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Jenny Dogliani
Leggi i suoi articoliÈ dal 2004 che i visitatori di Art Basel, così come tutti i cittadini e turisti, hanno la possibilità di ammirare opere d’arte nella Messeplatz, la piazza pubblica antistante l’ingresso principale della fiera. A seguito di questa iniziativa a Basilea, nota come Messeplatz Project, diventata ormai una componente fissa del programma ufficiale di Art Basel, l’arte pubblica ha iniziato a svolgere un ruolo anche nelle altre città interessate dalla grande rassegna internazionale, dove le opere hanno occupato edifici iconici e persino tram.
Anche quest’anno è stata ideata un’installazione site specific nell’iconico spazio urbano. L’intervento è realizzato dall’artista tedesca Katharina Grosse e curato da Natalia Grabowska, curatrice generale per i progetti architettonici e site specific presso la Serpentine di Londra. L’opera, intitolata «Choir», è una composizione temporanea che si estende su tutte le superfici disponibili creando una convivenza intensa tra arte, architettura e quotidianità, una vera sfida che cela anche delle sorprese e nuovi punti di vista sul medesimo luogo, come racconta Grabowska: «Creare un’installazione site specific in un ambiente all’aperto, pubblico e affollato su così vasta scala comporta sempre delle limitazioni, ma queste possono essere trasformate in grandi opportunità e offrire la possibilità di operare in un contesto che favorisce incontri imprevedibili e raggiunge un vasto pubblico. Ogni volta che abbiamo incontrato dei limiti, abbiamo cercato di superarli o di integrarli in modo creativo nel lavoro. In questo modo siamo riuscite a lavorare su quasi tutte le superfici e a tutti i livelli della piazza, compresi il pavimento, la fontana, le transenne e i pennoni. Durante il processo di collaborazione con Katharina e la riflessione sul progetto, abbiamo considerato come il lavoro avrebbe sconvolto l’ordine esistente e introdotto una nuova energia nella piazza. Lavorare con la pittura e il colore per trasformarla fisicamente, così come i suoi dintorni, introduce una serie di nuovi modi di viverla e percorrerla».
La pistola a spruzzo è lo strumento distintivo di Grosse che le permette di amplificare la sua «pennellata», seppur senza poter avere uno stretto controllo sul risultato finale. L’artista ha capito precocemente che la sua pittura non si sarebbe mai accontentata del classico supporto bidimensionale. «Non ho mai pensato che un dipinto fosse limitato alla tela. Ricordo che da bambina dipingevo su tutti i tipi di superfici e oggetti in modo molto organico. Ho capito davvero la mia attitudine quando ho dipinto la mia camera da letto così come l’avevo lasciata la sera prima, con il letto, le lenzuola, i libri, i quadri alle pareti, i vestiti sul pavimento. Ho capito così che un dipinto può “atterrare” ovunque e spingere la nostra percezione in un mondo, al di là del significato». La tecnica e il supporto, ma ancor più le differenti scale su cui agire, sono elementi che da sempre l’affascinano e che l’hanno spinta a lavorare su proporzioni e livelli differenti. «Queste installazioni hanno la capacità di alterare lo stato del corpo, poiché offrono un’esperienza corporea diretta dello spazio attraverso il colore e la scala. Nel corso degli anni, Katharina ha esplorato diverse scale e ha coinvolto più elementi nelle sue opere, tra cui tessuti, alberi sradicati e altre forme scultoree, ma la componente chiave è sempre stata il colore e lo spazio e il modo in cui hanno la capacità di introdurre nuove energie e immaginazioni», spiega Grabowska. Le fa eco l’artista, che sottolinea: «La cosa importante per me in queste opere grandi e tentacolari è proprio che cambiano scala».
Una piazza pubblica, luogo semplice e familiare di incontro e relazioni, la Messeplatz della città svizzera, cambia momentaneamente natura a favore di uno stato di disordine, instabilità, forse addirittura incertezza, essendo coinvolta con tutti i suoi elementi e superfici in un’inedita opera immersiva che trasforma la realtà. Quale reazione aspettarsi dal pubblico? «La Messeplatz è uno spazio di transizione: tra il mondo della fiera d’arte e la vita della città che la circonda, tra materiali e forme diverse, tra logiche e pubblici diversi. È un luogo di realtà che si sovrappongono e si compenetrano. Voglio che siamo così destabilizzati, in senso positivo o negativo, da avere il desiderio di cambiare qualcosa», afferma Grosse che spiega anche un’altra valenza del suo intervento: «Dipingo la mia via d’uscita dalla fiera verso lo spazio urbano. Lì, il dipinto crea una corrispondenza per sette giorni con il vento e il tempo, ogni corpo su di esso e in esso, il traffico dei tram, il chiosco degli hot dog. È una coesistenza incontrollabile di differenze. “Choir” esplora la libertà e il controllo».
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