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«Seahorses» (1975) di Sam Gilliam. Foto di Johansen Krause Courtesy of the artist, David Kordansky Gallery

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«Seahorses» (1975) di Sam Gilliam. Foto di Johansen Krause Courtesy of the artist, David Kordansky Gallery

È morto all’età di 88 anni Sam Gilliam

Il pittore astratto associato alla Washington Color School ha raggiunto una fama mondiale a partire dagli anni Settanta per il suo uso unico del colore e della tela

Wallace Ludel

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È morto Sam Gilliam, pittore astrattista noto soprattutto per i suoi «Drape», tele drappeggiate appese al soffitto o alle pareti, e per essere stato il primo artista nero a rappresentare gli Stati Uniti alla Biennale di Venezia. Gilliam è morto a causa di un’insufficienza renale il 25 giugno, all’età di 88 anni a Washington. La sua morte è stata annunciata dalle sue gallerie: «Pace» di New York e «David Kordansky» di Los Angeles.

Settimo di otto figli, Gilliam è nato nel 1933 a Tupelo, Mississippi, anche se ha trascorso la maggior parte della sua infanzia a Louisville, nel Kentucky. Suo padre era falegname e operaio delle ferrovie, mentre sua madre era un’insegnante. Gilliam ha conseguito una laurea in Belle Arti presso l’Università di Louisville, seguita da un breve periodo come impiegato dell’esercito in Giappone, dopo il quale è tornato all’Università di Louisville per un Master in pittura, laureandosi nel 1961. L’anno successivo si trasferisce con la prima moglie, Dorothy Butler, a Washington, dove a lei era stato offerto un lavoro al Washington Post come primo reporter di colore della testata, e Gilliam assume l’incarico di professore d’arte in una scuola superiore locale. Vivrà e lavorerà a Washington per il resto della sua vita.

Ai suoi esordi Gilliam dipingeva in modo prevalentemente figurativo e il suo passaggio all’astrazione è avvenuto, a suo dire, grazie all’incoraggiamento della Washington Color School, un gruppo di artisti che comprendeva Kenneth Noland, Morris Louis, Thomas Downing e altri. Downing, in particolare, fece da mentore al giovane artista, incoraggiandolo a sviluppare una tecnica pittorica più sciolta e fluida. Sebbene non sia mai stato ufficialmente un membro della Washington Color School, è stato spesso considerato il volto della seconda ondata del movimento.

È in quest’epoca che Gilliam inizia a lavorare ai cicli che lo renderanno famoso: nel 1967 inizia i «Beveled-edge paintings» (noti anche come «Slice paintings»), nei quali la tela grezza è macchiata con vernice acrilica, accartocciata prima dell’asciugatura del colore e in seguito posta su montaggi in legno dai bordi smussati; nel 1968 è la volta dei «Drape paintings», simili ai precedenti nel modo in cui applica il colore ma, eliminando le barre di sostegno, lascia che le sue tele pendano dalla parete o dal soffitto.

«I miei "Drape" non sono mai appesi due volte nello stesso modo, dichiara al "The Art Newspaper" nel 2018. Uno studio della composizione è sempre presente, ma bisogna lasciar che le cose seguano il loro corso ed essere aperti all’improvvisazione, alla spontaneità, a ciò che accade in uno spazio mentre si lavora».

La via per il successo per Sam Gilliam si è aperta nel 1969, quando presenta alcuni di questi dipinti in una mostra alla Corcoran Gallery of Art di Washington all'interno della George Washington University (oggi ribattezzata Corcoran Gallery of Art and Design). Tre anni dopo, nel 1972, è il primo artista di colore a rappresentare gli Stati Uniti alla Biennale di Venezia.

«Nessuno può dimenticare l’opera di 23 metri che Sam realizzò per il Padiglione americano alla Biennale di Venezia del 1972. Ha rubato la scena quell’anno e ha lasciato un’impronta profonda su tutti coloro che l’hanno vista, ha scritto il fondatore della Pace Gallery Arne Glimcher una volta saputo della morte di Gilliam. In verità, era impossibile non percepire l’audacia, la grandezza e la complessità di ciò che Sam stava cercando di fare. Ha fatto esplodere i confini tra scultura, pittura e installazione, reinventando il colore e lo spazio nell’ambito della pittura astratta. Un evento emozionante a cui assistere».

Nei decenni successivi Gilliam ha continuato la sua ricerca portando il «medium» utilizzato al massimo delle sue potenzialità in una vera e propria lotta con la fisicità della pittura, nonostante il successo commerciale sia arrivato più tardi di quello di altri artisti della sua generazione, forse a causa di un sistema razzista che escludeva gli artisti di colore o forse in parte perché egli non desiderava apparire nel mondo dell’arte newyorkese. Glimcher ricorda che alla sua proposta di esporre alla Pace l’artista aveva risposto di non aver mai «voluto uno stretto legame con nessuna galleria di New York». Segue una serie di successi, con mostre personali in musei quali il Dia:Beacon e il Kunstmuseum Basel nonché la presenza costante nelle gallerie Kordansky a Los Angeles dal 2012 e Pace a New York dal 2019 in poi.

Nel 2017 è stato nuovamente invitato a esporre alla Biennale di Venezia. «Tutto quello che sta accadendo ora, la crisi dell’immigrazione, le bombe, lo sventramento del National Endowment for the Arts, la corruzione presidenziale, era presente già negli anni Settanta. Ora sembra peggio, ma la storia, come l’arte, è ciclica. Ha dichiara to Gilliam in quell’occasione ad Artforum. Gestire i cicli della storia è la più grande capacità dell’arte. Per me, l’arte è uscire dai modi di pensare tradizionali. Si tratta di artisti che immaginano i propri modi di lavorare. Dobbiamo continuare a pensare all’arte nel suo complesso, a ciò che fa. Anche se il mio lavoro non è apertamente politico, credo che l’arte abbia la capacità di richiamare l’attenzione sulla politica e di ricordarci questo potenziale attraverso la sua presenza».

Una grande mostra «Sam Gilliam: Full Circle» è in corso allo Smithsonian’s Hirshhorn Museum and Sculpture Garden di Washington fino all’11 settembre. «Per più di mezzo secolo, Sam Gilliam è stato un modello di genio creativo, di scoperte artistiche e di perseveranza professionale, ha dichiarato in un comunicato Richard J. Powell, storico dell’arte della Duke University e membro del consiglio di amministrazione dell’Hirschhorn. Dalle sue interpretazioni pittoriche nello splendore dei drappeggi alle sue evocative accumulazioni di pigmenti e colori, Sam Gilliam ha lasciato un segno indelebile nella pittura astratta modernista».

 

«10/27/69» (1969) di Sam Gilliam. Foto di Fredrik Nilsen Studio

Sam Gilliam. Cortesia di David Kordansky Gallery e Pace Gallery. Foto Fredrik Nilsen Studio

Wallace Ludel, 28 giugno 2022 | © Riproduzione riservata

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