«A Universe of One» (2018) di María Berrio, New York, Whitney Museum of American Art (particolare)

© María Berrio

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«A Universe of One» (2018) di María Berrio, New York, Whitney Museum of American Art (particolare)

© María Berrio

Com’è cambiata la rappresentazione del paesaggio negli ultimi 70 anni

Oltre 120 opere di 80 artisti chiariscono che le interpretazioni del genere non sono affatto innocue, ma reagiscono a evoluzioni e involuzioni del mondo che li circonda

Come cambiano le rappresentazioni del paesaggio quando cambia il mondo intorno agli artisti che creano tali rappresentazioni? Prova a rispondere a questa domanda una nuova mostra del Whitney Museum of American Art allestita dal primo novembre a gennaio 2026. Intitolata «Paesaggi mutevoli», la rassegna mette in discussione le nozioni convenzionali di arte paesaggistica attraverso 120 opere di oltre 80 artisti, tratte perlopiù dalla collezione del museo. Tra le gallerie sono esposte opere di, tra gli altri, Firelei Báez, Jean-Michel Basquiat, Jane Dickson, Gordon Matta-Clark, Amalia Mesa-Bains e Purvis Young, molte in mostra al Whitney per la prima volta. 

Spaziando dagli anni Sessanta ad oggi, le opere esaminano l’impatto delle forze politiche, ecologiche e sociali sulle interpretazioni artistiche di terra e luogo, affrontando fenomeni come l’industrializzazione e i suoi impatti, la geopolitica e i conflitti, ma includendo anche una concezione dello spazio più personale e intima, fino alle rappresentazioni di spazi immaginari. Insieme, le opere raccontano come gli artisti nel corso degli ultimi settant’anni hanno reagito alle evoluzioni e involuzioni del mondo che li circonda. 

Organizzata tematicamente, «Shifting Landscapes» esplora i diversi significati racchiusi nel concetto di paesaggio, soffermandosi su alcune delle preoccupazioni contemporanee che frequentemente emergono nei lavori degli artisti selezionati. C’è l’analisi della crisi ambientale e delle conseguenze delle azioni umane sul mondo naturale; c’è l’esplorazione dei confini politici e del modo in cui gli artisti visualizzano questi confini e vivono le divisioni tra territori, comunità e individui; infine, ci sono gli spazi della mente, costruiti e ricostruiti attraverso interpretazioni che invitano lo spettatore a riconsiderare la propria percezione della realtà. Molto spazio alla fotografia con cui gli artisti scelti documentano fenomeni ambientali e sociali. 

L’attualità e la storia diventano coprotagoniste di una mostra che, attraverso rappresentazioni del paesaggio, diventa un’esplorazione del nostro tempo e delle sue problematiche. Il paesaggio smette così di essere luogo idilliaco e idealizzato, astratto rifugio romantico, e diventa invece spazio vivo e in trasformazione. La rassegna conferma l’attenzione del museo ai temi ecologici, già evocati nella mostra, in corso all’ultimo piano del Whitney fino a gennaio 2025, «Survival Piece #5: Portable Orchard», che riproduce il progetto di frutteto itinerante creato dalla coppia Helen e Newton Harrison nel 1972.

«Fire (America) 3» (2016) di Teresita Fernández, Whitney Museum of American Art, New York. © Teresita Fernández

Maurita Cardone, 30 ottobre 2024 | © Riproduzione riservata

Com’è cambiata la rappresentazione del paesaggio negli ultimi 70 anni | Maurita Cardone

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