Fotografia dalla serie «I Travestiti» (1965-70) di Lisetta Carmi, Martini & Ronchetti

Cortesia Archivio Lisetta Carmi

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Fotografia dalla serie «I Travestiti» (1965-70) di Lisetta Carmi, Martini & Ronchetti

Cortesia Archivio Lisetta Carmi

Che ruolo ha avuto la fotografia nelle battaglie femministe?

Opere prodotte da più di 70 autrici, oggi nella Collezione Donata Pizzi, sono in mostra a Ravenna (Fondazione Sabe) e a Oslo (Fotogalleriet)

Alla Fondazione Sabe per l’arte, diretta da Pasquale Fameli, è aperta, fino a metà dicembre«Fotografie e Femminismi», mostra a cura di Federica Muzzarelli. Realizzata in collaborazione con l’Università di Bologna all’interno del progetto di ricerca Prin «Fotografia femminista italiana», l’esposizione esplora il ruolo cruciale che la fotografia ha svolto nel documentare e alimentare le battaglie per i diritti delle donne dagli anni ’70 fino a oggi. La mostra, suddivisa in quattro nuclei tematici principali («Album di famiglia», «Identità di genere», «Stereotipi e spazi domestici», «Ruoli e censure sociali»), riunisce una selezione di opere provenienti esclusivamente dalla Collezione Donata Pizzi. Iniziata nel 2013, e composta da opere fotografiche prodotte da più di 70 fotografe, la collezione, unica nel suo genere, si è rapidamente affermata come un archivio fondamentale per comprendere il ruolo delle donne nella fotografia e nel femminismo, anche grazie a pubblicazioni, come l’iconico volume collettivo femminista Ci vediamo mercoledì e gli altri giorni ci immaginiamo (1978). «Pensavo di voler fare qualcosa per la fotografia italiana, e poi mi sono resa conto che le immagini che mi colpivano di più erano quelle create da fotografe». 

Le opere in mostra includono lavori di figure iconiche come Letizia BattagliaPaola MattioliTomaso Binga, artiste che hanno contribuito a ridefinire il ruolo delle donne nella società italiana e hanno documentato momenti cruciali delle battaglie per i diritti civili. Lisetta Carmi, in particolare, con il suo progetto «I Travestiti», ha affrontato temi considerati tabù negli anni '60 e '70, ritraendo con grande rispetto le vite dei transessuali a Genova. Le sue immagini, censurate all'epoca, oggi sono riconosciute come importanti documenti storici e sociali, capaci di sfidare apertamente le convenzioni morali dell'epoca.

«La mia collezione non è solo una raccolta d’arte, è un atto di militanza per dare voce a discorsi spesso dimenticati», afferma Pizzi. Negli anni ’70, la fotografia ha offerto alle donne la possibilità di raccontare le proprie storie da una prospettiva intima e radicale, rompendo con le narrazioni dominate dagli uomini e immortalando proteste, azioni collettive e momenti di ribellione che altrimenti sarebbero rimasti invisibili. «La fotografia è stata importantissima per questi movimenti... era un mezzo veloce e diretto per imprimere la realtà, soprattutto per donne che, in quel periodo, non avevano altri spazi in cui far sentire la propria voce».

Oltre all’esposizione di Ravenna, una selezione di opere della Collezione Pizzi sarà presentata a Oslo, presso Fotogalleriet, all’interno del progetto «La Passione» di Marianne Heier. Parlando dell’importanza di portare queste opere all'estero, Antonio Cataldo, attuale Preside dell’Accademia d’Arte di Oslo e direttore artistico di Fotogalleriet, ha commentato: «Portare il femminismo italiano in Norvegia è stato essenziale per mostrare come queste lotte abbiano ancora molto da insegnare anche in contesti apparentemente progressisti come i paesi scandinavi».

Entrambe le mostre non si limitano a un viaggio nel passato, ma guardano anche al futuro, mostrando come le nuove generazioni continuino a esplorare e reinventare la fotografia. Tra i nomi più promettenti spiccano Silvia RosiIrene Fenara e Giulia Iacolutti, solo per citarne alcune.

La collezione di Donata Pizzi, che ha ricevuto il riconoscimento ufficiale dell’Università di Bologna, dimostra quanto sia prezioso il lavoro di collezioniste illuminate in grado di preservare e dare visibilità a patrimoni culturali spesso trascurati. Questo riconoscimento sottolinea il valore di una collezione che non è solo un tributo alla storia della fotografia italiana, ma un invito a riflettere sulle sfide future, dimostrando che la lotta per i diritti delle donne è ancora in corso e che l'arte rimane un mezzo potente per raccontare e trasformare il mondo.

«Oggi Spose» (1977) di Tomaso Binga. Foto: Roberto Bossaglia

Maquette da «Ci vediamo mercoledì. Gli altri giorni ci immaginiamo» (1978) di Diane Bond

Rischa Paterlini, 31 ottobre 2024 | © Riproduzione riservata

Che ruolo ha avuto la fotografia nelle battaglie femministe? | Rischa Paterlini

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