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Michela Moro
Leggi i suoi articoliCi si immagina gli archivi come un insieme di faldoni pieni di carte a cui badano archivisti occhialuti e un po’ ossessivi nella loro dedizione, ma oggi gli archivi d’artista sono soprattutto organismi attivi, punti di riferimento indispensabili per la conoscenza corretta della storia di un artista e del suo lavoro, di cui i faldoni sono solo la punta dell’iceberg.
Un tempo gli archivi riguardavano artisti prevalentemente deceduti, ma con l’evoluzione del mercato si sono trasformati in attori di capitale importanza nello stabilire la veridicità delle opere e nella capacità di fornire autentiche, che li rende anche il contraltare delle case d’asta, non tanto per stabilire i valori in sé, ma per le decisioni definitive riguardo alle opere che certamente influenzano i valori stessi.
Gli archivi contemporanei sono piccole entità che producono un grande lavoro, in genere gestite da storici dell’arte o critici che conoscono profondamente l’operato e la storia dell’artista, spesso affiancati dall’artista medesimo, se vivente, o dagli ex assistenti, dai familiari e dagli eredi.
«L’archivio funziona in base all’autorevolezza di chi lo gestisce, dichiara lo storico e critico, nonché esperto di archivi, Marco Meneguzzo, presidente dell’Archivio Giò Pomodoro e dell’Archivio Mario Schifano, vicepresidente dell’Archivio Nanda Vigo, membro della Fondazione Marcello Morandini, della Fondazione Carlo Battaglia, dell’Archivio Vincenzo Agnetti, dell’Archivio Letizia Battaglia e presto di quello dell’architetto Ugo La Pietra.
È una garanzia mobile e aleatoria, ma serve al mercato dell’arte. Gli archivi servono anche alla consultazione dei documenti e agli studiosi che trovano raggruppati documenti di un singolo artista ma è il 2% rispetto alla tutela e alla valorizzazione sul mercato. La sola presenza di un archivio fa sì che un artista ne tragga dei vantaggi. Il mercato sa che in situazioni così volatili gli artisti vengono dimenticati in fretta, ma se c’è l’archivio l’artista è meno soggetto all’oblio».
In ogni caso non esiste un unico paradigma, né un’unica storia comune. E non esiste nemmeno una legislazione definitiva al riguardo, omissione che ha causato e continua a causare contenziosi legali. Certo è che gli archivi sono diventati uno snodo imprescindibile della scena artistica.
Spesso si confondono archivi e fondazioni, usando indifferentemente queste due categorie che da un punto di vista giuridico sono entità diverse. Una fondazione implica dei capitali, un consiglio di amministrazione e un bilancio; deve possedere una sede, con una funzione e un funzionamento garantiti; esige anche una pratica costitutiva dispendiosa.
Gli archivi sono associazioni private che promuovono e tutelano il lavoro di un artista, associazioni culturali che tendenzialmente consentono maggiore agilità essendo spesso associazioni non profit. Gli archivi e le fondazioni sono anche il motore della pubblicazione dei cataloghi ragionati degli artisti, punto di riferimento tombale. La pubblicazione dei cataloghi richiede anni di lavoro per raccogliere il maggior numero di informazioni possibile.
In virtù della complessità del lavoro, del tempo dedicato e del prestigio di chi vi partecipa, si tratta generalmente di volumi costosi, a volte aggiornati dopo qualche anno. In questa moltitudine di archivi e fondazioni, siamo andati a vedere qual è oggi lo stato dell’arte.
ARCHIVIO FUTURO

«Quartett >88<» (1988) di Hanne Darboven. Courtesy Sprüth Magers Gallery
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