Barbara Cammarata, «Rock-A-Bye-Baby», 2022, Collezione P. Brodbeck

Foto: Alfio Garozzo

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Barbara Cammarata, «Rock-A-Bye-Baby», 2022, Collezione P. Brodbeck

Foto: Alfio Garozzo

Alla Fondazione Brodbeck il mondo sciamanico di Cammarata

In due padiglioni monumentali sono allestiti dipinti, sculture e installazioni ambientali dell’artista siciliana, che coinvolge lo spettatore nel microcosmo di un osservatorio sociale

Fino all’8 giugno la Fondazione Brodbeck di Catania. presenta la mostra «Barbara Cammarata. An Interspecies Journey» a cura di Cesare Biasini Selvaggi e Patrizia Monterosso.

Oltre 60 dipinti, 6 sculture tessili e alcune installazioni ambientali eseguiti tra il 2018 e il 2025 da Barbara Cammarata (Caltanissetta, 1977, vive e lavora a Catania) costituiscono una mostra appositamente concepita per gli spazi espositivi dell’istituzione non profit costituita da Paolo Brodbeck nel 2007. In questa sede, un complesso postindustriale adibito nel XIX secolo alla produzione di liquirizia e alla lavorazione della frutta secca nello storico quartiere di San Cristoforo del capoluogo etneo, Cammarata ha dato vita a un «worlding», ossia la creazione di un mondo tanto sciamanico quanto (fanta)scientifico, che si snoda in due padiglioni monumentali.

Il viaggio ideato dall’artista siciliana (che ha all’attivo partecipazioni a Manifesta 13 a Marsiglia, Manifesta 12 a Palermo, alla Biennale Arte 2017 e alla XV Mostra Internazionale di Architettura delle Biennale di Venezia) introduce il visitatore in un mondo nel quale prende forma la metafora di un patto sociale interspecie che lega gli esseri umani al regno animale, vegetale e tecnologico. Il percorso si snoda lungo un allestimento monumentale progettato dallo studio di architettura Analogique e realizzato da Paolo Fontana. Nel primo padiglione, in una galleria trasparente ottenuta da una struttura minimalista, sospesa nell’aria, di sottili profili metallici, i curatori hanno allestito immagini pittoriche di vegetazioni lussureggianti abitate da esseri viventi dal corpo umano e dalle teste animali. Il risultato, amplificato dall’assenza di pareti tradizionali che fa sì che opera e pubblico siano sempre in scena come sul set del film «Dogville» di Lars von Trier, è quello di un voyeurismo estremo e bidirezionale, tanto delle creature ibride sullo spettatore quanto di quest’ultimo su di loro, coinvolgendo l’esperienza personale in modo più profondo nel microcosmo di un acquario antropologico, di un osservatorio sociale.

Barbara Cammarata, «Alles ist Blatt», 2018. Foto: Alfio Garozzo

L’allestimento nel primo padiglione include sei sculture tessili dal titolo «Microorganism» (2025): si tratta degli abiti della figlia dell’artista, Frida, trasformati in sculture, plasmati ma integri come si farebbe con l’argilla: «Impiego gli abiti di mia figlia Frida per generare sculture concepite come nuove forme di vita possibili. Credo che questo sia l’unico lavoro che continuerà a evolversi e a non potersi mai ritenere completo», spiega Cammarata.

Nel secondo padiglione è ricostruita la «cabina mentale» dell’artista a partire dall’incontro con il Buddhismo, con la Soka Gakkai, con la sua visione circolare dell’esistenza, e dai suoi studi sul colore e sulla luce in Sicilia sviluppati dal 2012, anno del suo rientro a Catania dall’Inghilterra. La luce in Sicilia è calda e tende al giallo, a differenza di quella inglese, dove tutto appare più nitido, ma volgente al blu.

Oltre che alla pittura e alle opere tessili, la ricerca di Barbara Cammarata si esprime attraverso installazioni dedicate ai temi della maternità, del suo status di madre e di figlia. Nel letto di spilli «Feel What I Feel» (2016), l’autrice esplora le politiche e le pratiche del corpo in riferimento alla cultura collettiva di origine, a cui è indissolubilmente legata la sua identità. Dalla dimensione politica della sessualità alle ricognizioni sul domestico familiare, dove convergono desideri, tensioni, conflitti, angosce, piaceri, avvicendamenti, l’artista continua a praticare una vera e propria «ricucitura» (d’altronde la nascita comporta una lacerazione-dilatazione, il taglio di un filo rappresentato dal cordone ombelicale) svolta spesso con aghi, o con dei veri e propri tessuti e abiti.

L’esposizione ha un’estensione pop-up nella fON Art Gallery di Fondazione Oelle-Mediterraneo Antico presso il Four Points by Sheraton Catania Hotel.

Da sinistra: Cammarata, Brodbeck, Monterosso, Collica, Biasini Selvaggi, Rizzo. Foto: Valisano

Redazione, 27 gennaio 2025 | © Riproduzione riservata

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