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Gregorio Botta, «Orizzonte I», 2024

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Gregorio Botta, «Orizzonte I», 2024

Al Man l’astratto Gregorio Botta e il concreto Giovanni Pintori

Nel museo di Nuoro due mostre, rispettivamente dedicate all’«accurato silenzio» dell’artista napoletano e al graphic designer dell’Olivetti, portano avanti la volontà di indagare quanto è accaduto e sta tutt’ora accadendo nei vari ambiti della creatività

Con Gregorio Botta (Napoli, 1953) e il sardo Giovanni Pintori (1912-99), graphic designer che ha legato il suo nome alla leggendaria immagine dell’Olivetti, il Man-Museo d’arte di Nuoro, diretto da Chiara Gatti, continua a mettere al centro delle sue attività espositive l’analisi di quanto è accaduto negli ultimi decenni o sta tutt’ora accadendo nei vari ambiti della creatività. Se con la mostra di Botta «Il silenzio è così accurato», ispirata a una frase di Mark RothkoIl silenzio è estremamente accurato», riferibile alla sua Cappella realizzata a Houston) e caratterizzata da un progetto inedito per il luogo, l’attenzione è focalizzata sui lavori astratti dell’artista napoletano legati ai temi dell’equilibrio e del silenzio, nella mostra dedicata a Pintori protagonista è la concretezza del lavoro di oggetti divenuti iconici, come la popolarissima macchina per scrivere «Lettera 22».

In «Il silenzio è così accurato», dal 21 marzo al 15 giugno, le curatrici Chiara Gatti ed Elisabetta Masala, con la collaborazione saggistica di Davide Ferri, neodirettore di Arte Fiera, mettono al centro della scena gli elementi primari del lavoro di Botta: l’acqua, il fuoco, la cera, il piombo, ma anche il ferro e il vetro, l’alabastro, i fiori secchi e la carta cerata, materiali attraverso i quali l’artista napoletano genera installazioni, «sculture», evocative «macchine celibi» (alla maniera di Duchamp) esemplificate in forme astratte, giochi di riflessi e trasparenze, percorsi artistici minimali da cui emerge soprattutto una poesia multisenso particolarmente intima, dettata da lievissimi movimenti, suoni, emissioni di vapore. Lo si vede particolarmente in alcuni lavori riuniti in mostra, realizzati nel 2009 e 2014 e soprattutto negli ultimi quattro-cinque anni. Questo accurato silenzio, ad esempio, si coglie in «Aprile» del 2024, un lieve «segno» composto da alabastro, capelvenere e da foglia d’oro, oppure nell’altrettanto recente serie «Pompei», caratterizzata da una leggera composizione su carta di riso e carta velina realizzata in cera, vetro ed elementi naturali su legno, e ancora in lavori del 2023 come «Grecale in alabastro» e «I doveri del vento sono pochi». Alludono invece a suggestioni «morandiane» «Orizzonte I» e «La terra mi tiene».

Molto diversa, naturalmente, la rassegna «Giovanni Pintori (1912-1999). Pubblicità come arte» (21 marzo-15 giugno), un progetto integrato con il m.a.x. museo di Chiasso (a cura di Chiara Gatti e Nicoletta Ossanna Cavadini, coordinamento di Rita Moro). La mostra illustra l’intero processo creativo e la carriera del designer nato a Tresnuraghes, nella provincia di Oristano. Le sue qualità maturano già in giovanissima età e dal 1930 al 1936 studiò all’Isia, l’Istituto Superiore per le Industrie Artistiche di Monza, dove insegnava anche Marcello Nizzoli (1887-1969), designer industriale, architetto e pittore, «padre» proprio delle macchine Olivetti. L’incontro di Pintori con Adriano Olivetti (1901-60) avviene nel 1936, quando il patron di Ivrea chiama i sardi Costantino Nivola (1911-88) e lo stesso Pintori a partecipare alla preparazione delle tavole del Piano Regolatore della Valle d’Aosta che stava progettando in quegli anni. Dal 1937 Pintori entrò così a lavorare nell’Ufficio tecnico della pubblicità Olivetti, diretto da Renato Zveteremich (1893-1951) e poi da Leonardo Sinisgalli (1908-81). Qui sviluppò un’ampia serie di manifesti, pagine pubblicitarie, copertine, insegne, come quelle utilizzate, ad esempio, per le macchine per scrivere «Studio 42» e «Studio 44», per le calcolatrici Olivetti, e successivamente i calendari d’arte, prima di diventare direttore artistico del medesimo ufficio. Da lì, siamo negli anni Cinquanta, la sua carriera fu un crescendo, a partire dalla mostra al MoMA del 1952 «Olivetti. Design in Industry», in cui la produzione di Pintori ottenne un riconosciuto successo. Attraverso un «racconto grafico», il percorso della mostra al Man dà conto di tutto ciò evidenziando il linguaggio e le idee creative di Pintori mediante l’esposizione di disegni, dipinti, bozzetti originali, maquette, pagine pubblicitarie di riviste, fotografie e manifesti che ripercorrono la sua cinquantennale attività.

Una locandina Olivetti di Giovanni Pintori, Archivio Olivetti

Stefano Luppi, 19 marzo 2025 | © Riproduzione riservata

Al Man l’astratto Gregorio Botta e il concreto Giovanni Pintori | Stefano Luppi

Al Man l’astratto Gregorio Botta e il concreto Giovanni Pintori | Stefano Luppi