Massimiliano Cesari
Leggi i suoi articoliGianrico Carofiglio è nato a Bari nel 1961. È tra gli scrittori più amati dai lettori italiani. Prima di dedicarsi a tempo pieno alla scrittura, ha ricoperto per diversi anni l’incarico di sostituto procuratore antimafia presso il Tribunale di Bari, attività da cui ha tratto molto per i suoi romanzi con i casi dell’avvocato Guerrieri e per i polizieschi che vedono protagonista il maresciallo dei carabinieri Pietro Fenoglio, un piemontese in servizio nel Sud delle mafie.
Nel 2007 è nominato consulente della commissione parlamentare antimafia e dal 2008 al 2013 è stato senatore della Repubblica. Nel 2002 esordisce come scrittore con il romanzo Testimone inconsapevole, edito da Sellerio. Oltre ai romanzi, è autore di saggi come il recente Della gentilezza e del coraggio. Breviario di politica e altre cose (Feltrinelli, 2020). Premio Strega 2020 con il libro La misura del tempo (Einaudi, 2019); l’ultimo lavoro, uscito nel gennaio 2021, è il giallo La Disciplina di Penelope (Mondadori).
Gianrico Carofiglio, da profondo conoscitore del Sud, e soprattutto della Puglia, che cosa pensa di questa «rinascita» che la Regione sta vivendo?
Ormai da una quindicina di anni la Puglia conosce un periodo di rinascita soprattutto culturale. Naturalmente ci sono luci e ombre: la letteratura, il cinema e anche la musica hanno forse il loro periodo migliore; diverso e meno positivo il discorso per le arti visive. Nulla però si può dare per scontato in questi processi: sono necessarie attenzione, vigilanza e sensibilità da parte delle amministrazioni.
Prima di fare lo scrittore è stato magistrato e politico. Si può dire che conosca bene la realtà in cui viviamo. Pensa che la cultura possa attivare processi virtuosi?
Penso che tutto si tenga. Certo la cultura può attivare processi virtuosi, ma al tempo stesso è necessario un buono stato di salute delle amministrazioni, delle imprese, delle istituzioni culturali. È il sistema nella sua interezza e complessità che deve funzionare.
Qual è il compito della politica nelle strategie culturali messe in atto?
Accompagnare, favorire la creatività e le intelligenze evitando il più possibile le invasioni di campo.
La Puglia è da molti considerata un’oasi felice fra le regioni del Sud. In che cosa si può ancora migliorare?
Credo sia necessario un migliore equilibrio fra grandi eventi e lavoro sui territori e sulle realtà periferiche.
La cultura può riscattare un territorio?
La cultura da sola non basta, anche se singoli fenomeni possono fare da traino a un rinnovamento generale. Perché la cultura possa svolgere un ruolo nel complessivo miglioramento di un territorio è necessario che funzionino anche le imprese e i pubblici poteri.
Lei partecipa sempre molto volentieri ai numerosi festival letterari che, soprattutto d’estate, si tengono in Puglia. Ritiene che tali iniziative siano importanti?
Premesso, come diceva lei, che a me i festival piacciono e mi piace partecipare agli eventi, non c’è dubbio che si tratti, quando funzionano, di momenti significativi per il senso di coesione culturale di un territorio e, al tempo stesso, per la sua apertura verso l’esterno.
L’importante passato di regioni come Puglia e Basilicata può lasciare spazio ai linguaggi contemporanei nelle arti?
Senza dubbio. Soprattutto nelle arti visive, per le quali c’è molto da fare.
In un futuro prossimo, che cosa le piacerebbe trovare in queste regioni che oggi ancora non c’è?
Mi piacerebbe ci fossero più spazi espositivi (e occasioni) dedicati alla pittura e alle arti visive in genere.
Vista la crescita a doppia cifra di visitatori in queste regioni, è ancora possibile pensare a una fruizione sostenibile di risorse come il paesaggio, l’ambiente e il patrimonio storico artistico di questi luoghi?
Credo di sì. Sono necessari un decentramento intelligente e la scoperta progressiva dei territori e delle realtà ambientali meno conosciute. La loro valorizzazione consente di evitare la congestione delle località più conosciute e frequentate.
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