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Basel Social Club ospita gallerie, spazi per progetti, film e performance, oltre a ristoranti pop-up, bar e persino una sala per discoteca. Doto David Owens

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Basel Social Club ospita gallerie, spazi per progetti, film e performance, oltre a ristoranti pop-up, bar e persino una sala per discoteca. Doto David Owens

Diario da Art Basel 2023

Reportage in aggiornamento da Basilea, giorno 3: nel nuovo spazio culturale a Basilea il programma artistico pop-up del Basel Social Club precede un’importante iniziativa di riqualificazione della città

Kabir Jhala, Anny Shaw

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GIORNO 3 | Nel nuovo spazio culturale a Basilea il programma artistico pop-up del Basel Social Club precede un’importante iniziativa di riqualificazione della città
di Kabir Jhala

Mentre i potenti in città per Art Basel si contendono ancora la corte del lussuoso Hotel Les Trois Rois a cinque stelle, dall’altra parte del fiume un gruppo «più cool» si riunisce al Basel Social Club (BSC), organizzazione commerciale di eventi e arti a ingresso libero che si è insediata per questa settimana in una vasta ex fabbrica di maionese, a 20 minuti a piedi a nord della Messeplatz. BSC è stata lanciata l’anno scorso da un gruppo di galleristi, artisti e curatori, che hanno allestito un programma in una villa degli anni Trenta nel sud della città, in concomitanza con Art Basel.

Per la sua seconda edizione, le operazioni si sono notevolmente ingrandite: su cinque piani di stanze cavernose con pareti di cemento grezzo, più di 100 gallerie commerciali e spazi progettuali espongono opere, quasi tutte in vendita. Le opere variano in modo impressionante per dimensioni e prezzo, dai lavori xilografici e su corde di Sara Gruetter, esposti dall’associazione no-profit Kasko di Basilea, alla mega-galleria Hauser & Wirth che offre una scultura sospesa di Pipilotti Rist per 60mila dollari, alla galleria Knoell di Basilea che presenta un grande dipinto di A.R. Penck. Accanto all’arte c’è un programma di film e performance, oltre a ristoranti pop-up, un bar e una sala per nightclub.

L’ambiente della fabbrica
Lo stabilimento di 12mila metri quadrati che BSC occupa temporaneamente era, fino a poco tempo fa, di proprietà di Nestlé Svizzera. Lo scorso dicembre, il 75% del sito è stato acquistato da KULTQuartier Immobilien, una società fondata a Basilea lo scorso anno dai fratelli svizzeri Corinne, Dominik e Gabriel Eckenstein. Da allora hanno ceduto i diritti di costruzione al promotore immobiliare Franck Areal; gran parte dell’edificio principale sarà trasformato in uno spazio culturale permanente incentrato sulla danza contemporanea e sulle arti dello spettacolo. «A Basilea mancano luoghi culturali all’avanguardia per le forme d’arte meno tradizionali, quelle in grado di attirare i giovani», afferma Corinne Eckenstein. In qualità di direttrice di un teatro di danza a Vienna che si rivolge a un pubblico giovane, è particolarmente interessata ad ampliare l’impegno nelle arti: «Abbiamo musei di livello mondiale e un teatro fantastico, ma la danza sperimentale e le arti performative hanno bisogno di maggiori investimenti».

I progetti attuali per la sede includono sale per spettacoli multipli convertite dai silos dell’edificio e spazi residenziali per artisti internazionali. Eckenstein afferma che probabilmente si affiancherà un programma di arti visive, poiché «la fusione delle discipline artistiche ha molto senso». Secondo uno dei promotori, Pascal Biedermann, il progetto richiederà dai «sette ai nove anni» per essere completato. Lo descrive come un «partenariato pubblico-privato» con il Cantone di Basilea, che probabilmente a un certo punto fornirà i finanziamenti. Sia Biedermann che Eckenstein si rifiutano di fornire un budget o di rivelare il prezzo di acquisto del sito.

Il progetto Rheinhattan
Il progetto fa parte di Klybeckplus, un piano di rigenerazione più ampio lanciato dal Cantone di Basilea nel 2016 per riqualificare il quartiere fluviale di Klybeck, associato all’industria farmaceutica di Basilea, leader mondiale, e ai suoi porti di navigazione. Negli ultimi decenni, diverse aziende hanno ridotto le loro attività o si sono trasferite parzialmente all’estero, facendo cadere in disuso alcuni edifici. «La maggior parte di queste ex fabbriche e magazzini sono stati trasformati in grattacieli o distrutti. È estremamente raro trovare qualcosa di queste dimensioni a Basilea», afferma Eckenstein. I nuovi piani per il quartiere prevedono la costruzione di alloggi per 8.500 persone, di cui circa un quarto a prezzi accessibili. Saranno costruiti anche dodici grattacieli, che la gente del posto ha soprannominato «Rheinhattan». Secondo Biedermann, lo scopo del progetto è in parte quello di contribuire a cambiare l’immagine di Basilea da «città un po' sedentaria e conservatrice».

«Il nostro programma è un segno di ciò che è possibile per uno spazio come questo a Basilea», afferma Robbie Fitzpatrick, gallerista parigino che è uno dei membri fondatori del BSC. Gli Eckenstein hanno concesso a BSC l’uso completo e gratuito del sito questa settimana, un gesto che è stato senza dubbio ripagato dall’affluenza di pubblico in un luogo precedentemente sconosciuto a molti frequentatori abituali di Art Basel. Non è difficile capire perché Basilea tragga vantaggio dall’investimento in un progetto che, almeno aneddoticamente, aiuta la città ad apparire vivace e cool: «Basilea ne aveva davvero bisogno, soprattutto dopo che la fiera Liste ha cambiato sede», afferma l’artista Matt Copson, che espone un’opera al BSC. Alcuni visitatori sottolineano inoltre che, nonostante l’estetica fai-da-te, l’organizzazione e le strutture, così come l’arte esposta, sono molto professionali. «Questo potrebbe sembrare uno squat party, ma si vede che è finanziato con soldi svizzeri: i bagni sono così puliti. In Belgio avremmo orinato in un buco nel pavimento», dice Damîen Bertelle-Rogier, gallerista di Bruxelles.

«Riscaldare» Basilea
Le promesse di un nuovo entusiasmante capitolo culturale arrivano mentre Art Basel aumenta gli sforzi per rendere la città un «luogo più accogliente», dialogando direttamente con alberghi e ristoranti per abbassare le tariffe durante la settimana della fiera, ha dichiarato Noah Horowitz, amministratore delegato della fiera, in un’intervista del mese scorso a The Art Newspaper. «Ci sono sempre state lamentele sul fatto che la settimana di Art Basel sembra un po’ morta dopo il mercoledì, dopo che tutti i grandi collezionisti se ne sono andati», dice Peter Steinmann, fondatore dell’organizzazione artistica Space 25 di Basilea. «Mantenere le cose in corso fino alla fine della settimana incoraggia la gente a rimanere. E se si riesce a rendere la città divertente tutto l’anno, ovviamente questo è ancora più redditizio».

Se Basilea si è a lungo vantata di essere la capitale culturale della Svizzera, mantenere o addirittura aumentare il suo profilo e diversificare il suo pubblico appare sempre più essenziale. La scena artistica della rivale di lunga data Zurigo continua a crescere, mentre la fiera inaugurale Paris+ par Art Basel ha sollevato la preoccupazione che il prestigio culturale di Basilea stia diminuendo. Gli abitanti del luogo affermano che iniziative come BSC non sono emerse all’improvviso, ma rappresentano piuttosto il modo in cui gli interessi pubblici incontrano sempre più spesso una scena artistica contemporanea esistente ed entusiasmante. Molti basilesi fanno riferimento al locale no-profit Salts, fondato nel 2009, come esempio di spazio locale che mette in scena l’arte contemporanea emergente. Alcuni identificano anche uno scatto della scena artistica contemporanea della città circa sette anni fa, dopo che una manciata di gallerie commerciali, come Weiss Falk, ha iniziato ad aprire intorno a Rebgasse.

Altri affermano che dopo la pandemia la città ha una nuova energia, con diversi programmi e spazi aperti negli ultimi 18 mesi. Tra questi, lo spazio espositivo sperimentale Civic, annesso all’Accademia di Arte e Design di Basilea e fondato dalla curatrice Matylda Kryzkowsky. Indicando la folla gremita al BSC, riunita mercoledì sera per assistere a una performance del musicista Mykki Blanco, Kryzkowsky afferma: «La metà di queste persone sono del posto: studenti d’arte e artisti professionisti. In questa città c’è una grande scena artistica contemporanea che la gente tende a trascurare». Alla domanda sul perché di questa situazione, lei risponde: «Gli svizzeri sono piuttosto silenziosi su questo genere di cose. Forse ora dovranno esserlo di meno».

GIORNO 2 | Vendite caute ad Art Basel: seppur affollata, le opere del mercato secondario in fiera tardano ad essere vendute, mentre il commercio d’arte affronta un palese riassestamento
di Anny Shaw
«Nessuno sapeva cosa aspettarsi da questa settimana», ha dichiarato Noah Horowitz, nuovo amministratore delegato globale di Art Basel, al The Art Newspaper durante la prima giornata di anteprima VIP della fiera, martedì scorso, sottolineando che i risultati contrastanti delle aste primaverili a New York del mese scorso avevano indicato un «vero e proprio reset» del mercato. Poche ore dopo l’apertura della fiera ai suoi collezionisti più eccellenti, Horowitz ha osservato «un’energia eccezionale» in campo. La domanda è, però, se questa energia si stia traducendo in vendite: le voci parlano di affari «leggermente difficili» e «non così buoni come si sperava».

Alla fine di martedì, le vendite confermate ammontavano a una stima prudenziale di 245 milioni di dollari, sebbene questa cifra includa anche le opere prevendute ai collezionisti nelle settimane precedenti la fiera. Sei delle principali gallerie hanno totalizzato almeno 175 milioni di dollari di questo totale, con Hauser & Wirth che da sola ha dichiarato un minimo di 57 milioni di dollari di vendite. Gagosian ha mantenuto il riserbo sulle singole vendite, ma una fonte ben piazzata afferma che il primo giorno sono stati venduti circa 70 milioni di dollari di opere, di cui 30 milioni tramite un documento di anteprima di 102 pagine inviato ai clienti. La galleria ha rifiutato di commentare.

Le notizie di vendita sono continuate ad arrivare nel secondo giorno di VIP, tra cui «Stranger #95» (2022) di Glenn Ligon, venduto a 2 milioni di dollari da Hauser & Wirth, e un primo dipinto a più pannelli dell’espressionista astratta statunitense Joan Mitchell, valutato 14 milioni di dollari, che Pace ha venduto a un collezionista privato statunitense. La galleria non ha voluto commentare l’anticipo con cui si è piazzata l’opera. Il presidente di Pace, Samanthe Rubell, afferma: «La preparazione della fiera richiede un enorme impegno. Dobbiamo bilanciare l’interesse dei nostri attuali collezionisti, che sanno cosa porteremo in fiera, con il desiderio reale di avere il maggior numero di opere disponibili alla sua apertura».

Nonostante l’energica apertura di Art Basel, descritta dal direttore operativo di Gagosian Andrew Fabricant come «la più affollata degli ultimi anni», ci sono evidenti segni di tensione sul mercato. Proprio la settimana scorsa si è diffusa la notizia che l’eurozona è scivolata in recessione, mentre il mese scorso la banca centrale statunitense ha alzato i tassi di interesse al livello più alto degli ultimi 16 anni. Ma l’impatto di questi venti contrari sul commercio d’arte è complesso, in quanto i numerosi sotto-mercati, tra loro strettamente collegati, che compongono il «mercato dell'arte» sembrano reagire in modo diverso.

Blue chip in rialzo?
La capacità di preservare il loro valore nel tempo, di solito, spinge gli acquirenti a orientarsi verso artisti più collaudati. Come osserva la consulente d’arte Nilani Trent, che si trova a Basilea questa settimana, «un cambiamento nella fiducia dei consumatori» sta portando a dirottare il denaro verso diversi settori del mercato. «Per molti anni il denaro è confluito nei mercati speculativi degli artisti, mentre in momenti come questo i collezionisti vedono un valore più a lungo termine in mercati consolidati come quello di Warhol». Art Basel è sempre stata un paradiso per l’arte più «blue chip» e nomi come Picasso, Richter, Basquiat, Calder e Bourgeois sono, come sempre, degli habitué di questa settimana, anche se molte opere si stanno rivelando più lente da vendere.

Il pezzo più costoso segnalato alla fiera, un dipinto di Rothko del 1955 dai toni del tramonto, offerto da Acquavella Galleries (di proprietà dal magnate americano Steve Wynn) ad un prezzo di 60 milioni di dollari, è rimasto invenduto al momento in cui si scrive. La direttrice di Acquavella, Esperanza Sobrino, osserva che la tela, già nella collezione dei coniugi Paul Mellon, è «l’opera più costosa che abbiamo portato ad Art Basel negli ultimi anni». Perché ora? «Il mercato secondario funziona in modo diverso, non si può scegliere», spiega. «Quest’opera ci è stata consegnata nelle scorse settimane e il nostro cliente voleva che la piazzassimo al più presto». Secondo Trent, ci vuole molto più tempo per piazzare i lavori del mercato secondario con i clienti. Gli affari che prima concludeva «in una settimana circa, in attesa della visione», ora «si trascinano per diverse settimane con un sacco di tira e molla tra acquirente e venditore».

Scarsa offerta
Secondo la gallerista svizzera Dominique Lévy, la scarsità di materiale è un altro dei fattori che incidono sul mercato secondario, in quanto i venditori prudenti si tengono stretti i loro prodotti. Alla fiera di quest’anno, «alcune [gallerie] hanno fatto sforzi eccezionali per portare opere fresche, di alta qualità e a buon prezzo», mentre altre «hanno scelto di portare sul mercato opere già viste e conosciute», afferma. «È una storia di due città». In quest’ultimo campo si trova un Picasso venduto per 9,9 milioni di dollari da Sotheby's a novembre, che viene offerto da Landau Fine Art per 25 milioni di dollari.

Gagosian sta vendendo «Untitled III» (1978-80) di Willem de Kooning per una somma non rivelata (in questo momento); anch’esso è stato messo sul mercato l’ultima volta a novembre, ma è rimasto invenduto da Christie’s, a fronte di una stima di 35 milioni di dollari. Hauser & Wirth è riuscita a fare un rapido dietrofront con «Spider IV» (1996) di Louise Bourgeois, venduto per 22,5 milioni di dollari nel giorno di apertura della fiera dopo aver raggiunto 16,5 milioni di dollari da Sotheby's a Hong Kong nell’aprile 2022. Lévy rileva un «chiaro riassestamento» del mercato, soprattutto dopo le aste di maggio a New York, che sembrano aver ridotto la spesa degli acquirenti statunitensi. Gli osservatori hanno notato la presenza di pochi americani alla fiera, anche se i clienti asiatici sono molto presenti. «Il mercato di Art Basel è come tutti gli altri mercati: reagisce e si adegua», aggiunge Lévy.

Aumentano le vendite private
Un altro segno che il mercato sta diventando sempre più sensibile ai prezzi è la crescita delle vendite private rispetto alle aste pubbliche. In occasione della fiera, la galleria David Zwirner ha annunciato che non pubblicherà più i prezzi delle vendite sul mercato secondario. «Credo che sia responsabilità della galleria curare gli interessi dei nostri mittenti», ha dichiarato Zwirner. «Abbiamo la responsabilità nei confronti dei nostri clienti di dare valore alla loro privacy e di apprezzare quando scelgono di vendere attraverso la galleria piuttosto che portare le opere all'asta». Una portavoce della galleria afferma che gli affari nel primo giorno VIP sono aumentati di oltre il 30% rispetto all’anno scorso; le vendite hanno raggiunto un minimo dichiarato di 17,8 milioni di dollari.

Per le gallerie più giovani che presentano opere sperimentali nel loro programma principale, le vendite sul mercato secondario possono fornire un’ancora di salvezza cruciale. Il gallerista zurighese Pier Stuker, che alla Liste ha esaurito il suo stand di opere di Monica Mays (con un prezzo compreso tra i 4mila e i 12mila franchi svizzeri), vende tra i cinque e i dieci dipinti all’anno sul mercato secondario di artisti di primo piano come Max Ernst, Joan Miró, Gerhard Richter e Andy Warhol, per sostenere la sua attività. «Ultimamente abbiamo ricevuto offerte basse», dice. «È diventato più difficile reperire buone opere da privati».

La richiesta di artisti più giovani
C’è motivo di ottimismo per quanto riguarda il mercato primario. Secondo Trent, gli artisti più giovani provenienti da gallerie affermate «sono ancora in forte lista d’attesa e non c’è spazio per gli sconti». Aggiunge: «Sospetto che le gallerie stiano prevendendo le mostre ben prima per assicurarsi il flusso di cassa». Liza Essers della Goodman Gallery ha riscontrato una «maggiore attenzione» da parte dei collezionisti per l’acquisto di opere d’arte «che offrano qualità e valore». I clienti sono «desiderosi di investire in talenti emergenti e talvolta in quelli che stanno riemergendo a fine carriera». Le vendite più importanti della galleria finora includono nuove opere di nomi affermati come El Anatsui, il cui «Untitled (Blue)» del 2023 è stato venduto per 1,9 milioni di dollari, e Zineb Sedira, il cui «DREAMS HAVE NO TITLES (Lightbox)» del 2023 è stato acquistato dal Louisiana Museum of Modern Art per 80mila euro.

Secondo Louise Hayward, partner della Lisson Gallery, il mercato delle opere spedite direttamente dagli studi degli artisti «rimane forte». «E questo vale per tutti, che si tratti di Sean Scully, Anish Kapoor, Li Ran, Liu Xiaodong, Hugh Hayden o Ryan Gander». «Tappan Deep» (2023) di Scully, ad esempio, è stato venduto per 875mila dollari durante l’anteprima VIP. Come riassume Hayward: «Alcuni elementi del mercato sono tutto sommato prevedibili, mentre altri sono più variabili. Il mercato che continua ad essere attivo è comunque molto vario».

GIORNO 1 | Cosa è stato venduto nel primo giorno VIP di Art Basel: da un ragno di Bourgeois da 22,5 milioni di dollari a un'enorme scultura di Richter da 2,5 milioni
di Kabir Jhala e Anny Shaw

Art Basel, descritta dal suo nuovo amministratore delegato Noah Horowitz come «l’evento annuale più importante del mercato globale dell’arte» e come il «barometro del settore», ha aperto ieri le porte ai VIP e in molti hanno dichiarato che la fiera è stata la più affollata degli ultimi anni. Il personale di sicurezza di un’affollata mega-galleria ha fatto passare nervosamente i clienti davanti a dipinti da milioni di dollari, mentre importanti collezionisti e curatori, tra cui Frank Cohen e Cecilia Alemani, sono stati avvistati mentre passeggiavano tra i corridoi della Messe Basel.

E, nonostante gli addetti ai lavori parlino di un mercato «freddo», i clienti hanno speso. Le prime vendite a sette e otto cifre includono la scultura sovradimensionata «STRIP-TOWER» (2023) di Gerhard Richter, presentata da David Zwirner a Unlimited, per 2,5 milioni di dollari. L’opera più costosa che si dice sia stata venduta durante l’anteprima VIP è una scultura di Louise Bourgeois del 1996 da Hauser & Wirth, aggiudicata per 22,5 milioni di dollari a un collezionista statunitense; la galleria ha inoltre venduto un dipinto di Philip Guston per 9,5 milioni di dollari. Tra le opere di spicco del mercato primario vendute ieri c’è un nuovo dipinto di Jonas Wood, offerto dalla galleria David Kordansky per 2,5 milioni di dollari.

Prevendite in calo?
Tuttavia, mentre la giornata di anteprima si avvicinava alla conclusione, un certo numero di pezzi di grande valore non erano stati ancora piazzati, tra cui il più costoso: un dipinto di Rothko dai toni del tramonto da 60 milioni di dollari offerto da Acquavella Galleries. Non sono state confermate le vendite di un Picasso, per 25 milioni di dollari da Landau, e di un trittico di Joan Mitchell da 14 milioni di dollari da Pace.

«Molte opere importanti vengono vendute il secondo e il terzo giorno, e questo è stato generalmente il caso degli ultimi cinque anni», afferma la presidente di Pace, Samanthe Rubell, sottolineando che quest’anno la galleria ha ridotto al minimo le prevendite. «Lasciamo spazio agli incidenti felici, ma ci assicuriamo che le opere dei nostri artisti entrino nelle collezioni più importanti». Tra gli affari conclusi nello stand nelle prime ore della fiera, un mobile di Alexander Calder per 2,8 milioni di dollari e due opere più piccole dell’artista, offerte dalla sua famiglia, per 775mila e 675mila dollari.

Sadie Coles, la cui galleria londinese ha venduto «molteplici» nuove opere nello spazio interamente dedicato a Laura Owens, con prezzi compresi tra 90mila e 1,8 milioni di dollari, afferma di essersi attenuta alla «vecchia scuola» e di non aver inviato ai suoi clienti un elenco di opere in anteprima. D’altra parte, Gagosian, per esempio, ha inviato ai suoi clienti una lista di oltre 100 pagine. Andrew Fabricant, direttore operativo della galleria, afferma che il giorno dell’inaugurazione è stato «il più affollato degli ultimi anni».

Il discorso sulle prevendite è particolarmente pertinente dopo una stagione di aste primaverili a New York caratterizzata da offerte riservate, opere acquistate e riserve ridotte. «L’inflazione, i tassi d'interesse, la politica e la guerra in corso stanno influenzando la fiducia dei consumatori, causando un rallentamento del mercato dell’arte», afferma il consulente d’arte Nilani Trent.

«La mia sensazione generale è che il mercato nel suo complesso sia più freddo», afferma il dealer David Nolan, che espone alla fiera, e continua dicendo che «si tratta di una “correzione” che ogni tanto si rende necessaria nel mercato». Tuttavia, i momenti difficili sono spesso occasioni privilegiate per acquistare arte, con le gallerie più disponibili a fare sconti e i collezionisti che cercano di investire capitale. «C’è una tale diversità nelle tipologie di persone che vengono a Basilea: molti ad esempio programmano un budget specifico per comprare ad Art Basel; loro sono meno influenzati dal mercato azionario e dalle fluttuazioni dei tassi di interesse», aggiunge Nolan.

Horowitz dipinge un quadro più fiducioso. «Si è parlato molto della possibilità di una “correzione”. È chiaro che il bilancio delle aste è indicativo di un vero e proprio reset. Ma, allo stesso modo, la domanda di arte è clamorosamente forte», afferma. Per quanto riguarda la prevendita, Horowitz ritiene che quest’anno la fiera sia meno frequentata, il che suggerisce che i collezionisti ci mettono più tempo a impegnarsi e conclude: "Bisogna lavorare di più per fare affari, ma gli affari si fanno, anche a prezzi piuttosto elevati».
 

Il dipinto «Four Heads« (1975) di Philip Guston allo stand di Hauser & Wirth, venduto a un collezionista statunitense per 9,5 milioni di dollari. Foto David Owens

Hauser & Wirth ha venduto «Spider IV» (1996) di Louise Bourgeois per 22,5 milioni di dollari a un collezionista statunitense. Foto David Owens

Pace ha venduto «Girolata Triptych» (1963), un primo dipinto a più pannelli di Joan Mitchell, a un collezionista privato statunitense per 14 milioni di dollari. Foto David Owens

L’opera, «Untitled (Yellow, Orange, Yellow, Light Orange)» (1955) di Mark Rothko resta in vendita da Acquavella a un prezzo di 60 milioni di dollari. Foto David Owens

La riconversione dell’ex fabbrica Nestlé di 12mila metri quadrati richiederà fino a nove anni. Foto David Owens

Kabir Jhala, Anny Shaw, 14 giugno 2023 | © Riproduzione riservata

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