Luana De Micco
Leggi i suoi articoliIl bilancio stilato lo scorso dicembre dalla Corte dei Conti di Parigi sul Pass Culture è severo: costa in modo eccessivo allo Stato, ben al di là delle previsioni, e ha mancato i suoi obiettivi principali, democratizzare l’accesso alla cultura e diversificare le pratiche culturali dei giovani. Il dispositivo era stato introdotto in Francia, nell’entusiasmo generale, dal presidente Emmanuel Macron per promuovere l’accesso alla cultura tra i giovani, su modello del Bonus Cultura del 2016, voluto dal governo Renzi.
Dopo una prima fase di test in alcune regioni, partita nel febbraio 2019, il Pass Culture è stato generalizzato a tutta la Francia nel maggio 2021: esso prevede un budget di 300 euro (meno dei 500 del Bonus Cultura italiano) per ogni giovane che compie 18 anni, da spendere in un anno per spettacoli, libri, musica, musei, film, fumetti. Una app elaborata ad hoc consente ai giovani di scoprire le offerte culturali disponibili nella propria zona. Dal gennaio 2022 il dispositivo è stato esteso anche ai giovani tra i 15 e i 17 anni, con un importo di 80 euro in tre anni (a cui si è aggiunto un budget annuo destinato alle scuole per finanziare attività e progetti culturali in classe e visite culturali). L’obiettivo è lo stesso del Bonus Cultura italiano: incentivare il consumo culturale tra i giovani e promuovere l’inclusione sociale attraverso l’accesso alla cultura. Ma a distanza di quattro anni, il quadro non è così roseo in Francia.
La Corte dei Conti, incaricata di verificare la regolarità dei conti pubblici, ha evidenziato diverse criticità sia sul piano economico che su quello sociale. In un rapporto del dicembre 2024, l’istituzione ha concluso che il Pass Culture non è riuscito a diventare lo strumento di democratizzazione culturale auspicato. Ha rilevato innanzi tutto i costi elevati: per il 2024, il Pass Culture è costato alle casse pubbliche francesi circa 244 milioni di euro, superando i 210 milioni inizialmente stimati. Nel 2023, la spesa era arrivata a 240 milioni di euro, rispetto ai 209 milioni stanziati. La Corte parla di «crescita incontrollata degli stanziamenti di bilancio» a cui il Governo dovrà porre rimedio. Raccomanda per esempio di ridurre il credito concesso ai giovani o di limitare il dispositivo a giovani selezionati in base a criteri sociali e territoriali. I costi significativi hanno sollevato dubbi sulla sostenibilità finanziaria stessa del progetto.
La società Sas Pass culture (finanziata a più del 90% da fondi pubblici) occupa oggi, scrive ancora la Corte dei Conti, «il secondo posto dopo la Bibliothèque Nationale de France tra le strutture finanziate dal Ministero della Cultura». E questo per dei risultati deludenti. Nel complesso l’84% dei diciottenni francesi ha attivato il Pass, ma la percentuale scende al 68% tra i giovani delle classi popolari. Malgrado l’intento di ridurre le disuguaglianze nell’accesso alla cultura, il dispositivo non ha saputo quindi raggiungere i giovani che vivono in contesti socio-economici svantaggiati. «L’impatto principale del Pass Culture, scrive la Corte, è piuttosto un’intensificazione di pratiche culturali già consolidate, beneficiando i giovani che hanno già un livello più elevato di capitale culturale, in particolare grazie al contesto familiare». In media i giovani utilizzano 257 euro dell’importo loro assegnato, soprattutto per l’acquisto di libri (tra 42% e 55%). I manga, le cui vendite sono salite alle stelle con il lancio del Pass, rappresentano oggi il 20% degli importi spesi in libri (contro il 40% nel 2021). Seguono il cinema (21%) e la musica (23%). Non sono state incentivate in modo significativo invece forme culturali meno diffuse, come la musica classica o il teatro (meno dell’1%).
La Corte ha anche scoperto che 16 milioni di euro sono stati «spesi indebitamente» per finanziare attività di «escape game» che «non avrebbero mai dovuto figurare fra le offerte» comprese nel Pass. La riforma del dispositivo appare necessaria e urgente: «Il mantenimento dello status quo sul Pass Cultura appare insostenibile». In un comunicato, il Ministero francese della Cultura, la cui responsabile è Rachida Dati, esponente della destra Repubblicana, ha assicurato di non aver atteso le critiche della Corte, ma di aver già cominciato a lavorare sull’evoluzione del dispositivo, che resterebbe «universale», senza escludere di «adattare l'importo del credito assegnato ai giovani in base alle loro risorse». La riforma del Pass Culture è attesa nel corso del 2025.
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