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L’ingresso della National Portrait Gallery di Londra

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L’ingresso della National Portrait Gallery di Londra

Donazioni e nepotismo: il caso della National Portrait Gallery di Londra

Una mostra di opere della fotografa Zoë Law, «grande donatrice» di fondi per la ristrutturazione da 40 milioni di sterline della galleria, solleva interrogativi su come vengono gestite e valutate le elargizioni private, a fronte della diminuzione delle sovvenzioni pubbliche

Gareth Harris

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La National Portrait Gallery (Npg) di Londra è al centro di una polemica che ha contribuito a riportare l’attenzione sulle modalità di finanziamento delle collezioni nazionali nel Regno Unito, a fronte della diminuzione delle sovvenzioni pubbliche. Una fotografa che attualmente espone sue opere nella Npg figura infatti anche tra i finanziatori della ristrutturazione da 41 milioni di sterline della galleria. Inaugurata lo scorso novembre e in corso fino al 2 marzo, la mostra «Legends» di  Zoë Law, ex truccatrice diventata fotografa ed ex moglie di Andrew Law, presidente e amministratore delegato dell’hedge fund Caxton Associates, presenta fotografie «che celebrano oltre 100 figure influenti del mondo dell'arte, della moda, degli affari e dello spettacolo». In precedenza, prima del divorzio dal marito avvenuto all'inizio del 2024, la fotografa è stata trustee della Law Family Charitable Foundation. Già il «Guardian» aveva riportato la notizia che il trust dell'ex coppia è stato un «grande donatore» del recente progetto triennale di ristrutturazione dell'Npg, per un importo che non è stato reso noto. La stessa Law lo scorso anno ha donato alla Npg un ritratto del cantante degli Oasis Noel Gallagher.

In merito alla donazione della Law Family Charitable Foundation, un portavoce della Npg ha confermato che il comitato etico ne era a conoscenza e lo aveva approvato: «Abbiamo seguito le procedure descritte nella nostra politica sulle sovvenzioni e sulle donazioni, che sono state concepite per garantire la dovuta diligenza attraverso un processo adeguatamente documentato», si legge in una dichiarazione. L’Npg segnala anche che: «La legge britannica sulla corruzione (Bribery Act) del 2010 prevede che l'istituzione si assicuri che il ricevimento di una donazione non sia legato a un vantaggio inappropriato per il donatore, come l'aggiudicazione di un contratto».

Dal canto suo, il Codice etico per i musei pubblicato dalla UK Museums Association afferma che le gallerie dovrebbero «evitare qualsiasi attività privata o il perseguimento di un interesse personale che possa essere in conflitto, o percepito come tale, con l'interesse pubblico».

 La controversia sulla mostra «Legends» ha spinto il consulente culturale Maurice Davies di Cultural Associates Oxford a commentare a «The Art Newspaper»: «È un principio fondamentale della vita pubblica evitare ogni parvenza di conflitto di interesse e i conflitti stessi. I comitati etici dei musei svolgono un ruolo prezioso e spesso delicato nel decidere quali potenziali donazioni dovrebbero essere accettate». E, prosegue  Davies: «Può essere difficile per i musei rispondere alle aspettative dei grandi donatori, che in via informale possono anticipare favori in cambio della loro generosa donazione. Un esempio comune in alcuni luoghi è quello dei figli o di altri parenti dei grandi donatori  ai quali vengono offerti stage di esperienza lavorativa in modi che aggirano le normali procedure aperte e trasparenti del museo o della galleria per la selezione degli stagisti, dando loro un vantaggio sleale nel muovere i primi passi della loro carriera». 

Un ex curatore di un museo britannico, che ha commentato in forma anonima, ha inquadrato un diverso aspetto della questione: «Probabilmente Law aveva entrature tali da garantirle di avvicinare i grandi nomi della cultura pop, e questo potrebbe essere stato uno dei motivi, a parte la donazione, per fare la mostra».

«A nessuno nel mondo dell'arte piace parlare di soldi, ma la verità è che non una sola mostra personale può essere realizzata senza il sostegno della galleria dell'artista o di uno sponsor», riassume il collezionista belga Alain Servais in una dichiarazione a «The Telegraph».

Gareth Harris, 27 gennaio 2025 | © Riproduzione riservata

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