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Stefano Luppi
Leggi i suoi articoliDi recente, nel presentare l’attività del decennale dell’apertura della Fondazione Gabriele e Anna Braglia di Lugano, il collezionista milanese Gabriele Braglia, già fondatore e presidente del gruppo farmaceutico svizzero Helsinn Advanced Synthesis, figlio di genitori che negli anni Sessanta a Milano frequentavano Lucio Fontana, Alberto Burri, Emilio Vedova, ha spiegato la genesi dell’importante raccolta: «A noi (la moglie Anna è scomparsa un decennio fa, Ndr) semplicemente piaceva e piace soddisfare gusti estetici, a prescindere da ragionamenti speculativi o dalle dinamiche capricciose del mercato dell’arte: Anna e io siamo sempre stati “complici” in un vigoroso rapporto contraddistinto dall’unanimità di gusti e scelte. Andando per gallerie e per musei, dopo visite che venivano ripetute più volte per un’analisi approfondita delle opere, all’uscita ci chiedevamo: “Quale opera rubiamo questa notte?”. Uno scherzo, ovviamente: Anna e io siamo sempre stati complici e profondamente gratificati dalla nostra collezione, dalla bellezza delle opere» (cfr. «Corriere Torino», 12 marzo ’25).

Mario Sironi, «Figura seduta», 1950 ca. Foto: Christoph Münstermann. © 2025, ProLitteris, Zurich

Pablo Picasso, «Jeune femme dans un café», 1898-99 ca. Foto: Roberto Pellegrini. © Succession Picasso / 2025, ProLitteris, Zurich
Un decennio fa la Fondazione Braglia, in un ampio spazio affacciato sul lago progettato dall’architetto asconese Carlo Rampazzi, iniziò a organizzare mostre per rendere nota la raccolta riunita dai coniugi Braglia in una cinquantina di anni: gli appuntamenti annunciati sono due in pochi mesi, a partire da «Da Sironi a Picasso. La Collezione Braglia», aperta fino al 19 luglio, cui seguirà, in autunno, una seconda rassegna dedicata a Paul Klee e all’Espressionismo tedesco, artisti e periodi anch’essi ben rappresentati nella collezione Braglia, «riassunta» ora anche nella mostra in corso.
Il percorso espositivo si apre con il primo acquisto, nel 1957, di «Figura seduta» di Mario Sironi (1885-1961) che il marito regalò ad Anna Braglia, cui segue una disamina per capi d’opera di Cubismo, Futurismo, Surrealismo, Espressionismo, fino alle acquisizioni più recenti, come il disegno di Pablo Picasso «Jeune femme dans un café», firmato con il nome del padre «Ruiz» e realizzato nel 1898-99 circa. Tra questi due «estremi» sono presenti, tra gli altri, lavori degli anni ’50: una natura morta del 1956 di Giorgio Morandi, la gouache su carta giapponese «Le traineau au clair de lune» di Marc Chagall, mentre risalgono al decennio seguente «Concetto spaziale, Attese» di Lucio Fontana e l’olio su tela «La recherche de l’absolu» di René Magritte. Gli esempi citati e il resto delle opere allestite in mostra prevengono dal nucleo di oltre 250 opere, realizzate anche da Giacomo Balla, Alberto Burri, Giuseppe Cesetti, Giorgio de Chirico, Fortunato Depero, Amedeo Modigliani, Mimmo Paladino, Gino Severini, Jean-Michel Basquiat, Fernando Botero, Christo, Salvador Dalí, Max Ernst, Fernand Léger, Joan Miró, Andy Warhol, cui si aggiungono una settantina di pezzi del pittore italo-sloveno Anton Zoran Music e di esponenti dell’Espressionismo tedesco, August Macke, Franz Marc, Alexej von Jawlenskji, Vasilij Kandinskji, Marianne von Werefkin, Emil Nolde, Ernst Ludwig Kirchner.

Marc Chagall, «Le traineau au clair de lune», 1959. Foto: Roberto Pellegrini. © 2025, ProLitteris, Zurich

René Magritte, «La recherche de l’absolu», 1966. Foto: Christoph Münstermann. © 2025, ProLitteris, Zurich