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Stefano Luppi
Leggi i suoi articoliBologna. Cento anni fa la contessa Nerina Armandi Avogli donò la prestigiosa Villa delle Rose, costruita nel secondo Settecento sull'antico Casino Cella e successivamente appartenuta anche alla famiglia Pepoli, la Comune di Bologna affinché vi fosse qui realizzata «Una galleria d'arte moderna». Nel 1925 l'edificio venne effettivamente aperto al pubblico con alcune opere d'arte, mentre una vera e propria esposizione completa si ebbe nel 1936. Nell'occasione lo studioso Guido Zucchini, il primo a dare piena esecuzione delle volontà della donatrice, espose numerose opere del XX secolo.
Ottanta anni dopo con la rassegna «Villa delle Rose 1936», a cura di Uliana Zanetti e Barbara Secci, visitabile fino al 31 ottobre, il MAMbo ridà una forma quasi completa a quell'esposizione (a parte l'assenza di alcune opere andate distrutte durante la seconda guerra mondiale). La ricostruzione del percorso espositivo, in undici sale per un centinaio di opere in totale (erano 207 in origine, di 128 artisti allora quasi per intero viventi), è stata agevolata da preziose fotografie (esposte). Il visitatore, quindi, può eseguire una carrellata sull'arte del XX secolo, individuando nelle varie sezioni lavori, tra gli altri di Gaele Covelli, Giuseppe Graziosi, Giovanni Masotti, Casimiro Jodi, Ludovico Lambertini, Emilio Notte, Ferruccio Scandellari, Cleto Tomba, Teodoro Wolf Ferrari. Questi i lavori delle prime sale nella mostra originaria. Seguono poi sale con opere di Luigi Cervellati, Ubaldo Magnavacca, Lorenzo Viani e soprattutto tre preziose acqueforti di Giorgio Morandi. Lavori anche di Filippo De Pisis, Carlo Corsi, Flavio Bertelli, Garzia Fioresi. Il catalogo che accompagna la mostra presenta forme «vintage» e ricostruisce le vicende delle origini della Galleria d'arte moderna bolognese attraverso saggi di Anna Maria Matteucci Armandi Avogli Trotti, Manuela Rubbini ed Elena Pirazzoli.

Giovanni Romagnoli, «Teletta [toeletta]», 1923-1925
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