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Adrian Dannatt
Leggi i suoi articoliIl 16 marzo un centinaio di artisti, scienziati, filosofi e «visionari» da tutto il mondo si sono imbarcati a Ushuaia in Argentina, sulla nave di ricerca «Akademik Sergey Vavilov», per una folle spedizione artistica: l’Antarctic Biennale.
Una biennale tra i ghiacci, perché l’Antartide «è l’ultimo spazio veramente libero e un modello per il futuro». Per Alexander Pomarev, il sessantenne artista, poeta, esploratore ucraino che ha promosso la prima Antarctic Biennale, «l’Antartide è il continente che può incoraggiare le persone a pensare al futuro dell’umanità e della cultura, offrendo l’opportunità di creare nuovi modi per vedere la vita nel nostro pianeta». La navigazione, durata 12 giorni, ha coperto circa 4mila km. Durante gli sbarchi gli artisti hanno dato vita a una ventina di progetti, allestendo esposizioni, performance, installazioni e spettacoli. Con loro il nostro collaboratore Adrian Dannatt.
Ecco una pagina del suo diario
Martedì 21 marzo 2017: Brutale altoparlante alle 7; nebbia ora sollevata, si può vedere l’azzurra Penisola Antartica, IMPONENTE catena di montagne, le dimensioni sono sorprendenti, lo sfumato dell’insieme, il ghiaccio e il velo di foschia tra le cime. E dalla parte opposta l’Isola di Petermann dal nome del geografo tedesco venuto qui nel 1874…Grande eccitazione per le nostre prime megattere, la parte bianca delle loro grandi pinne sbatte sulla superficie del mare all’ultimo, grandi spruzzi d’acqua dalle loro narici, certamente si sono mostrate per noi, sapevano che c’eravamo, una chiazza di acqua calma e luccicante sopra di loro, poi la loro emersione, la lentezza e l’ampiezza del loro arco.
Fuori sull’ultimo gommone Zodiac che scoppietta verso l’Isola di Petermann, finalmente lo sbarco sul suolo antartico per vedere le nostre prime opere d’arte! Strani colori, rosso fangoso, non solo guano di pinguino colorato dal krill, ma alghe arancioni tra il ghiaccio, che sembrano campi fioriti. Arriviamo tra le rocce con pinguini tutto intorno a noi, a loro non potrebbe importare di meno, traballano verso di noi reclinando la testa per emettere gridi bizzarri. Certamente il più affascinante degli animali, come bambini adorabili a parte la PUZZA del loro schifoso guano, quel tanfo insopportabile non viene mai menzionato. Tanti scheletri, uno con entrambe le ali intatte, «Nato nella merda, morto nella merda» borbotta Kas (Kaspersky, il mecenate del viaggio, fondatore di Kaspersky Cyber Security). Sembra siano animali sociali e che si suicidino, andando a morire dove non troveranno né cibo né rifugio. Sorprendente rendersi conto come questi pinguini non sappiano quanto sono famosi; nessuno di loro ha mai sentito parlare dei Penguin Books né è mai entrato in una libreria, sono totalmente inconsapevoli del loro status letterario, della loro reputazione globale.
Quest’isola è stata abitata da Jean-Baptiste Charcot, figlio del famoso maestro di Freud, Charcot, l’inventore dell’isteria femminile, che in modo decisamente appropriato ha battezzato il nostro porto d’attracco Port Circumcision. Charcot figlio era una figura impeccabile, il gentleman del Polo che battezzò la sua nave «Pourquoi Pas?» e fu visto l’ultima volta mentre affondava aprendo la gabbia del suo canarino. Nel lontano 1909 la spedizione di Charcot passò qui l’inverno contando le coppie di pinguini; c’erano 925 coppie di Adélie e 56 coppie di Gentoo, mentre nell’ultimo censimento del 2009 c’erano 269 Adélie e più di 3mila Gentoo. …Poche foche sulle rocce, due che combattono, rivolgendosi versi e boccacce, ringhiando, scrutandosi a vicenda, giovani maschi combattivi.
La nostra prima «Antarc-art», «Glaciators» opera dell’argentino Joaquín Fargas, veicoli robot artigianali che sferragliano sul ghiaccio come giocattoli di Meccano per il divertimento di alcuni pinguini. E poi una grande sorpresa: il robusto giovane artista russo Andrey Kuzkin improvvisamente si spoglia completamente nudo, in posizione di verticale con la testa conficcata nella terra ghiacciata, i piedi per aria. Ha scavato da solo una buca per la testa, ha respirato con un boccaglio ed è rimasto in quella posizione un bel po’, almeno dieci minuti: una visione forte, scioccante in questo dannato paesaggio. La performance fa parte della serie «99 Landscapes with a Tree», iniziata nel 2010 in parte come omaggio al padre scomparso che aveva creato una litografia dallo stesso titolo. Kuzkin, che si esibirà come albero umano nudo novantanove volte in tutto il mondo, è già stato arrestato davanti alla torre del Big Ben a Londra. In effetti «Big Ben» è un soprannome appropriato per Kuzkin considerando le impressionanti dimensioni del suo pene in questo clima gelido. Davvero Port Circumcision! Applausi entusiasti, pinguini che sbattono le ali, quindi finalmente viene giù, il corpo blu dal freddo ma per il resto raggiante, tremando forte dopo la sua spaventosa performance. Un bel contrasto con l’assai schivo uovo in pvc portato fin qui dalla Cina da Xhang Engli, a sua volta soprannominato «The Egg Man».
Al momento di sbarcare gli artisti sono sempre i primi perché questa è «Ant-arctic», l’altra parte del mondo dove tutto è al contrario: nel mondo reale gli artisti sono sempre ultimi.
Fuori col nostro Zodiac per vedere Julius von Bismarck con il suo pesce-globo, ma gli è stato vietato di usare la carpa koi che aveva comprato online e spedito a Ushuaia (il porto argentino di partenza). Non gli è stato permesso di introdurre pesci «stranieri» in queste acque, nemmeno se contenuti nella loro boccia!
Laggiù sul ghiaccio Shama con il sitar sta cantando il suo singolo «Ships in the Night», seguita da Lou Sheppard dal Canada, che sfoggia un elegante papillon per la prima mondiale del suo «Requiem for Antarctic Coastline» ispirato al disegno di questa stessa linea di costa che abbiamo di fronte. Sembra che le foche stiano giocando tra loro al suo ritmo, una totalmente fuori tempo, sdraiata sul dorso, sbatte oziosamente le pinne.
Molto freddo all’ora in cui torniamo a bordo, puntando diritti al Canale di Lemaire, noto per le alture spettacolari. Risulta anche bloccato dal ghiaccio; ormeggiamo così vicino al più sorprendente degli iceberg con un cerchio perfetto all’interno, come in una scena wagneriana, un Ponte dei Sospiri scolpito a mano. Dal ponte assistiamo a proiezioni, direttamente sul nostro iceberg, del media artist Alexis Anastasiou. E poi il fascio di luce bianca della prua della nave, ogni iceberg come una star che si esibisce contro il nero del mare, illuminata dal fascio di luce mentre ci allontaniamo nella notte gelida. Saliamo sul ponte superiore solo per vedere questo duro e bianco coltello di luce fendere l’oceano nero assoluto davanti a noi. Mi addormento alle 10.30, sopraffatto dalla meraviglia delle balene.
Il diario completo è pubblicato sul sito www.theartnewspaper.com