Sandra Romito
Leggi i suoi articoliAvevo letto del progetto di realtà virtuale intitolato «Virtual Veronese» distrattamente, senza darci peso sino a quando Jackie Wullschläger, critica d’arte del Financial Times, ne ha scritto con raro entusiasmo. Realtà virtuale? Paolo Veronese? National Gallery? Cosa sarà mai? A esperienza conclusa, posso dire che sono stati dieci minuti magnifici.
La National Gallery ha dieci, o nove, dipende dai punti di vista, dipinti di Paolo Veronese (Verona, 1573-Venezia, 1588) ed è una grande gioia rivederli sempre: sono nelle prime sale in cima allo scalone a destra, il che vuol dire che non si è ancora stanchi quando ci si imbatte in queste opere.
C’è anche una bellissima panca nella sala 9, davanti all’ancor più bell’Alessandro che mostra clemenza alla famiglia di Dario. La grande sensibilità per lo spazio assorbita tra Verona e Venezia, tra Palladio e Sanmicheli, è parte fondamentale dei dipinti e degli affreschi del maestro veneto. Mai figure sole ma figure che abitano lo spazio in cui si trovano: il dipinto con Alessandro è enorme e questo luogo «lo porta con se’».
Poco più in là c’è la splendida pala d’altare dipinta per la cappella di San Nicola nell’Abbazia di San Benedetto Po vicino Mantova, «La Consacrazione di San Nicola» del 1562, che però il suo spazio l’ha lasciato da parecchio tempo, quando Napoleone soppresse la chiesa.
Centro fondamentale di cultura ecclesiastica nel Tardo Medioevo, l’Abbazia di Polirone fu sede di un grande scriptorium e di lì transitarono umanisti, riformatori, filosofi e giuristi.
A Giulio Romano fu commissionato di rinnovare l’edificio nel 1540 e Paolo Veronese dipinse tra il 1561 e il 1562 ben tre pale d’altare per altrettante cappelle laterali: una persa in un incendio, una seconda al Crysler Museum of Art in Virginia, la terza acquistata dalla National Gallery.
Il dipinto è in angolo, e spesso passa inosservato, ma, sino al 18 aprile, appare sull’altare della sua cappella virtuale, proprio accanto alla caffetteria del museo. Tre persone alla volta, dopo aver firmato un’assunzione di responsabilità, rinunciando se si è malati di cuore o di epilessia, possono lasciarsi incantare dal percorso seguendo la spiegazione della maschera e usufruendo di apposite cuffie.
Sebbene tutto il processo possa risultare fastidioso e macchinoso, improvvisamente ci si trova «veramente» nella cappella, con il suo pavimento a intarsio di marmo bianco e rosso di Verona, i suoi muri spogli, il soffitto, la pala sul suo altare.
E lì il dipinto diventa ancora più straordinario, con il giovanissimo San Nicola, nominato vescovo dell’allora città ellenica di Myra (oggi in Turchia), che lascia cadere il suo libro, forse simbolo del sapere eretico che in quegli anni si bruciava nelle piazze, mentre uno splendido angelo scende con la mitra e il bastone pastorale (l’episodio è stato poco illustrato in pittura ma rispetta perfettamente lo spirito della Controriforma).
La cosa più bizzarra di questa esperienza è non vedere più i propri arti, mentre si seguono due attori-monaci in una discussione sulla paura dell’Inquisizione e sui roghi dei libri. Un’altra opzione è quella di seguire la curatrice del progetto, Rebecca Gill, cosa che farò se riuscirò a tornare e a trovare posto.
Certo è che dopo quest’esperienza si può tornare a vedere il dipinto originale scrutandolo con nuova intensità per assorbirne ogni dettaglio, ogni pennellata, non perdendo nulla: si resta incantati dalle tante splendide teste alla turca che spuntano e assistono alla nomina del vescovo. Il quadro improvvisamente diventa affollatissimo e pieno di vita e, forse, sorge anche una domanda: «ci sarebbe stato Tiepolo senza Veronese?»
Siamo ancora tutti molto scettici davanti a questa tipologia di progetti, così tanto che il più delle volte evitiamo di fruirne. Lo scetticismo in questo caso va messo da parte: quello che si sperimenta alla National Gallery in questi giorni è infatti frutto di un enorme lavoro di ricerca storica e tecnologica, ma è anche una minima parte di quello che può e sarà fatto nel prossimo futuro.
Se la ricostruzione è accurata, cosa c’è di più bello di ritrovare un’opera esattamente dove doveva essere? Aspetto ora di cenare virtualmente nel refettorio di San Giorgio Maggiore a Venezia, sempre con Paolo Veronese, ma al Louvre questa volta.
Il progetto è stato svilluppato da Focal Point VR.
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