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Flavia Foradini
Leggi i suoi articoliCasata squisitamente asburgica, originaria della Bassa Austria, con possedimenti in Boemia, Moravia e Slesia, i Liechtenstein acquisirono all’inizio del Settecento i feudi che oggi costituiscono il Principato omonimo, tra Austria e Svizzera, ma trasferirono ufficialmente la loro sede da Vienna a Vaduz solo nel 1938, in seguito all’annessione dell’Austria al Terzo Reich. Grandi collezionisti da secoli, nonostante l’espropriazione del patrimonio anche artistico presente nei territori di pertinenza dello Stato cecoslovacco, subìta dopo la Seconda guerra mondiale, i Liechtenstein vantano oggi una delle collezioni private più importanti a livello internazionale.
Abbiamo incontrato al Gartenpalais Liechtenstein, a Vienna, l’attuale direttore delle «Princely Collections» (Collezioni Principesche del Liechtenstein Vaduz-Vienna), Stefan Koja, in occasione della mostra «Tra Magia e Scienza. Porcellana e voglia di collezionismo nella Vienna barocca» (dal 30 gennaio al 30 marzo). Subentrato a Johann Kräftner alla direzione dell’istituzione dall’aprile del 2023, Koja, 63 anni, viennese, è storico dell’arte e ha in precedenza guidato per sei anni la pinacoteca degli Antichi Maestri e della Scultura fino al 1800 delle Staatliche Kunstsammlungen di Dresda. Dal 1992 al 2016 era stato curatore della collezione del XIX secolo al Belvedere di Vienna.
Hans Adam II, che dal 2004 ha lasciato la reggenza al figlio Alois, oggi 56enne, si è sempre distinto come collezionista di primo piano. La sua vivace attività in questo senso è una sorta di compensazione per le opere che dovettero essere vendute dalla famiglia dopo la Seconda guerra mondiale?
Non credo si possa definirla come «compensazione». Suo padre era cresciuto a Feldsberg (Valtice), in Moravia (oggi Repubblica Ceca, Ndr), circondato da opere d’arte, come per esempio il ritratto a mosaico del principe Joseph Wenzel, di Domenico Cerasoli (1750 ca) o il grande, meraviglioso ritratto di gruppo di Martin Van Meytens «La famiglia del principe Joseph Wenzel del Liechtenstein con la famiglia imperiale di Maria Teresa d’Asburgo» (1752-53). Lui aveva un rapporto personale con quelle opere ed era un vero conoscitore. Particolarmente riprovevoli furono i Decreti Benes, e le conseguenti espropriazioni avvenute sulla base del presupposto errato che i Liechtenstein fossero tedeschi. Ma questo non è più vero dal 1719. Dopo la Seconda guerra mondiale la famiglia si è venuta a trovare in una situazione molto difficile ed è stata costretta a vendere alcune delle opere d’arte (fra cui nel 1967 il ritratto di Ginevra de’ Benci di Leonardo, Ndr). Col tempo però la situazione è migliorata. Con il successo economico delle varie attività imprenditoriali dei principi, in particolare la Banca Lgt, si è ricreata la possibilità per nuove acquisizioni per le collezioni principesche.
Di che anni stiamo parlando?
Concretamente, nel 1977 si è potuto ricominciare a effettuare acquisizioni e anche a riacquistare alcune opere vendute in precedenza (per esempio il ciclo di arazzi «Grand Mogul» del 1715, Ndr). Quella di Hans Adam II è una vera passione per l’arte: lui è probabilmente il più importante collezionista nella storia dei Liechtenstein. Durante il suo regno ha acquistato oltre un migliaio di oggetti (fra cui il «Badminton Cabinet» di fattura fiorentina, acquisito nel 2004 per 27 milioni di euro, Ndr), e parallelamente alla sua passione per i bronzi ha continuato la tradizione dei suoi predecessori, che hanno collezionato anche porcellana.
Anche il principe ereditario Alois I condivide la passione per l’arte di suo padre?
Sì, alcuni mesi fa abbiamo acquisito una notevole teiera con applicazioni in argento dei primi anni della manifattura viennese Du Paquier: un vero oggetto iconico di quella produzione. E da poco è stato acquisita anche un’importante veduta di Canaletto del Foro Romano con la basilica di Massenzio e del Colosseo.
Negli ultimi anni il Gartenpalais, oggetto di un restauro da 20 milioni di euro, ospita una sola mostra all’anno. Come mai?
La gestione stabile di un museo è estremamente impegnativa e a Vienna la concorrenza è molto elevata. Quindi è più efficace indirizzare per un certo periodo l’interesse su presentazioni sempre diverse e su temi che possano attrarre il pubblico. In questo modo si può rafforzare il profilo di un’istituzione. Comunque è sempre possibile vedere la collezione nell’ambito di visite guidate e anche la nostra presenza su Internet viene continuamente ampliata e approfondita.
Questo basta per consentire al Gartenpalais, ma anche al Palazzo Liechtenstein affacciato sulla Ringstrasse e ricco di capolavori, di affermarsi come luoghi d’arte centrali nella capitale austriaca?
Al momento mi sto adoperando anche per questo. L’attuale mostra sulla porcellana ne è un buon esempio.

Antoon van Dyck, «Ritratto di Maria de Tassis», 1630 ca

Friedrich von Amerling, «La principessa Marie Franziska von Liechtenstein a due anni», 1836
L’impressione è che i numerosi eventi che organizzate nella cornice del Gartenpalais, con possibilità di affitto del palazzo, siano predominanti sull’attività espositiva.
È proprio questo il nostro modello di business, ed è proprio ciò che rende possibili le mostre. Io credo che l’apertura in primavera sia una buona soluzione. Vedremo quali potranno eventualmente essere gli sviluppi in futuro. La cosa bella è che da noi è davvero possibile godersi l’arte e c’è raramente sovraffollamento.
Si riferisce alla congestione nelle sale di molti musei di primo piano, per esempio il Louvre?
Sì, ma anche i Musei Vaticani, dove per godere della visita bisogna cercare di prescindere da ciò che si ha attorno. Per questa nostra mostra non è necessario prenotare, i visitatori possono venire gratuitamente per due mesi. L’esposizione dell’anno scorso («Hercules delle Arti. Johann Adam Andreas I del Liechtenstein e la Vienna attorno al 1700», Ndr) era stata così apprezzata che alla fine abbiamo dovuto contingentare gli ingressi, ma questa è l’unica limitazione che abbiamo.
Lei è quindi favorevole a contingentare, se non c’è abbastanza spazio per offrire una visita che consenta un reale godimento artistico?
Sì, mi sembra del tutto accettabile, sia per l’esperienza che può vivere il visitatore, sia per motivi di sicurezza.
Però c’è chi dice che l’arte dovrebbe essere aperta a tutti.
Per questo motivo abbiamo messo anche tutte le opere sul nostro sito. Ma le persone che vogliono vedere l’arte dal vivo saranno sempre il numero maggiore. Sono due facce della stessa medaglia. Qui noi cerchiamo di chiarire ai visitatori che tutto ciò che mostriamo è di enorme attualità. Proprio la mostra di quest’anno sulla storia della seconda manifattura di porcellane in Europa, la Du Paquier, tocca molti temi di attualità: l’importanza dei rapporti commerciali internazionali, lo scambio di tecnologie, la concorrenza con altre nazioni, lo spirito imprenditoriale, lo spionaggio industriale, la ricerca scientifica, la creatività, l’atteggiamento del Barocco nei confronti della vita. E la voglia di collezionare, che promette un beneficio in termini di autorappresentazione, ma anche molto altro.
Qui nel Gartenpalais è presente il celebre ciclo pittorico «Decio Mure» di Rubens, acquisito nel 1693, ma non è normalmente accessibile al pubblico.
Con una visita guidata, il ciclo «Decio Mure» può essere visto anche ora. Dal 2021 stiamo restaurando tutti i grandi dipinti del ciclo: si tratta di un progetto enorme, sia di ricerca che di restauro e durerà ancora per tutto il 2026.
Com’è gestito il settore delle «Princely Collections»?
Posso dire che è un compito appassionante e che siamo un team molto piccolo e altamente motivato. Prossimamente, il 6 giugno, apriremo una nuova mostra, però a Vaduz, su Giambologna e i Bronzi. È un’iniziativa che celebra il recente acquisto della statuetta bronzea di «Marte», nella migliore fusione al mondo di questa leggendaria figura. Nel contesto dell’arte manierista della Firenze medicea, attingendo alle collezioni principesche la mostra presenterà opere di Giambologna e di suoi allievi, ma affronterà anche il gusto per l’arte di Rodolfo II e la sua collezione a Praga.
Quanti oggetti comprendono le «Princely Collections»?
Sono oltre 30mila. È una delle più importanti collezioni private al mondo.
Se si scorrono i cataloghi, non pare esservi arte contemporanea. È così, o vengono acquisite anche opere del nostro tempo?
No, ogni collezione ha un proprio profilo e la collezione Liechtenstein ha espressamente deciso di acquisire opere create fino all’anno 1900. Personalmente lo trovo molto sensato. Vi sono così tante collezioni di arte contemporanea! Alcuni membri di questa vasta famiglia s’interessano all’arte contemporanea ed è una loro passione personale, ma le collezioni principesche sono focalizzate solo sino alla fine del XIX secolo.

Una veduta della facciata del Gartenpalais Liechtenstein a Vienna
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