«Vorrei andarmene ma non me ne andrei mai, Milano» (2023), di Sara Leghissa

Foto: Sara Leghissa. Cortesia dell’artista

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«Vorrei andarmene ma non me ne andrei mai, Milano» (2023), di Sara Leghissa

Foto: Sara Leghissa. Cortesia dell’artista

Biennale Donna: 20ma edizione

L’allestimento ripercorre le varie tappe della storia della kermesse attraverso materiali d’archivio e le opere di sei artiste internazionali

Ha ancora senso una Biennale Donna? A ogni nuova edizione della manifestazione dedicata alla creatività femminile promossa da Udi-Unione Donne in Italia, che quest’anno celebra la 20ma edizione dal 14 aprile al 30 giugno al Palazzo Bonacossi, la risposta sembra trovare motivazioni complesse, ma ancora affermative. Ne sono consapevoli Sofia Gotti e Caterina Iaquinta, ideatrici di questa edizione che al contempo ne rilegge la storia e guarda all’urgenza del presente con la mostra «Yours in Solidarity. Altre storie tra arte e parola», nella quale, attraverso materiali d’archivio e l’opera di sei artiste internazionali, traccia un percorso di continuità sull’uso della parola come strumento estetico e di lotta

«Chiamate a curare questa ventesima edizione, sottolineano le curatrici, entrambe da tempo impegnate in ricerche sulla cultura di genere, il primo interrogativo che ci siamo poste è stato proprio quello della sua originaria denominazione come Biennale “Donna”, un termine che oggi non si può assumere se non in rapporto a tutta la complessità attraverso la quale la questione di genere si è manifestata negli ultimi cinquant’anni. Il termine femminista di certo contribuisce a connotare alcuni aspetti, ma non basta. Dopo le controverse “mostre ghetto” e i “ghetti rosa” dagli anni Settanta, di cui in parte anche questa Biennale ha risentito, all’interno di manifestazioni di questo tipo lo scopo principale che mostrano le artiste e femministe è di mettere in crisi modelli predefiniti a livello culturale,sociale, identitario e politico attraverso pratiche e linguaggi continuamente codificati. Sul piano storico artistico questo sposta l’attenzione su tutti quei processi predefiniti di esclusione e inclusione che la cultura egemonica, patriarcale e capitalista ha generato. In questo c’è la capacità di fare e disfare la storia, di riscriverla attraverso connessioni e associazioni non previste». 

«Yours in Solidarity» Appunti di lavoro di Nicoline Van Harskamp provenienti dall’Archivio, 2011. Cortesia dell’artista

La mostra presenta un nucleo documentario di materiali d’archivio che ripercorrono le principali tappe della Biennale, che fu sostenuta dal 1984 dall’impegno di Lola G. Bonora, allora curatrice del Centro Attività Visive. Da qui emerge il rapporto che le artiste della Biennale storicamente hanno stabilito con la poesia e la parola, come nella memorabile edizione in cui ampio spazio era stato dato a Virginia Woolf e Vanessa Bell. «Il processo di costruzione di questa mostra è partito da una riflessione su come questi due elementi siano in effetti ancora tra i pochi strumenti nell’esercizio di una resistenza verso la violenza, la disuguaglianza e l’oppressione, affermano le curatrici. Abbiamo immaginato la parola come frammento, piccolo oggetto di un quotidiano che nella sua accumulazione diventa insopprimibile traccia di un messaggio potente, che è soprattutto un messaggio di sorellanza e solidarietà, che in mostra prende connotazioni diverse: anarchia e poesia con Amelia Etlinger e Bracha Ettinger, connessione solidale con Nicoline van Harskamp, diaspora e comunità con Muna Mussie e Binta Diaw, enunciazione del dissenso con Sara Leghissa». 

La mostra è organizzata dal Comitato Biennale Donna dell’Udi, composto da Lola G. Bonora, Silvia Cirelli, Ada Patrizia Fiorillo, Catalina Golban, Anna Quarzi, Ansalda Siroli, Dida Spano e Liviana Zagagnoni, e dal Servizio Musei d’Arte del Comune di Ferrara in collaborazione con la Fondazione Ferrara Arte, con il sostegno della Regione Emilia-Romagna.

Valeria Tassinari, 12 aprile 2024 | © Riproduzione riservata

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Biennale Donna: 20ma edizione | Valeria Tassinari

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