Due mostre, un unico omaggio: quello al collezionismo e alle donazioni di privati che hanno permesso a una pubblica istituzione, il Mart-Museo di arte moderna e contemporanea di Trento e Rovereto, di nascere e svilupparsi. Le due mostre sono quelle previste dall’8 marzo al 15 giugno: «Storia di L.F. Visioni di un collezionista», a cura di Denis Isaia, e «Atlante. La collezione Paolillo al Mart», a cura di Alessandra Tiddia. In qualche modo, entrambe, nell’omaggiare i donatori ne tratteggiano un ritratto. «Il lascito della collezione del veronese Luigi Ferro, racconta Isaia, fu già celebrato nel 2007, a ridosso del suo arrivo al Mart e della scomparsa del collezionista, con la mostra “Maestri del ’900 dalla collezione Ferro”, voluta da Gabriella Belli. Il titolo di ispirazione letteraria che abbiamo scelto per la rassegna di prossima apertura, a distanza di vent’anni, ricalca la sigla L.F. divenuta nota in questi due decenni tra gli addetti ai lavori e il pubblico grazie ai prestiti delle sue opere in tante mostre. La mostra abbozza un ritratto sentimentale del collezionista a partire dalle scelte che lui stesso ha operato».
Luigi Ferro ha acquistato nel corso della sua vita i nomi più importanti del ’900 italiano, da Felice Casorati a Campigli, Pompeo Borra, Marini, De Pisis, Morandi, de Chirico, Sironi... «Di questi grandi autori, aggiunge Isaia, è riuscito a conquistare alcune delle opere più importanti e significative della loro produzione: di Morandi, per esempio, aveva uno dei suoi soli sette autoritratti e una natura morta del 1929, unica copia che l’artista abbia fatto di un suo dipinto. Potrei citare anche il bellissimo “Nudo di spalle” di Boccioni del 1909, a un passo dalla nascita del Futurismo. Una straordinaria collezione che consente, attraverso una cinquantina di opere, di rappresentare in estrema sintesi la prima metà del ’900, arrivando fino a Fontana». Ogni sezione punta a raccontare un pezzo della vita di Ferro, a partire dal primo dipinto di Virgilio Guidi: «Due figure maschili, in tenuta di sapore ottocentesco, cavalcano attraverso terre di cui sembrano i possidenti, quasi un omaggio alle sue origini in un contesto rurale dal quale è iniziato il percorso che, grazie alla sua grande forza di volontà, intelligenza e capacità intuitiva, ha portato Ferro a diventare un industriale di successo, conclude Isaia. Ci sono dipinti che raccontano la dimensione monumentale della donna, non erotizzata, ma perno della vita famigliare. L’ultima sezione è metafisica, con otto straordinarie opere di de Chirico: tutto ciò che Ferro aveva costruito fino a quel momento, forse non gli bastava più, portandolo alla ricerca di sublimazione».

Umberto Boccioni, «Nudo di spalle (Controluce)», 1909, Mart-Museo di arte moderna e contemporanea di Trento e Rovereto, collezione L.F.

Gino Severini, «Ballerina», 1913, Mart-Museo di arte moderna e contemporanea di Trento e Rovereto, collezione L.F.
La mostra «Atlante. La collezione Paolillo al Mart» rappresenta invece il primo omaggio a una donazione che avverrà in futuro, alla scomparsa di Vincenzo Paolillo. «Ho incrociato questa eccezionale collezione, instaurando un rapporto di fiducia con Paolillo, spiega Alessandra Tiddia, in occasione della mostra che abbiamo dedicato nel 2022 a Emilio Bertonati e alla storia della sua Galleria del Levante, fondata a Milano nel 1962. Fu la prima galleria a proporre una mostra di Otto Dix in Italia, entrando in stretta relazione con Paolillo, personaggio straordinario. Avvocato del lavoro, diventa un importante collezionista di Futurismo, Dadaismo, Espressionismo tedesco, ’900 italiano. Una collezione che, con Hubbuch, Grosz, Dix, Lea Grundig, Käthe Kollwitz, Cagnaccio di San Pietro, Sutherland, Bacon e Picabia, per fare solo qualche nome, ci consente di colmare alcuni vuoti nelle collezioni del Mart». Alla passione per l’arte si affianca quella per l’antropologia, che l’ha portato a impegnativi viaggi tra le popolazioni più nascoste dell’Africa centrale, della Papuasia, dell’Amazzonia, pubblicando su riviste e volumi gli esiti dei suoi itinerari e delle sue perlustrazioni subacquee. «Una passione che motiva il titolo che abbiamo scelto, “Atlante”, conclude Tiddia. Con questa mostra rendiamo omaggio a una grande persona e a un grande atto di mecenatismo».

Piero Dorazio, «Senza titolo», 1974, collezione Vincenzo Paolillo. Foto: Andrea Daffra

Franz Radziwill, «Die Bahnschienen (Passaggio a livello)», 1924, collezione Vincenzo Paolillo. Foto: Andrea Daffra