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Redazione GdA
Leggi i suoi articoli<!-- p.p1 {margin: 0.0px 0.0px 0.0px 0.0px; text-align: justify; font: 39.0px Helvetica} p.p2 {margin: 0.0px 0.0px 0.0px 0.0px; text-align: justify; font: 9.0px Helvetica} p.p3 {margin: 0.0px 0.0px 0.0px 0.0px; font: 7.0px Helvetica; min-height: 8.0px} span.s1 {vertical-align: 2.0px; font-kerning: none} span.s2 {vertical-align: 2.0px} --> Sotiris Felios, collezionista greco, è un sostenitore della figurazione: «Ad essa dobbiamo l’arte del raccontare, così indispensabile per la nostra identità. Nel carattere antropocentrico ravviso pezzi della mia identità personale, ma anche del mio Paese»
«Era la metà degli anni Ottanta quando visitai per la prima volta l’atelier di Christos Bokòros e fu in quell’occasione che gli confidai di considerarlo un grande pittore. Allora lui mi rispose di seguirlo perché mi avrebbe fatto conoscere “un vero grande pittore” e mi condusse da Kostas Papanikolàou. E così capii qual era il giacimento “segreto” di Bokòros: mi riferisco alla sua etica, perché la sua grande pittura la conoscevo già da tempo».
Sotiris Felios, avvocato nato nel 1951 a Tripoli, capoluogo dell’Arcadia in Grecia, e specializzato in diritto delle imprese (è stato anche presidente del Consiglio degli ordini forensi d’Europa) descrive così l’incontro con due dei pittori greci le cui opere sono conservate nella Collezione Felios. Avviata nei primi anni Novanta, la collezione, che ha sede ad Atene, conta oltre 800 dipinti di alcuni tra i più importanti pittori contemporanei greci (www.felioscollection.gr).
Signor Felios, quando ha percepito per la prima volta il fascino dell’arte?
Ero molto giovane. Restavo a guardare per ore i pochi dipinti che vedevo esposti nella Pinacoteca comunale. Non saprei spiegare il perché. Erano ritratti maschili.
Perché ha deciso di collezionare opere d’arte?
La mia passione era soprattutto la pittura. Desideravo vivere in mezzo ai quadri, sentirmene circondato. Quelli che mi piacevano ero in grado di acquistarli, e così ho fatto.
Qual è la prima opera che ha acquistato?
È il dipinto su legno «Carpa» di Christos Bokòros, acquistato a metà degli anni Ottanta.
Quando ha capito che la sua raccolta di dipinti era diventata una vera collezione? O questo era stato il suo obiettivo sin dall’inizio?
Dopo aver acquistato «Nekyia» di Chronis Bòtsoglou, un’opera composta da 28 quadri di grandi dimensioni. È stato allora che ho capito che qualcosa univa tra di loro tutti i dipinti venuti in mio possesso fino a quel momento.
In base a quali criteri sceglie le opere da acquistare?
Alle emozioni. In altri casi si può trattare di un «moto divino»: nel dialogo platonico Cratilo, la parola Verità, «Aletheia», viene etimologizzata con «Theia ali», ossia, appunto, «corsa divina». Non è escluso che le emozioni abbiano a che fare con la ricerca della Verità. Ovviamente conosco il valore della ricerca dal momento che la Verità non fa che sfuggire.
Che cosa cerca nell’arte?
Quello che si cerca dipende dalla personalità di ognuno, da quello che ci emoziona, dal modo che abbiamo di impiegare il tempo a nostra disposizione. Alla fine si tratta anche di una forma di atto pubblico, perché collezionare opere d’arte è un modo per partecipare al dibattito pubblico. Quando ho cominciato ad acquistare opere d’arte non m’interessava diventare collezionista, ma volevo semplicemente avere di fronte qualcosa in grado di affascinarmi.
Perché nella sua collezione ci sono soltanto artisti greci e soltanto opere figurative?
Sin dall’inizio il mio orientamento era rivolto all’arte figurativa. Forse perché è ad essa che si riferisce anche l’arte del raccontare, così indispensabile per la nostra identità. Nella maggior parte delle opere della mia collezione è evidente il carattere antropocentrico. In questo genere di pittura ravviso «pezzi» della mia identità personale ma anche del mio Paese. È questo carattere il filo conduttore della mia collezione. Credo che adesso sia possibile dimostrare che gli esseri umani sono in grado di raggiungere i propri obiettivi soltanto quando hanno piena consapevolezza di sé, ossia quando acquisiscono un’identità stabile. E un’identità stabile si acquisisce quando gli esseri umani sono inseriti in un ricco tessuto sociale.
Che cosa intende con questa espressione?
Ricco tessuto sociale vuol dire l’esistenza di basi che consentano ai nostri cari e alle persone a noi vicine di vederci e di ammirarci in un modo preciso. Tutti noi sappiamo quanto sia difficile trovare il coraggio di vivere quando le basi sono fragili o sono sul punto di crollare. E sappiamo anche che la pittura figurativa consente ai nostri «filtri interiori» di elaborare le informazioni ed è grazie a queste elaborazioni che diamo un senso alla nostra vita. La scelta esclusiva di autori greci dipende dal mio modo personale di comprendere la storia e il racconto mitico. Credo che il mio Paese vada avanti, proceda oltre, grazie alla sintesi. Lavorando per questo «oltre», mi preparo, per la parte infinitesimale che mi compete, alla sintesi continua dell’identità greca in Europa.
Qual è il futuro della pittura nel mondo e qual è il suo atteggiamento rispetto all’arte dominante oggi nei musei, nelle gallerie e nelle fiere, che sembra all’opposto rispetto alla pittura figurativa da lei prediletta?
Credo che la pittura non morirà mai perché è l’arte che aderisce in modo più completo ai bisogni e ai desideri della nostra anima. Quando l’uomo preistorico dipingeva nelle caverne, sono certo che soddisfaceva un proprio bisogno profondo. Non si trattava di semplice «ornamento». Dal mio punto di vista, ritengo che a dominare sia la pittura figurativa. I miei amici però mi prendono in giro perché non riescono a vedere quello che vedo io: un dipinto su tela con i colori e il pennello, e a volte anche senza pennello, a mani nude.
Dove conserva le opere della sua collezione?
Ovunque. A casa, in ufficio, nell’isola di Spetses, i miei quadri sono sempre presenti nella mia vita quotidiana, cambiano spesso e ogni volta è come se li vedessi per la prima volta. Senza le mie opere sarei molto più arcigno, molto più «chiuso».
La sua famiglia condivide la sua passione? Partecipa alle scelte della sua collezione?
La mia collezione riguarda soltanto me. Ma so che mia figlia Mirsini e mia moglie Lary, ciascuna a suo modo, la sentono come se appartenesse anche a loro.
Come si distingue un collezionista da un semplice compratore di opere d’arte?
Credo che un compratore acquisti per svariati motivi, senza comunque avere un contatto sostanziale con l’artista, senza penetrare veramente nel significato della sua opera. Un collezionista, invece, ricerca in ogni opera le tracce del percorso personalizzato che potrà unire lo sguardo dell’artista con il proprio. E lascia sempre che sia il tempo a indicargli l’opera giusta al momento giusto.
Per lei collezionare è un investimento economico?
No, le mie scelte non implicano alcun criterio economico anche se, a dire il vero, quando acquisto un quadro, lo faccio perché me lo posso permettere.
Perché ha scelto di dare un carattere pubblico alla sua collezione?
Perché la pittura è fatta per essere vista. Perché regala emozioni e a volte ci può condurre alla magia, a seconda di come ciascuno di noi la interpreta. Un’opera d’arte corrisponde al desiderio dello spirito capace di imporsi sulla ragione.
Quali sono le iniziative in favore della sua collezione promosse dalla sua Fondazione «L’altra Arcadia»?
La Fondazione è il veicolo che consente alla collezione di viaggiare in Grecia e all’estero. Si occupa di presentarne le opere e continuerà a occuparsi della collezione anche dopo di me.
In Grecia oggi è difficile essere collezionista d’arte?
Dipende dal genere di collezione. Ma di sicuro in periodi di crisi tutto diventa più difficile.
In che modo lo Stato potrebbe sostenere gli artisti e i collezionisti greci?
Il dovere dello Stato è tracciare una politica generale per la cultura. Se questa politica fosse lungimirante e riguardasse, ad esempio, la sponsorizzazione culturale e le agevolazioni fiscali che ne conseguono, una tale politica potrebbe creare un clima favorevole al collezionismo.
Qual è oggi il ruolo delle gallerie in Grecia?
A causa della crisi la maggior parte delle gallerie continua ad affrontare molte difficoltà. Mi riesce difficile pensare a un ruolo per le gallerie in un contesto in cui continuano a chiudere.
Perché solo pochi artisti greci hanno una posizione rilevante nell’élite artistica internazionale?
I centri in cui si può creare interesse intorno a un artista sono lontani da Atene. Ho visto molte mostre e opere in tutto il mondo. La maggior parte degli artisti greci non ha nulla da invidiare ai colleghi presenti nelle altre sedi artistiche europee. Le difficoltà riguardano la comunicazione. Forse adesso finalmente si intravedono i presupposti per uno scambio, un contatto e un dialogo più equilibrati. Lo sguardo dei pittori greci su quanto sta accadendo oggi in Europa è molto importante. Essi sanno molto bene quello che sta succedendo e sono pienamente autorizzati a dire «Eccoci, anche noi siamo partecipi di quello che succede», anche se le loro opere non sono ancora conosciute oltre i nostri confini nazionali. È dunque molto importante che i loro dipinti circolino fuori dalla Grecia.
Che rapporti intrattiene con gli artisti della sua collezione?
Ho un rapporto personale con quasi tutti gli artisti. Sono un sincero ammiratore del loro lavoro e cerco di sostenerli acquistandone sistematicamente le opere.
Che cosa consiglierebbe a un artista?
Di non seguire i consigli di nessuno e di lasciarsi guidare soltanto dalla sua ispirazione.
La sua collezione è già stata presentata in Italia con due mostre, a Venezia e a Roma. Qual è stata la reazione del pubblico italiano? È soddisfatto del riscontro ottenuto in queste due città?
Sia a Venezia nel 2011 sia a Roma nel 2012 sono rimasto colpito dall’affluenza del pubblico e dall’attenzione accordata alle opere. So che le collezioni di pittura greca contemporanea difficilmente consentono un paragone con analoghe collezioni, per esempio italiane o francesi. A Venezia e Roma è probabile che i visitatori si siano resi conto del fatto che anche in Grecia ci sono grandi pittori. Tuttavia so molto bene che la pittura greca contemporanea occupa soltanto un piccolo spazio nel bacino di fermentazione europeo. Attenzione però: quando parlo di bacino di fermentazione non mi riferisco al mondo dell’arte bensì al mercato.
Ad Atene stanno per inaugurarsi tre centri culturali molto importanti: il Museo Goulandris, il Museo nazionale di arte contemporanea e il Centro Niarchos. Sono tre centri di statura mondiale. Quale crede che sarà il loro ruolo?
Sono certo che provocheranno un effetto a catena con risultati benefici sia sulla fruizione artistica sia per quanto riguarda la comunicazione e l’apertura verso l’Europa.
Quali sono i suoi progetti per la sua collezione?
La mia passione continua. La collezione diventa sempre più grande e ho tutte le intenzioni di farla conoscere sempre di più, sia in Grecia sia all’estero. Più la conoscenza dei miei quadri si diffonde più il mio Paese cresce. Nulla di metafisico. L’Europa è una sintesi, per partecipare alla quale ciascuno deve avere qualcosa da offrire. Basta anche poco. L’Europa è in fase di ricomposizione e la pittura greca contemporanea forse ci sta dicendo che il mio Paese non è del tutto impreparato. Qualcosa sta accadendo.
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