Francis Bacon, «Three studies of Muriel Belcher» (particolare), 1966. Collezione privata.

© The Estate of Francis Bacon. All rights reserved / by Siae 2025

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Francis Bacon, «Three studies of Muriel Belcher» (particolare), 1966. Collezione privata.

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Bacon popola la Fondation Gianadda di presenze umane

Una trentina di opere dell’artista inglese esplora da una parte il suo rapporto con la complessità della ritrattistica, dall’altra la sua reinterpretazione di autori del passato

Dopo una prima tappa alla National Portrait Gallery di Londra, dove si è tenuta dal 10 ottobre al 19 gennaio, la mostra «Francis Bacon: Presenza umana» passa alla Fondation Gianadda di Martigny, dove sarà visitabile dal 14 febbraio all’8 giugno. Disponendo in un percorso tematico e cronologico una trentina di opere provenienti da collezioni private e pubbliche europee e d’oltreoceano, affiancate da fotografie dell’artista, l’allestimento esplora da una parte l’intenso rapporto del pittore inglese con la complessità della ritrattistica, dall’altra la sua reinterpretazione di autori del passato. Il suo percorso creativo è ricostruito in cinque sezioni tematiche («La forma dei ritratti», «Oltre la forma», «Dipinti ispirati ai Maestri», «Autoritratti», «Amici e amanti»).

La mostra si apre con una selezione dei suoi primi dipinti come «Head VI» (1949) e «Study of the Human Head» (1953), rappresentazioni di figure maschili anonime. Queste immagini rispettano le convenzioni di un ritratto formale, occupando tre quarti del formato tradizionale e risaltando su uno sfondo scuro. In «Head VI» l’individuo è imprigionato in una gabbia trasparente, mentre in «Study of a Man’s Head» il protagonista ci osserva attraverso delle fasce, evocando radiografie che rivelano con crudezza il cranio e i denti del modello.

Rivisitati da Bacon, che stravolge la tradizione, nei suoi primi dipinti i personaggi potenti e famosi appaiono totalmente destabilizzati. Anche se egli non ebbe modo di vedere le opere originali di Velázquez («Papa Innocenzo X», 1649-50) o di Van Gogh («Il pittore sulla strada per Tarascona», 1888), esse diventano comunque per lui grande fonte di ispirazione. Il suo interesse per Van Gogh lo porta ad allontanarsi dall’iconografia cupa e monocromatica: grazie al pittore olandese Bacon opta per l’introduzione del colore, che caratterizzerà la sua opera futura. A metà degli anni Cinquanta l’artista smette di ritrarre figure urlanti, ma continua a creare immagini ambigue e inquietanti. Scegliendo, per la prima volta, di dipingere da un modello dal vivo, crea i ritratti dei suoi mecenati e collezionisti Robert e Lisa Sainsbury, e poi del suo amico e collega Lucian Freud.

Pur apprezzando l’immediatezza nell’applicazione della materia pittorica, Bacon comincia ad allontanarsi sempre di più dalla pittura prodotta in studio avvalendosi di un modello dal vivo, preferendo piuttosto trarre ispirazione da fotografie o attingendo alla propria memoria. In questo modo ha la libertà di disporre i suoi soggetti come desidera e di proteggere i suoi modelli da possibili danni causati dalla sua interpretazione.

Un altro maestro venerato da Bacon è Rembrandt; lo ammira per il suo stile, come dice lui stesso, «anti-illustrativo». Durante il suo soggiorno in Francia, Bacon studia le pennellate di Rembrandt per il suo «Autoritratto con berretto» (1659), presente in mostra, in prestito dal Musée Granet di Aix-en-Provence, nella sezione «Dipinti ispirati ai maestri». Diverse riproduzioni di questo ritratto sono presenti nel suo studio di Londra. Come Rembrandt, Bacon si dedicò per tutta la sua vita di pittore all’autoritratto, dipingendo il proprio volto più di cinquanta volte nel corso della sua carriera. Bacon è ritratto anche da altri artisti, in particolare da fotografi. Per documentare questo rapporto, in mostra sono esposti scatti e filmati realizzati da famosi autori del XX secolo, come Cecil Beaton, Arnold Newman, Bill Brandt e Mayotte Magnus.

Quando il suo compagno di quasi tutta la vita, Peter Lacy, muore nel 1962, Bacon reagisce realizzando un piccolo trittico di ritratti in ricordo della loro relazione. Dieci anni dopo, quando il pittore perde il suo amante George Dyer, realizza un notevole gruppo di autoritratti che esprimono il suo dolore e il suo isolamento. I dipinti degli amici e degli amanti dell’artista, le figure che lo hanno ispirato nel corso della sua vita, sono al centro della mostra: Lacy, Dyer, l’altro suo compagno John Edwards; la sua amica Henrietta Moraes, Muriel Belcher fondatrice del Colony club, i suoi amici e colleghi fra cui Lucian Freud e Isabel Rawsthorne.

Così scrive Rosie Broadley, curatrice della mostra e responsabile delle collezioni del XX secolo della National Portrait Gallery di Londra: «Il ritratto domina l’opera di Francis Bacon, che si impegna totalmente per dimostrare, oltre l’immaginazione, dove può portare un’esplorazione così intensa, persino estrema. Per Bacon la ritrattistica è un genere fondamentale, capace di esprimere la profondità dell’anima».

Redazione, 12 febbraio 2025 | © Riproduzione riservata

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