«Autoritratto» (1902) di Gwen John (particolare)

Foto Tate / Mark Heathcote e Samuel Cole

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«Autoritratto» (1902) di Gwen John (particolare)

Foto Tate / Mark Heathcote e Samuel Cole

Alla Tate Britain un viaggio lungo 400 anni nell’arte delle donne

Artemisia Gentileschi, Angelica Kauffman, Julia Margaret Cameron e le altre: nel museo londinese oltre 200 opere di artiste che, attive in Inghilterra tra il XVI e il XX secolo, hanno sfidato lo status quo e i limiti imposti loro dalla società del tempo 

Sono 104 le artiste al centro di «Now You See Us: Women Artists in Britain 1520-1920», vasta collettiva allestita nella Tate Britain dal 16 maggio al 13 ottobre, ma solo pochi ne riconosceranno più di qualcuna. Non è un segreto che, per secoli, l’innovazione apportata dalle donne in campo artistico sia stata messa in ombra, se non apertamente censurata, dalla celebrazione unilaterale del genio maschile. Con oltre 200 opere tra dipinti a olio, acquerelli, pastelli, sculture, fotografie e pittura «ad ago», questa vetrina traccia il percorso che le ha viste affermarsi professionalmente in un viaggio che, lungo 400 anni, «ha spianato la strada alle generazioni future e stabilito che cosa significasse essere una donna nel mondo dell’arte britannica», raccontano i suoi organizzatori. 

Le protagoniste sono artiste che, attive in Inghilterra tra il XVI e il XX secolo, hanno sfidato lo status quo e i limiti imposti loro dalla società del tempo pur di dare libero sfogo alla propria ispirazione creativa. Tra queste, spiccano Artemisia Gentileschi, Angelica Kauffman e Julia Margaret Cameron, pioniere dell’arte visiva al femminile, ma anche Levina Teerlinc e Esther Inglis, tra le prime a introdurre la miniatura nel Regno Unito, e Mary Beale, Joan Carlile e Maria Verelst, note per aver elevato la ritrattistica a olio con la loro setosa e affascinante resa della figura umana. «Fino al 1890, le donne artiste non avevano neppure accesso alla stanza in cui la loro controparte maschile aveva modo di studiare il nudo e apprendere la precisione anatomica», ha spiegato Katy Hessel, autrice di The Story of Art Without Men (2022), facendo riferimento alla rivoluzione messa in atto dalla stessa Gentileschi in un articolo pubblicato lo scorso marzo su «The Next Big Idea». 

Malgrado gli ostacoli, i temi e i soggetti affrontati dalle artiste in questa collettiva incarnano la loro versatilità nel rappresentare il mondo circostante, la loro audacia nel lottare per far sì di diventarne parte attiva. Si va da vasi in fiore a sprazzi di vita quotidiana, vedute bucoliche e scene di guerra che ribaltano le aspettative sull’estro femminile. Il fulcro della mostra è un’impressionante selezione di ritratti: tra i più attesi, «Susanna e i vecchioni» (1638-40 ca) di Artemisia Gentileschi, «Colouring» (1778-80) di Angelica Kauffman, elogio ai quattro elementi dell’arte, l’incantevole «Autoritratto» (1902) di Gwen John, e «Decoration: The Excursion of Nausicaa» (1920) di Ethel Walker, emblema del connubio donna-natura e della sorellanza che ci avvicina.

«Colouring» (1778-80) di Angelica Kauffman. © Royal Academy of Arts, London. Foto John Hammond

Gilda Bruno, 13 maggio 2024 | © Riproduzione riservata

Alla Tate Britain un viaggio lungo 400 anni nell’arte delle donne | Gilda Bruno

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