Marco Riccòmini
Leggi i suoi articoliQuand’avevo vent’anni capitò un’estate che m’invaghissi d’una bella parigina. Tutto filò liscio fino a quando non le svelai che della Recherche (ossia À la recherche du temps perdu), che teneva in bella vista sul comodino, non avevo letto che qualche passo in italiano. Lei mi fece capire che se l’avessi voluta rivedere avrei dovuto, come minimo, correre ai ripari. Rivederla mi costò una corsa da Gallimard e una lettura a marcia forzata. Facciamo ora finta che la vostra «bella parigina», o il vostro «bel parigino», anziché patita/o di Proust abbia accanto al letto la foto di Thomas Cook, e con aria languida e svagata, lasciando salire una nuvola di fumo dal suo narghilè, vi chieda non, come capitò a me, se anche voi per molto tempo vi siete coricati presto la sera (come annuncia Charles Swann in apertura della Recherche) ma se, invece, siete mai stati nella moschea di Et’hem Bey.
Per chi, dunque, volesse fare bella figura in un rendez-vous intellettuale o semplicemente attaccare un bel bottone al vicino di tavolo nel vagone ristorante del treno su cui viaggiate, eccovi pronto un succinto elenco dei posti eccezionali e poco battuti che, pur essendo tutti all’estero (per snobberia, ovviamente), sono in compenso a un tiro di schioppo da casa (volo breve e niente visto d’ingresso). Insomma: non ci sono scuse per restare a casa. Preparate un bagaglio leggero e siate pronti a stupirvi. Si parte procedendo verso Oriente, seguendo il profilo del Mediterraneo.
Albania: la moschea di Et’hem Bey a Tirana
Eccola qui, appunto. Perché mai, vi chiederete, andare a Tirana (specialmente se non siete migranti in fuga)? Ebbene, con affaccio sulla spianata di piazza Scanderbeg, sta una delle più deliziose moschee del mondo, per così dire, occidentale. Fondata a fine Settecento dal nobile albanese Et’hem bey Mollaj, è un gioiello d’arte ottomana. Aperta anche agli infedeli, la sua peculiarità sta nell’essere interamente dipinta con fiori e paesaggi, cosa assai rara a vedersi. Ma siccome a decorarla furono maestranze veneziane (si dice, o forse dalmate, che a quel tempo era la stessa cosa) allora si può comprendere questa eccezione alla regola che vorrebbe i luoghi di culto maomettani privi di pitture d’ogni sorta. Per chi avesse familiarità con i tessuti, tra fiori e racemi che coprono interamente le sue pareti, par di guardare quei kilim della Bessarabia (più o meno nell’attuale Romania) che, quanto a motivi e «stilemi» (avrebbe detto Alois Riegl), stanno a mezza via tra il mondo nostro e quello musulmano. Il minbar (ossia il pulpito) intagliato in legno e dipinto di rosso sarebbe oggetto da museo, e il mihrab (la nicchia che indica la direzione della Mecca e la Qibla), scavato nel gesso della parete, pare lo stampo d’una enorme zuccherosissima meringa. A chi fosse venuto appetito, girato l’angolo, in Rruga Bardhok Biba, troverete a due soldi (detti lek) tra i migliori byrek di tutta l’Albania (la saporita quiche balcanica). Per continuare il viaggio non serve che imbarcarsi dal porto di Durazzo su un traghetto diretto verso la Grecia.
Cipro Nord: la moschea di Lala Mustafa Pasha a Famagosta
Per restare in tema maomettano, una delle moschee più singolari del Mediterraneo e del mondo intero si trova a Cipro, o meglio a Cipro Nord, ossia in quella parte d’isola che i turchi hanno conquistato militarmente nel 1974, e da allora chiamano pomposamente Repubblica Turca di Cipro del Nord (e solo loro, visto che non è riconosciuta da nessun altra Nazione al mondo). L’aspetto della moschea può disorientare, è il caso di dire, in senso stretto e lato. La storia è questa: una volta catturata l’isola dopo lungo assedio, per la prima volta nel 1571, i Turchi, dopo aver fatto passare le pene dell’inferno al governatore veneziano Marcantonio Bragadin, convertirono la splendida Cattedrale di San Nicola, edificata in puro stile gotico francese (sembra di vedere una piccola Notre Dame di Parigi, per capirci), in luogo di culto. Naturalmente, non essendo la chiesa orientata verso la Mecca, al suo interno i tappeti sono tutti storti e non seguono il senso delle navate. E l’unico minareto s’erge sopra i resti del campanile destro sulla facciata dell’ex chiesa. La moschea si chiama Lala Mustafa Pasha, che era il nome del gran visir dell’Impero ottomano e sanguinario conquistatore di Cipro.
Da qui quelli di voi più avventurosi potrebbero poi imbarcarsi per il Libano, o per la costa turca, mentre chi volesse passare il confine a Nicosia ed entrare nella Cipro «greca» sappia che non potrà poi fare marcia indietro. Quanto a noi, si fa rotta verso sud-ovest...
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