente culturale.
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