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«Giacobbe riceve la tunica insanguinata di Giuseppe» del Guercino (particolare), stima 1,2-2 milioni di dollari © Sotheby’s

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«Giacobbe riceve la tunica insanguinata di Giuseppe» del Guercino (particolare), stima 1,2-2 milioni di dollari © Sotheby’s

Finché arte non ci separi: la collezione Fisch Davidson

Dal divorzio di due mecenati americani Sotheby’s venderà un importante nucleo di tele barocche. Sarà un’occasione di riscatto per il mercato degli Old Master?

Marco Riccòmini

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Non solo Totti e Ilary. Usa dire che, quando una coppia scoppia, volino gli stracci. Nel caso delle due star del gossip nostrano a volare sono Rolex e Chanel (le borsette, non la figlioletta, per carità), ma quando in ricchezza (e mica tanto in povertà) i due litiganti hanno raccolto tele barocche, come nel caso di Mark Fisch, magnate dell’immobiliare, e Rachel N. Davidson, ex giudice e tra poco anche sua ex moglie, quella dell’asta pubblica è l’unica strada percorribile per potersele spartire.

L’arte milionaria che aiuta a dirsi addio
Già le prime battute del divorzio sono state assai tribolate, visto che la Corte di New York ha bocciato la richiesta dei legali della coppia di riconoscere la loro residenza non a Manhattan, dove hanno sempre vissuto, bensì nella casa di campagna (nella Contea di Suffolk) dove hanno trascorso il lockdown, perché quest’ultima, guarda caso, sorge in una Contea dove vige una più favorevole tassazione in materia di separazioni.

Quindi, cornuti (forse uno dei due o entrambi) e sicuramente mazziati (dai giudici newyorkesi), ora i due affidano alla Sotheby’s di New York una selezione della collezione di dipinti antichi raccolta poco per volta nei 35 anni del loro idillio (assicurata per un totale di 177 milioni di dollari), che la casa d’aste annuncia già con stile «low profile» come «La più Grande Collezione Privata di Capolavori Barocchi mai raccolti in epoca moderna» (le iniziali maiuscole sono del comunicato stampa; e chissà se, per «epoca moderna», si intenda il «Post War», ossia circa gli ultimi 80 anni, oppure se si debba risalire fino alla rivoluzione industriale).
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Fatto sta che le dieci opere che andranno all’incanto il 26 gennaio a New York sono, in effetti, di prima scelta. Dopotutto, Mr. & Mrs. Fisch si erano già fatti notare nel 2007 per la loro donazione al Metropolitan Museum of Art di quella «Madonna con Bambino e santi» di Ludovico Carracci (che abbiamo ripreso nel documentario «Carracci, la Rivoluzione Silenziosa») e che a Mark Fisch valse la nomina a trustee del museo l’anno successivo, durante la reggenza di Philippe de Montebello. E non solo.

Nel 2012 donarono al Met un «Battesimo di Cristo» di Jacopo Bassano, oltre alla promessa in dono per il 150mo anniversario del museo newyorkese della «Negazione di Pietro», sempre di Ludovico Carracci; forse un modo per sdebitarsi nei confronti di Keith Christiansen, dal 2009 al 2021 curatore dei dipinti europei al Met (dimessosi recentemente dopo un infelice post su Instagram sulla Cancel Culture) che, assieme a George Wachter (presidente di Sotheby’s per il Nord e il Sud America e copresidente globale per i dipinti antichi), ha vestito i panni di suggeritore negli acquisti di famiglia e che ora reclamizza la vendita della collezione per conto della casa d’aste (senza alcun compenso, precisa).

Dipinti con il pedigree
Si tratta di una collezione di tele del Barocco italiano con qualche notevole eccezione. La prima è la «Salomè con la testa di san Giovanni Battista», opera rara e giovanile di Pieter Paul Rubens, dipinta entro il 1610, e della quale non esistono repliche. A lungo nascosta in una collezione di Montargis (Champagne), apparve nel 1987 a un’asta a Fontainebleau come «atelier di Rubens», per poi essere presentata con una piena attribuzione al maestro fiammingo nel 1998 da Sotheby’s a New York dove «i nostri eroi» se la portarono a casa per 5,5 milioni di dollari. L’attuale stima tra i 25 ei 35 milioni è in linea con l’aggiudicazione a oltre 47 milioni di dollari a Londra da Christie’s nel 2016 del (più attraente) «Loth e le figlie» ma, forse, inferiore a quella che meriterebbe il «Marte» (pagato nel 2002 quasi 7 milioni di euro) che, per ora, resta nella casa della coppia.
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La seconda opera non del tutto italiana è il «Cristo coronato di spine» di Valentin de Boulogne. Benché «italianissima», in quanto realizzata a Roma tra il 1615 e il 1618, ossia quando dalle parti di via del Governo Vecchio aleggiava ancora nell’aria l’odore del dopobarba di Caravaggio, è pur sempre dipinta da un poco più che ventenne francese (e non a caso è il primo numero in catalogo nella monografia su Valentin curata nel 1989 da Marina Mojana). A lungo in prestito al Detroit Institute of Arts, faceva parte della raccolta di Alfred Taubman (1924-2015), già primo azionista e amministratore delegato di Sotheby’s dal 1983 al 2005 che, com’è noto, scontò dieci mesi di carcere nel 2002 per aver violato, in accordo con Sir Anthony Tennant e Christopher Davidge (ossia con la Christie’s), la legge statunitense sull’antitrust. La stima tra i 4 e i 6 milioni è conservativa rispetto ai 5 milioni di dollari pagati dalla coppia nel gennaio 2016 alla Sotheby’s di New York, ma è bene ricordare che quando apparve per la prima volta, nel gennaio 1996 (stessa piazza e stessa casa d’aste) superò di poco gli 800mila dollari.

I gusti cambiano, si sa, e se oggi Artemisia Gentileschi è una superstar del Barocco, lo stesso non si può dire di suo padre Orazio, autore di quella pur languida «Santa Maria Maddalena penitente», apparsa nel 2001 presso la galleria Matthiesen Fine Art e stimata oggi tra i 4 e i 6 milioni di dollari (appena il doppio del «San Bartolomeo» di Bernardo Cavallino, stimato tra i 2,5 e i 3,5 milioni). Poco, tutto sommato, per un’opera monumentale e dal soggetto quantomai desiderabile, citata nelle Vite di Raffaele Soprani (1674) e che Raymond Ward Bissel, nella monografia sul pittore pisano (1981), faceva risalire direttamente alla commissione del genovese Giovanni Antonio Sauli (1621 circa).

Discorso a parte andrebbe fatto per «San Giacomo il Grande» di Georges de La Tour, acquistato alla Sotheby’s di New York nel gennaio 2008 a poco più di 3 milioni di dollari, e stimato ora tra i 3,5 e i 5 milioni. Valutazione che, seppur realistica (il «Sant’Andrea» venduto a Londra nel luglio 2021 da Christie’s ha superato di poco i 4 milioni di dollari), non rende però adeguata giustizia alla rarità dell’opera, una delle pochissime ancora sul mercato del geniale maestro francese e sulla quale andrebbero puntati gli sguardi.
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Con curiosità attendiamo, infine, il risultato del «Giacobbe riceve la tunica insanguinata di Giuseppe» del Guercino. Capolavoro dei primi anni Venti dei Seicento, descritto nell’inventario Barberini del 1686 (questo, e non la copia fiacca che sta ancora sotto il nome di Guercino nel museo della Bob Jones University di Greenville, nella Carolina del Sud), è quanto di meglio si possa pretendere nel medio formato dal talentuoso pittore di Cento. Acquistato da Sotheby’s a New York nel gennaio 1995 per pochi spiccioli (275mila dollari), se aggiudicato alla stima tra 1,2 e 2 milioni di dollari, rallegrerà inoltre l’abile acquirente di quel similissimo (ed egualmente meraviglioso) «Mosè» apparso con una attribuzione generica e una stima tra i 5 e i 6mila euro presso la casa d’asta Chayette & Cheval di Parigi lo scorso 25 novembre, che al martello ha superato i 590mila euro.

Come spesso dimostrano i risultati calcistici, i pronostici è meglio non farli, per evitare di finire sbeffeggiati sui social come quell’ex calciatore riciclatosi commentatore sportivo regolarmente smentito dai risultati sul campo. Tuttavia, è indubbio che Fisch, che ha sempre deciso di testa sua (seppur col conforto di cui si è detto), non ha sbagliato un colpo. Ma è anche vero che ha premuto il grilletto (per così dire) esattamente allo scoccare del mezzogiorno di fuoco, cioè quando il mercato degli Old Master era assai più caldo (e soprattutto più in voga) di quanto non sia oggi, dopo la crisi finanziaria e con una guerra in corso.

Insomma, opere impeccabili, ma non è detto che le loro (eventuali) aggiudicazioni portino profitto nelle casse dei due coniugi in lite. Comunque noccioline, direbbero gli inglesi, a confronto del valore del ritratto che Mark Fisch si è fatto dipingere da Lucian Freud e che, per ora, resta appeso alla parete del suo studio (ma, come ha appena scoperto l’ex centrocampista della Roma, i divorzi costano...).

«San Giacomo il Grande» di Georges de La Tour, stima 3,5-5 milioni di dollari © Sotheby’s

«Cristo coronato di spine» di Valentin de Boulogne, stima 4-6 milioni di dollari © Sotheby’s

«Giuditta e Oloferne» di Giulio Cesare Procaccini, stima 1-1,5 milioni di dollari © Sotheby’s

Marco Riccòmini, 24 gennaio 2023 | © Riproduzione riservata

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