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Germano Sartelli, «Paglia e carta bruciata», 1973

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Germano Sartelli, «Paglia e carta bruciata», 1973

Germano Sartelli, un poeta della materia

Nel centenario della nascita il Museo di San Domenico, a Imola, riunisce una settantina di opere dell’artista che amava sperimentare con i materiali più eterogenei 

La produzione di Germano Sartelli (Imola, 1925-2014), pur da posizione defilata, mai aderente a un gruppo stilistico, è caratterizzata da una continua analisi di quel che accadeva in campo artistico e vede l’utilizzo di una vastissima gamma di materiali eterogenei che avvicinano il suo operato a quello di figure fondamentali nell’ambito dell’Astrattismo e dell’Informale, quali Alberto Burri (1915-95) e Jean Dubuffet (1901-85). L’uso di collage di foglie, frammenti di carta, stracci, addirittura ragnatele, mozziconi di sigaretta, paglie di varia foggia, oggetti fissati nella trasparenza del cellophane, del plexiglass o della vetroresina, ciocchi di legno, pezzi di vimini e fil di ferro, terre varie, lamiere lavorate, fanno di lui un grande sperimentatore che dalla provincia, attraverso un lento tirocinio, si proietta prima sulla scena regionale (la prima mostra emiliana è nel 1958 a Bologna, al Circolo di Cultura, presentato da figure eminenti come Maurizio Calvesi, Dino Gavina, Andrea Emiliani), anche grazie al trentennio di insegnamento, fino al 1980, presso l’atelier dell’ospedale psichiatrico «Luigi Lolli» di Imola, e poi su quella nazionale grazie al Premio per la Scultura nel 1962 del Ministero della Pubblica Istruzione e alla partecipazione alla XXXII Biennale di Venezia nel 1964. Sull’artista è molto attiva la casa-museo imolese (il cosiddetto «Casetto» in località Codrignano), di recente inserita nel novero delle «Case e studi delle persone illustri dell’Emilia Romagna» e gestita dalla figlia Marzia Orzi Sartelli

Ora, in occasione del centenario della nascita dell’artista, il Museo di San Domenico, sede di Imola Musei diretta da Diego Galizzi, dall’11 aprile al 13 luglio presenta la retrospettiva «Germano Sartelli. L’incanto della materia», a cura di Claudio Spadoni

Attraverso una settantina di opere la mostra dà conto dell’intera produzione dell’autore che Galizzi definisce «un poeta della materia e cacciatore di materiali trascurati», iniziata con i precocissimi collage risalenti alla seconda metà degli anni Cinquanta e giunta fino alle grandi sculture realizzate in corten e alle carte lavorate della sua ultima stagione. Il percorso inizia proprio con i primi lavori realizzati dopo aver frequentato, dal 1938 al 1944, il laboratorio di ebanisteria dell’intagliatore, pittore e scultore Gioacchino Meluzzi (1884-1953). Nella prima metà degli anni Cinquanta la ricerca artistica di Sartelli, sostanzialmente legata all’Informale, si sostanzia attraverso i primi assemblaggi composti da lamiera corrosa, lattine schiacciate, carte varie, materiali di recupero e anche mozziconi di sigaretta, lavori che gli valsero l’attenzione della critica fino appunto all’approdo a Venezia, nell’edizione curata dal medesimo Calvesi. Nello stesso periodo espone da De’ Foscherari di Bologna, che con L’Incontro di Imola è la sua galleria di riferimento, e inizia a realizzare i «ferri», allestiti lungo il percorso: si tratta di forme metalliche accartocciate e traforate cui Sartelli associa anche «nuovi» legati al mondo agricolo, come vimini, paglie e ciocchi di legno. All’inizio degli anni Settanta risale il trasferimento nell’eremo di Codrignano, nella valle del fiume Santerno, luogo dove l’artista approfondisce gli aspetti legati alla natura come fonte d’ispirazione per le sue opere, tenendola insieme alla precarietà dei materiali e dando così vita a uno studio della forma mai disgiunta da un senso estetico quasi innato. Tutti questi materiali portano alla realizzazione delle opere degli ultimi decenni di attività, come si vede nelle sale finali della mostra. 

Germano Sartelli, «Cartine di sigarette», 1959. Foto: Orselli

Germano Sartelli, «Foglie», 1959. Foto: Orselli

Stefano Luppi, 09 aprile 2025 | © Riproduzione riservata

Germano Sartelli, un poeta della materia | Stefano Luppi

Germano Sartelli, un poeta della materia | Stefano Luppi