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Redazione GdA
Leggi i suoi articoliAndrea Renzini (Venezia 1963), vive e lavora a Bologna. Per molti versi uno degli artisti più eclettici della propria generazione, ancora oggi sul crinale tra arte, moda, performance, sempre, in qualche modo, sfuggente.
I suoi esordi sono da rintracciare nella scena politica ed eversiva nei primi anni Ottanta, che lo ha visto collaborare, in una Bologna che ribolliva ancora degli accesissimi anni Settanta, alla rivista «Frigidaire», ed avvicinarsi alla scuola bolognese del fumetto.
Altrettanto importanti sono state le sue amicizie bolognesi con Andrea Pazienza ed il suo mondo del fumetto, Piero Manai e la sua pittura, Pier Vittorio Tondelli e la sua sagacia, in particolare «Pier Vittorio [era] un’intellettuale finissimo con una smodata esigenza di vivere in maniera pericolosa. Ho imparato tramite lui il senso dell’eccesso nel termine più alto».
Nel 2020 ha inaugurato la mostra «Turbo Surplus», ideata appositamente per il Museo della Musica, quest’ultima altro elemento centrale del suo lavoro. L’idea centrale del progetto consisteva, fondamentalmente, in un’installazione sonora composta da diversi aspirapolveri sincronizzati che aspiravano una singola nota attraverso un’armonica a bocca per un determinato intervallo temporale.
«Queste macchine aspiratrici attraggono dentro sé tutta l’aura della storia della musica e della tradizione. Essendo strumenti ormai obsoleti nella loro post-modernità, questi aspirapolveri nella loro funzione centrifuga attraggono a sé con potenza il futuro, che velocemente viene risucchiato verso il passato, trasformandosi in post-antico.
Il mio interesse per le macchine aspiratrici o aspirapolveri risale ai primi anni Ottanta, quando insieme a un gruppo di compagni dell’Accademia di Belle Arti formammo un ensemble di improvvisazione chiamato "I Ventriloqui", dove molti musicisti vennero coinvolti in performance di totale free caos senza alcunché di prestabilito. Io non essendo un musicista, ma solo un riflesso di esso, scelsi come strumento l’aspirapolvere, che rappresentava per me la potenza centrifuga che tutto attirava a sé: musica, vita vissuta, esperienze, polvere e specialmente rumore».
Negli ultimi anni l’artista ha reso sistemica la tattica dell’appropriazione indebita e del furto di oggetti, elementi e simbologie, soprattutto del mondo dei grandi marchi di moda, così come testimonia il suo account Instagram e la sua produzione in complicità con la compagna Silvia Spada.
CONTINENTE ITALIA
Una mappa dell'arte italiana nel 2021
Andrea Renzini © Jacopo Benassi
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