Weegee, «Afternoon crowd at Coney Island, Brooklyn], July 21, 1940», New York, International Center of Photography.

Lascito di Wilma Wilcox, 1993 (2380.1993) © International Center of Photography/Getty Image

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Weegee, «Afternoon crowd at Coney Island, Brooklyn], July 21, 1940», New York, International Center of Photography.

Lascito di Wilma Wilcox, 1993 (2380.1993) © International Center of Photography/Getty Image

All’Icp di New York le due facce di Weegee

L’International Center of Photography celebra gli scatti drammatici, ma anche quelli mondani, del grande fotografo americano

Il nome di Weegee, pseudonimo del fotogiornalista Arthur Fellig (1899-1968), è molto legato alla documentazione dei crimini che scuotevano la New York degli anni Trenta e Quaranta, ma non c’è solo crimine, né solo New York, nella sua lunga carriera. La mostra «Weegee: Society of the Spectacle», in programma all’International Center of Photography Museum di New York dal 23 gennaio al 5 maggio, si propone di portare alla luce aspetti meno noti della produzione di Weegee, mettendoli in dialogo con alcune delle sue immagini più iconiche. 

Se a renderlo famoso furono le fotografie di rapine, cadaveri, incendi, incidenti automobilistici, poliziotti, detenuti e processi con cui raccontava la cronaca dell’epoca sui tabloid locali e nazionali, esiste una pagina più glamour e gioiosa della produzione del fotografo. Negli anni Cinquanta, Weegee lavorò molto sulla Costa Ovest del Paese, soprattutto a Hollywood, dove fotografò celebrità, feste e vita mondana, documentando gli albori di quella luccicante società dello spettacolo che in quegli anni andava nascendo intorno alla capitale del cinema americano e che era l’altra faccia della spettacolarizzazione della violenza in cui il fotografo si era immerso a New York. 

Spesso la critica ha liquidato questa produzione come un’evasione di fine carriera, ma questa mostra cerca invece di trovare una connessione tra le due produzioni. In entrambi i corpi di opere, infatti, è possibile rintracciare un elemento di ironia con cui il fotografo invita a riflettere sulla visibilità, su ciò che attira l’attenzione del pubblico, sul voyeurismo moderno e sulla drammatizzazione mediatica. Il titolo della mostra è preso a prestito da un omonimo testo (La società dello spettacolo) pubblicato nel 1967, dal filosofo Guy Debord, uno dei membri fondatori dell’Internazionale situazionista, movimento marxista di inizio Novecento, le cui idee Weegee ha anticipato. Nel libro, Debord espone la teoria e la pratica dello spettacolo, mostrando come questo sia in grado di governare la nostra esperienza del tempo, della storia e della geografia, nonché la nostra percezione della felicità. Così Weegee, attraverso un ossessivo lavoro di postproduzione in laboratorio, riesce a far emergere dalle sue immagini aspetti caricaturali che fungono da denuncia sociale. 

L’Icp Museum, che, dopo anni di sedi provvisorie, dal 2020 si è spostato in quel Lower East Side, che fu anche scenario di molte delle più iconiche immagini del fotografo newyorkese, custodisce la più ampia collezione delle opere di Weegee. La mostra, che arriva a New York dopo la Fondation Henri Cartier-Bresson (FHCB) di Parigi e la Fundación Mapfre di Madrid, è organizzata dal Weegee Archive dell’Icp, e curata da Clément Chéroux, direttore della FHCB.

 


 

Maurita Cardone, 21 gennaio 2025 | © Riproduzione riservata

All’Icp di New York le due facce di Weegee | Maurita Cardone

All’Icp di New York le due facce di Weegee | Maurita Cardone