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Lidia Panzeri
Leggi i suoi articoliVenezia. Finalmente respirano e trovano un loro leggibile percorso le opere di Antonio Canova del Museo Correr di Venezia. Merito del progetto «Sublime Canova» che ha recuperato tre nuove sale, grazie al restauro finanziato dal Comitato Francese per la Salvaguardia di Venezia, presieduto da Jérôme Zieseniss e della Venice International Foundation, presieduta da Franca Coin, che ha provveduto al restauro delle opere per un importo complessivo di oltre 600mila euro.
Un impegno durato tre anni e una prova di efficienza organizzativa da parte dei Musei Civici Veneziani. Venerdì la festosa inaugurazione.
Il lato puramente estetico trova il suo apice nella seducente «Venere Italica», un gesso del 1811, in splendido isolamento. Ma, soprattutto, c’è una rilettura cronologica: dagli inizi , ancora sotto l’influenza barocca, con al culmine la disperazione di «Orfeo e Euridice» (1775-76); una sala dedicata al primo capolavoro giovanile il «Dedalo e Icaro» del 1777-79, una delle prime committenze veneziane e, infine, nella sala del trono il Canova maestro del Classicismo, esemplificato dell’«Amorino alato», un gesso del 1797. E ancora, gli scalpelli dello scultore conservati nel «Mobile Canova», uno scrigno dei tesori dell’artista, creato nell’Ottocento dal commerciante Domenico Zoppetti e ritrovato nei depositi.
A introduzione e a testimonianza del processo artistico canoviano, la sezione iniziale è dedicata ai disegni, compresi gli studi per le Tre Grazie, e ai bozzetti. I bassorilievi rappresentanti i miti greci, non più messi in sequenza, dialogano nelle varie stanze con le altre opere.
Tocco finale: il dono, da parte di Jérôme Zieseniss, del servizio da prima colazione creato per l’artista dall’argentiere parigino Jean-Baptiste Odiot nel 1810 circa.
Il colore del Canova? «Una delle sue infinite variazioni di bianco», puntualizza Daniela Ferretti, responsabile dell’allestimento.
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