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«Im Wald, Auf dem See» (2020) di Erwin Olaf. Foto © Erwin Olaf

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«Im Wald, Auf dem See» (2020) di Erwin Olaf. Foto © Erwin Olaf

Addio al fotografo olandese Erwin Olaf

Scomparso a 64 anni, era un artista completo, capace di affrontare tutti i temi più scottanti del contemporaneo con continui, raffinati rimandi alla grande arte del passato

Francesca Petretto

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«April Fool-11.05 am» (2020) di Erwin Olaf. © Galerie Rabouan Moussion

Si è spento il 20 settembre scorso all’età di 64 anni il grande fotografo olandese Erwin Olaf (Hilversum, 1959). Gli era stato diagnosticato nel 1996 un enfisema polmonare riuscendo miracolosamente a sopravvivergli per quasi trent’anni, ovvero fino all’arrivo del Coronavirus, contratto in forma acuta nel 2020, che l’avrebbe costretto all’ultimo, fatale intervento di trapianto polmonare. Viene così prematuramente a mancare uno dei grandi della fotografia contemporanea, esuberante sognatore, provocatore della prim’ora, piuttosto indigesto nei primi anni di attività persino ai suoi liberali connazionali olandesi.

Apertamente omosessuale, fotografò nei primi anni di transizione dalla professione squisitamente giornalistica (vantava una laurea in giornalismo) a quella fotografica soprattutto sé stesso inserito nell’ambiente gay, ispirandosi negli eleganti scatti in bianco e nero ai grandi maestri Man Ray, Robert Mapplethorpe, Helmut Newton, affiancandosi poi stilisticamente ai grandi nomi del contemporaneo, Candida Höfer, Andreas Gursky e altri colleghi della Scuola di Düsseldorf.

Negli anni Ottanta Olaf dava vita alle sue prime, straordinarie serie «Chessmen» e «Ladies’ Hat»; nel decennio successivo iniziava a occuparsi delle campagne pubblicitarie di alcune grandi aziende come Microsoft, Nokia e Louis Vuitton e fotografava la famiglia reale olandese, dedicandosi via via a progetti senza commissione: fu qui che avvenne la consacrazione che l’avrebbe portato nel 2019, in occasione del suo 60mo compleanno, ad esporre in casa, nella prima grande retrospettiva, «Anniversary Solo Show», dedicatagli dal Gemeente & Fotomuseum Den Haag e dal Kunstmuseum a L’Aia.

Artista veramente completo, intellettuale, Erwin Olaf conosceva tutti i trucchi della disciplina, avendo iniziato come molti suoi coetanei, per pura passione, con l’analogica, trasformandosi via via con l’avvento del digitale in un sofisticato creatore di immagini di grande formato, narratore di contenuti onirici e fenomenali messe in scena in cui sempre amava sottolineare l’insanabile discrepanza tra il mondo dell’illusione e quello reale, la disperata solitudine dell’uomo contemporaneo: a quest’ultimo tema ha dedicato alcune delle sue serie più celebri, come «Hope» (2005), «Shanghai» (2016) e la strepitosa «Berlin» (2012) in cui gli scatti di vecchie prostitute e altre tristi figure costrette ai margini della società ricordano i dissacranti ritratti di Otto Dix e dell’arte tedesca fra le due guerre.

I continui, raffinati rimandi a grandi artisti del passato, sono stati una costante nel lavoro di Olaf capace di un linguaggio raffinato, colto, ricco di suggestioni storiche e al contempo immaginifico e disperatamente umano, dove la citazione non è mai pedante, ben calata nel nostro tempo.

Gli ultimi temi affrontati sono necessariamente quelli scottanti del nostro contemporaneo: il cambiamento climatico, i flussi migratori, la diversità come valore, accanto a razzismo, terrorismo, ipocrisie politiche di società perbeniste e all’ultima grande paura che abbiamo tutti condiviso, la pandemia.

L’abbiamo incontrato per l’ultima volta in occasione della sua grande mostra alla Kunsthalle di Monaco di Baviera, circondato dai colori della «sua» bandiera arcobaleno, l’unica in cui si sarebbe riconosciuto, lontano da rigurgiti e deliri nazionalisti e sovranisti, protagonista di faticose scalate di montagna, immerso nei panorami mozzafiato delle Alpi bavaresi, come se la sua essenza fosse già pronta a dissolversi nella meraviglia eterea della natura delle alte cime, così vicine al cielo.
 

«Im Wald, Auf dem See» (2020) di Erwin Olaf. Foto © Erwin Olaf

«April Fool-11.05 am» (2020) di Erwin Olaf. © Galerie Rabouan Moussion

Francesca Petretto, 28 settembre 2023 | © Riproduzione riservata

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