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«Ritratto di Mustapha» (2021) di Seif Kousmate. Cortesia dell’artista

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«Ritratto di Mustapha» (2021) di Seif Kousmate. Cortesia dell’artista

Artisti in Marocco al capezzale delle oasi (in punto di morte)

Molti s’interessano alla ricchezza di questo patrimonio che sta scomparendo, nello stesso tempo ecosistema precario e testimone di una cultura ancorata a una storia multisecolare

Olivier Rachet

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Dai tempi dell’organizzazione della COP 22 a Marrakech, la questione del riscaldamento climatico e del suo impatto sull’ambiente è diventata una grande preoccupazione in Marocco. Le minacce presenti nelle oasi, ecosistemi che riposano in equilibrio tra acqua, terra e coltivazione di palme da dattero, sono documentate da diversi fotografi.

«Da una ventina d’anni, commenta M’hammed Kilito, uno dei quattro premiati al concorso "Talenti contemporanei" della Fondazione François Schneider, l’equilibrio non esiste più e queste isole verdi nel bel mezzo del deserto subiscono l’impatto del cambiamento climatico nonché quello di un’attività umana distruttrice».

Il progetto multidisciplinare «Before it’s gone», frutto di una serie di viaggi nelle regioni aride e semiaride del Meridione marocchino, illustra la devastazione in corso attraverso serrate inquadrature.

Problematiche territoriali
Lo stesso vale per il compagno di viaggio Seif Kousmate, membro come lui del collettivo KOZ, che sottolinea dal canto suo la diversità delle problematiche del territorio. «Ogni regione possiede le sue specificità: nella valle del Drâa (accanto a Ouarzazate), il problema è quello della scarsità d’acqua dovuta alla presenza di dighe. L’oasi del Tighmert deve far fronte alla fuga dei giovani e agli incendi. La regione di M’Hamid si deve confrontare con la desertificazione».

Tra i dieci finalisti del premio «Découverte Louis Roederer 2022» assegnato durante i «Rencontres d’Arles», Seif Kousmate per la serie «Waha (Oasis)» calca la mano su tali minacce per rinnovare la sua pratica fotografica, attraverso diverse sperimentazioni. Alcune tirature sono accompagnate da materiali raccolti durante i soggiorni trascorsi nelle oasi: terra, pezzetti di palma o di datteri essiccati, e poesie degli abitanti come quella di Brahim Raji intitolata «Les racines des palmiers sont en train de pleurer sous terre» («Le radici delle palme stanno piangendo sotto terra»).

Come richiamo esplicito ai numerosi incendi che scoppiano nelle oasi ogni estate, l’artista usa di volta in volta una fiamma ossidrica per bruciare parzialmente le sue stampe, e l’acido per produrre un effetto di erosione. «Dopo aver applicato dell’acido sulle mie tirature, scatto una fotografia come per arrestare il degrado in corso» commenta.

Esposto in parte a Rabat in occasione della mostra «Le palme affaticate» (dal 24 marzo al 4 luglio 2022), questo lavoro testimonia di preoccupazioni che travalicano le frontiere. La manifestazione concepita dal curatore austriaco Markus Waitschacher presentata alla «Cube – Independent Art Room» fa dialogare artisti austriaci e marocchini che s’interrogano sulla moda europea di collezionare di piante esotiche. Così, si passa dal banano con Ghita Skali all’invasione di antenne paraboliche a forma di palme!

Un laboratorio di ricerca
In materia di protezione delle oasi, la palma ritorna nel progetto «Caravane Tighmert», lanciato nel 2015 dall’architetto Carlos Pérez Marín in collaborazione con due abitanti del sito: Bouchra Boudali e Ahmed Dabah. L’obiettivo iniziale era di andare incontro a una popolazione vittima d’inondazioni tragiche. Ogni anno viene organizzato un festival nel cuore dell’oasi di Tighmert al quale partecipano importanti artisti internazionali.

Mohamed Arejdal, M’barek Bouhchichi o Ymane Fakhir hanno attivato diversi laboratori e workshop al fine di alimentare i loro rispettivi progetti: «Non si può capire il Marocco di oggi spiega Carlos Pérez Marín, se non si prende in considerazione il deserto. Le più importanti dinastie provengono dal deserto». Nel corso delle successive edizioni, il Festival si è trasformato in un vero e proprio laboratorio di ricerca sulle diverse tematiche legate alle oasi e alle tracce di antiche strade carovaniere: l’acqua, il nomadismo, l’architettura, i modi di vita o ancora le pratiche culturali.

Selezionato per l’edizione 2022, il fotografo Mehdi Sefrioui riconosce di essere rimasto colpito dall’esperienza proprio come M’hammed Kilito, la cui partecipazione nel 2020 si è rivelata determinante per il progetto corrente («Before It’s Gone»): «Ci si rende subito conto che le nostre idee di partenza sono sconnesse dalla realtà. Stavo per lavorare su un progetto legato alla mitologia amazigh (berbera) e ho capito che avevo a che fare con una tribù hassani, araba».

Mehdi Sefrioui si è dunque interessato a una danza tipica della regione, la Guedra, che Carlos Pérez Marín assimila a una «storia orale della tribù». Forti del successo delle precedenti edizioni, sebbene la loro organizzazione non usufruisca di nessuna sovvenzione, «Caravane Tighmert» era presente con il collettivo Le 18 (Marrakech) a Documenta 15 di Kassel e ha recentemente lanciato due nuovi progetti: «Caravane Oudane in Mauritania» (dal 5 al 20 novembre 2022) e «Qafila Khamisa», che segue le strade carovaniere. L’oasi, un patrimonio materiale e immateriale da salvare e soprattutto… da scoprire.

Traduzione di Mariaelena Floriani
 

«Grappe de palmiers, oasis de Tanseest» (2021) di M'hammed Kilito. Cortesia dell’artista

Una fotografia dalla serie «Caravane Tighmert» (2022) di Carlos Pérez Marín. Cortesia dell’artista

Olivier Rachet, 29 settembre 2022 | © Riproduzione riservata

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