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Lavinia Savini
Leggi i suoi articoliÈ giunto a termine il primo ciclo di incontri su «Arte e Diritto», organizzato dalla Camera Arbitrale di Venezia che ha recentemente istituito una sezione specializzata per controversie in materia d’arte.
Il comitato scientifico organizzativo del ciclo di conferenze è composto dalla presidente della Camera Arbitrale di Venezia, avvocato Patrizia Chiampan, dalla scrivente avvocato Lavinia Savini, dall’avvocato Fabio Moretti e dal commercialista Roberto Spada. Il 18 gennaio scorso si è tenuta l’ultima conferenza sul tema «La regolamentazione del Mercato: esempi di ordinamenti esteri» ove sono intervenuti, quali relatori, avvocati italiani e stranieri specializzati. Sono stati messi a confronto gli ordinamenti degli Stati Uniti e dei principali Paesi europei, quali Francia, Germania e Inghilterra con l’ordinamento italiano, sulle principali tematiche giuridiche e fiscali relative al mercato dell’arte.
Dall’incontro è emerso un quadro decisamente disomogeneo della regolamentazione del mercato dell’arte nei diversi Paesi, a dispetto dei tentativi di armonizzazione del mercato europeo. Si è discusso della centralità del ruolo di esperti e periti nello svolgimento delle transazioni commerciali in Francia, Germania e Stati Uniti. Si è constatato che è buona norma in tali Paesi coinvolgere esperti, in particolare, nello svolgimento di due diligence per l’acquisto di opere d’arte; negli Stati Uniti, inoltre, esiste un’ampia giurisprudenza sulle best practice per il loro espletamento. È evidente, purtroppo, la differenza rispetto all’Italia ove l’espletamento di due diligence sulle opere in fase di loro acquisto è una pratica pressoché sconosciuta e, più in generale, il coinvolgimento di esperti e periti nelle transazioni commerciali avviene di rado e comunque perlopiù a problema già insorto.
In merito all’utilizzo della contrattualistica relativamente alle opere d’arte è emersa una divergenza tra il sistema dell’arte italiano, ancora restio e poco sensibile all’utilizzo dei contratti, non solo di compravendita ma anche, per esempio, per la regolamentazione dei rapporti con gli artisti, e il sistema dell’arte di altri Paesi, tra cui la Germania, ove se ne fa largo uso. In questo Paese, in particolare, i contratti prevedono normalmente una descrizione minuziosa delle opere, della loro provenienza e autenticità.
Per quanto riguarda il diritto morale d’autore, definito all’articolo 20 della nostra legge sul diritto d’autore, legge 633 del 1941, come «[...] il diritto di rivendicare la paternità dell’opera e di opporsi a qualsiasi deformazione, mutilazione od altra modificazione, ed a ogni atto a danno dell’opera stessa, che possano essere di pregiudizio al suo onore o alla sua reputazione», il confronto di maggiore interesse è stato quello tra l’ordinamento francese e quello italiano in quanto sono gli ordinamenti più simili nella regolamentazione di questo diritto. In entrambi il diritto morale d’autore è imprescrittibile, irrinunciabile e perpetuo, a differenza per esempio degli Stati Uniti, ma in Francia vi è la possibilità per gli eredi dell’artista designati dalla legge di disporre del diritto morale e di conferirlo, per esempio, a favore di una fondazione, come è avvenuto nel caso di Rodin. In Italia questa facoltà non è concessa, poiché il diritto morale d’autore è intrasmissibile. Questo contribuisce a rendere ancora più complessa la già difficile individuazione dell’autenticità delle opere di un artista non più vivente e la risoluzione delle numerose controversie esistenti tra gli eredi di un artista e le relative fondazioni o archivi. La situazione si semplificherebbe, invece, proprio con il conferimento da parte degli eredi di tutti i diritti, compreso il morale d’autore, a un solo soggetto deputato all’autenticazione delle opere di un artista.
Un tema molto importante trattato è stato quello del pagamento delle imposte, non solo di successione, attraverso la dazione di opere d’arte: pratica prevista in tutti gli ordinamenti esteri analizzati e ivi largamente utilizzata. Un esempio eclatante è il Musée Picasso di Parigi costituito attraverso la dazione di opere in pagamento delle imposte. Anche nel nostro ordinamento è prevista tale possibilità all’articolo 6 della legge 512 del 1982, che riconosce in capo a soggetti eredi o legatari la possibilità di pagare imposte di successione e, in taluni casi e a determinate condizioni, anche imposte dirette, tramite cessione allo Stato di beni culturali, mobili e immobili, anche vincolati, che siano stati acquistati mortis causa. La datio di tali beni deve avvenire tramite la presentazione di un’offerta che sarà poi sottoposta al vaglio di un’apposita commissione ministeriale. Nonostante tale previsione normativa sia in vigore da oltre un trentennio, sono rari i casi in cui i contribuenti hanno potuto farvi ricorso, anche perché la commissione dopo anni di inattività è stata nuovamente istituita soltanto nell’ottobre del 2014.
Sulla fiscalità dell’arte, poi, è emerso come vi sia una previsione interessante dell’ordinamento tedesco ove per agevolare gli artisti emergenti i collezionisti godono di agevolazioni fiscali, in detrazione d’imposta, nell’acquisto di opere di artisti definiti «sconosciuti», da identificare sulla base di criteri normativamente previsti.
In Francia, invece, è molto sviluppato il mecenatismo, agevolato da notevoli incentivi fiscali non solo per le imprese ma anche per i privati e anche per le donazioni di opere a favore di istituzioni e musei. Si tratta, dunque, di incentivi molto più rilevanti rispetto a quelli previsti in Italia, che sono principalmente per gli interventi di restauro a favore di beni pubblici. In Italia sono inoltre assai carenti gli incentivi a favore di soggetti privati e per le donazioni di opere d’arte, per le quali non si può dedurre il valore del bene donato. È pertanto auspicabile in materia un cambiamento e un adeguamento agli standard europei.
Un altro tema di cui si è parlato, molto attuale e discusso nel nostro Paese, è quello della tassazione sulla plusvalenza generata in sede di rivendita di opere d’arte. Tassazione presente in tutti gli ordinamenti analizzati a prescindere dal fatto che la vendita avvenga durante l’esercizio di un’attività commerciale, in via professionale e abituale, o sia effettuata occasionalmente da parte di un privato. Attualmente in Italia, di prassi, non vi è tassazione delle plusvalenze generate da parte di chi vende occasionalmente opere d’arte non essendo più in vigore l’articolo 76 Dpr 597/1973.
Un allineamento tra i Paesi europei analizzati si riscontra, invece, per quanto riguarda il tanto discusso diritto di seguito. Diritto spettante all’artista e ai suoi eredi, per l’intera durata della sua vita e per i settanta anni successivi alla data della sua morte, a percepire una percentuale sul prezzo di vendita delle sue opere per ogni cessione successiva alla prima, ove intervenga in qualità di venditore, intermediario o acquirente un operatore professionale del mercato dell’arte.
In Europa è stato introdotto con la direttiva 2001/84/Ce e, pertanto, applicato in maniera pressoché omogenea in Francia, Regno Unito, Germania e Italia. Nel nostro Paese la direttiva è stata, poi, attuata con il decreto legislativo n. 118 del 2006 che ha modificato alcuni articoli della legge sul diritto d’autore. Tale diritto di seguito è totalmente assente negli Stati Uniti, compreso lo Stato della California dove era stato inizialmente introdotto e ora dichiarato incostituzionale.
Sull’esportazione dei beni culturali, l’Italia risulta il sistema più penalizzante, nonostante la recente e tanto attesa riforma attuata con la legge n. 124 del 2017 abbia modificato alcune previsioni del vigente Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio (di cui al decreto legislativo n. 42 del 2004) cambiando le soglie, temporali e di valore, al di sotto delle quali le cose che presentano un interesse culturale e di autore non più vivente possono circolare liberamente al di fuori dei confini nazionali ed europei, dietro semplice autocertificazione, senza necessità di un permesso per l’esportazione: la soglia temporale da 50 a 70 anni dalla creazione dell’opera e la soglia di valore di € 13.500 (la più bassa in Europa). È stata anche introdotta la possibilità per il Ministero di riconoscere lo status di «eccezionale valore artistico» a qualsiasi opera avente più di 50 anni e meno di 70, che in quanto tale necessita comunque del permesso per l’esportazione.
È opportuno, ancora una volta, un confronto con l’ordinamento francese, il più affine a quello italiano, nel quale è prevista l’autorizzazione all’esportazione per le opere aventi più di 50 anni. La soglia di valore invece, correttamente, dipende dal tipo di bene da esportare (per esempio, la soglia è di € 150mila per le opere di pittura, di € 50mila per quelle di scultura e di € 30mila per gli acquerelli). Per i beni di interesse archeologico, invece, la soglia temporale si eleva a più di 100 anni e non vi è soglia minima di valore. Vi sono poi regole ad hoc per i cosiddetti tesori nazionali (l’equivalente dei nostri beni culturali): se entro 30 giorni dalla comunicazione della volontà di esportare, lo Stato non esercita il diritto di prelazione il bene può esser liberamente esportato. Anche su questo punto emerge una differenza tra l’ordinamento francese e quello italiano, ove il bene sottoposto a vincolo di interesse storico artistico non può uscire dal territorio nazionale nonostante lo Stato decida di non esercitare il diritto di prelazione. Negli Stati Uniti, significativamente, non esistendo la nozione di bene culturale non risultano conseguentemente preclusioni all’esportazione.
Infine, circa i tempi e i costi della giustizia nei diversi ordinamenti, è emerso come vi siano elevati costi della giustizia civile britannica e una scarsa repressione dei reati aventi per oggetto opere d’arte, pur avendo Scotland Yard un reparto investigativo dedicato, equivalente ai nostri Carabinieri Nucleo Tutela Patrimonio Artistico (che risulta, peraltro, godere di ottima stima e fiducia a livello internazionale). In Francia, Germania e Stati Uniti la giustizia beneficia di tempi assai più celeri che in Italia. Questi dati evidenziano la rilevanza e opportunità di modalità di composizione alternativa delle controversie quali l’arbitrato amministrato, che si caratterizza non solo per la sua celerità ma anche per la sua riservatezza e specializzazione. La sezione dedicata all’arte istituita dalla Camera Arbitrale di Venezia pare, pertanto, offrire un prezioso strumento per dirimere controversie in materia d’arte tanto nazionali quanto, e soprattutto, internazionali.

Il comitato promotore di Arte e Diritto: Fabio Moretti, Patrizia Chiampan, Roberto Spada e Lavinia Savini