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Luca Scarlini
Leggi i suoi articoliL’opera di Carlo Scarpa nei territori museali è uno degli aspetti più studiati dell’architetto veneziano. Le sue realizzazioni degli anni Cinquanta, a Palazzo Abatellis a Palermo e al Museo di Castelvecchio a Verona, hanno fornito un parametro su cui a lungo hanno discusso conservatori e studiosi.
Ora esce da Electa un approfondito volume di Gianluca Frediani (con un ampio corredo fotografico di Alessandra Chemollo), che analizza uno degli esiti più noti di questa sua fase di attività: la Gipsoteca Canoviana, a Possagno, in cui la creazione dialogava con la straordinaria collezione, che ha origine nella personale raccolta dell’artista.
Una visione dell’arte veneta viene quindi a declinarsi negli spazi nitidi, che ospitano marmi, gessi e bozzetti, rapinosi, particolarmente favoriti da coloro che, negli anni Cinquanta, volevano avallare l’idea di uno scultore che sapeva inserire brividi romantici nella più perfetta osservanza neoclassica, anche se Mario Praz, da tempo, aveva spiegato come in questa visione si celasse un sostanziale equivoco.
Le vicende di questo tempio canoviano, edificato da Francesco Lazzari tra 1834 e 1836, come ricostruisce Susanna Pasquali, sono state complesse. Le opere hanno dovuto affrontare anche i numerosi danni seguiti a un attacco tedesco nel corso della prima guerra mondiale: restano immagini fotografiche di gusto quasi surrealista che documentano i monconi delle opere, in uno scenario di distruzione. La costruzione di Scarpa venne inaugurata nel 1957, in occasione del bicentenario della nascita dell’artista.
Carlo Scarpa. La Gipsoteca Canoviana di Possagno, di Gianluca Frediani, 137 pp., Electa, Milano 2016, € 42,00

La copertina del volume
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