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Dettaglio di «Homme à la pipe assis et amour» di Pablo Picasso, del 1969, che sarà esposto da Pace Gallery

Courtesy Pace Gallery

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Dettaglio di «Homme à la pipe assis et amour» di Pablo Picasso, del 1969, che sarà esposto da Pace Gallery

Courtesy Pace Gallery

Art Basel 2025: in anteprima i capolavori (con prezzo) che troveremo in fiera

In un contesto di incertezza e vendite altalenanti, la regina delle fiere d’arte punta tutto sull’eccellenza: da Picasso a Frankenthaler, da Guston a Dumas, Basilea resta la vetrina dove si gioca il destino dell’estate del mercato

Ogni anno, il calendario dell’arte contemporanea tocca il suo punto più alto a giugno, quando la placida città svizzera di Basilea si trasforma nel cuore pulsante del mercato globale. Art Basel non è solo una fiera: è l’ultima occasione, prima della pausa estiva, per galleristi e mercanti di cambiare la narrativa economica dell’anno. E mai come in questo 2025, dopo un inizio segnato da aste deludenti e vendite timide, l’appuntamento si carica di attese e significati. La domanda che aleggia, però, è sempre la stessa: Art Basel ha ancora l’aura di un tempo, o la sua gemella autunnale di Parigi sta rubando la scena? Per ora, i numeri parlano chiaro: con quasi trecento espositori (ce ne sono quattro in più dello scorso anno), la fiera svizzera continua a richiamare le gallerie più importanti del mondo, molte delle quali hanno portato le loro opere di punta.

 

Helen Frankenthaler, «Evil Spirit», 1963. Courtesy Frankenthaler Foundation

Milioni (e Musei) in Vetrina
Le gallerie sembrano non essersi risparmiate. Hauser & Wirth, che gioca in casa, apre con un capolavoro di Philip Guston del 1978, Migration, in vendita a 7,5 milioni di dollari. Accanto, opere di Louise Bourgeois e Arshile Gorky, fino alla presenza scenica di Felix Gonzalez-Torres nella sezione Unlimited con la sua leggendaria Go-Go Dancing Platform, mai messa sul mercato negli ultimi trent’anni. La scultura Couple, 2002, di Bourgeois ha un prezzo di 1,9 milioni di dollari mentre il dipinto senza titolo di Gorky del 1939-40 di 4 milioni di dollari. Inoltre spiccheranno altre due recentissime opere nello stand della mega galleria: un Mark Bradford da 3,5 milioni di dollari e un dipinto di George Condo (2,45 milioni di dollari).
Da Gagosian, Evil Spirit (1963) di Helen Frankenthaler, proveniente direttamente dalla fondazione dell’artista, sarà proposto a circa 5 milioni di dollari. Accanto a lei, Jonas Wood, fresco di tela (Bromeliad Nursery, 2,5 milioni di dollari) e il consueto equilibrio tra nomi storicizzati e contemporanei. Pace risponde con il pezzo più caro della fiera: Homme à la pipe assis et amour di Pablo Picasso, del 1969, valutato 30 milioni di dollari. Nello stand, anche una Joan Mitchell da 15-20 milioni e capolavori di Rothko, Agnes Martin e Frankenthaler. Di quest'ultima è One, tela proposta tra 3 e 4 milioni di dollari. Thaddeus Ropac gioca la carta di Georg Baselitz, con due opere da oltre 5 milioni complessivi e un tributo simbolico a Otto Dix con il lavoro intitolato «The Artist’s Parents II». Accanto, un’imponente installazione di Rauschenberg e riferimenti alla storia dell’arte tedesca in chiave personale.

 

 

Marlene Dumas, «Magdalena»,1995. Courtesy David Zwirner

Le Stelle del Secondario
Molte delle opere più ambite vengono dal mercato secondario, ancora in cerca di stabilità dopo mesi incerti. Lévy Gorvy Dayan presenta un classico Soulages nero e blu del 1963 (5,8 milioni), accanto a un raro Sicile di Nicolas de Staël (5,6 milioni) e un Richard Serra degli anni '60 (2,8 milioni). Yoko Ono è presente con tre «oggetti concettuali» del 1966, inclusa l’opera che segnò l’incontro con John Lennon. Richard Nagy punta su Egon Schiele, Gustav Klimt e Paul Delvaux (Nus à la Statue del 1946), ma non fissa prezzi certi: «Nessuno vuole vendere in un mercato instabile perché non sa cosa sta succedendo», ammette con franchezza. Anche David Zwirner mantiene il riserbo sui prezzi, ma propone una potente Magdalena di Marlene Dumas del 1995, mentre altre due sue opere simili hanno superato i 3 milioni di dollari negli ultimi anni. Presenti anche lavori di Ruth Asawa, Gerhard Richter e Felix Gonzalez-Torres.

Non Solo Blue Chip
Molte gallerie indipendenti portano opere dal forte valore storico e artistico. La Vedovi Gallery propone Shéhérazade di René Magritte (2,9 milioni) e un Concetto spaziale di Lucio Fontana. La Cardi di Milano si distingue con un’installazione in tufo di Mimmo Paladino per Unlimited, mentre Michael Werner presenta Polke e Schwitters, Jeffrey Deitch rilancia con Paul Klee e Stella, e Karma punta su Milton Avery (Dead Trees with Firs, 1.35 milioni), Jonas Wood (Wimbledon M2, 1,95 milioni) e Alice Neel con un olio su tela da 1 milione di dollari. Che Art Basel mantenga il suo primato o lo ceda a Parigi dipenderà, come sempre, da ciò che accadrà nei corridoi e nelle sale riservate più che dagli allestimenti patinati. Ma per ora, Basilea dimostra di saper ancora parlare la lingua dell’eccellenza. Dopotutto, come ricordava Guston nei suoi ultimi anni, «non importa dove vai, ma cosa porti con te». E, a giudicare dai capolavori esposti, i mercanti a Basilea sono ancora disposti a portare il meglio.

Redazione, 12 giugno 2025 | © Riproduzione riservata

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