Marco Riccòmini
Leggi i suoi articoliLe rovine di Volubilis
Rimanendo in tema di rovine romane, chi volesse tirare il fiato dal suk di Marrakech o dal deserto della Valle del Draa potrà fare un breve tour alle rovine romane di Volubilis (altro sito Unesco), nel Nord del Marocco, a una trentina di chilometri a nord di Meknès. A parte i resti della città, dell’imponente Basilica e il gigantesco Arco detto di Caracalla, il luogo dove sorgeva è ancora oggi assai felice, poiché circondato da boschi e in posizione un poco elevata nei pressi del Monte Zerhoun, così da non rosolare nel caldo africano (è il caso di dire). Dagli scavi novecenteschi emerse uno dei bronzi più belli di tutta l’antichità, ovverosia la Testa in bronzo di Giuba II, re dell’antica Mauretania, oggi conservata nel Museo Archeologico di Rabat e che, da sola, merita un detour. «Rex literatissimus», com’era detto da chi lo conosceva bene per via del suo amore per le lettere, Giuba ereditò il regno dall’omonimo padre che, con Massinissa, governò la provincia romana del Nord Africa nota come Numidia e poi, in parte, come Africa Nova. A meno che non vogliate cucinarvi una delle molte tartarughe che popolano gli scavi, portatevi una colazione al sacco.
Santa Cruz de la Mar Pequeña, ossia Sidi Ifni
Chi, uscito da Volubilis, invece di puntare la bussola a nord, girasse sui tacchi e si dirigesse a sud dopo circa 10 ore di macchina raggiungerebbe un luogo scomparso. Parliamo della cittadina di Santa Cruz de la Mar Pequeña, affacciata sull’Atlantico. Fu colonia spagnola (come Ceuta o Melilla, sempre sulla costa marocchina, ma bagnate dal Mediterraneo) fino a quando i marocchini non decisero di avocarla a loro. Quel lungo tratto di costa atlantica che da Agadir in giù si estendeva fino all’odierna Mauritania a quel tempo si chiamava Sahara Spagnolo o Sahara Occidentale o, anche, Río de Oro e così ancora lo trovereste segnato in vecchie carte geografiche. Invaso dalle truppe marocchine nel 1957 il territorio governato dalla Spagna, Madrid mantenne in vita la cittadina con un ponte aereo, ma dieci anni più tardi si arrese e la cedette a Rabat. Gioiello d’architettura déco, Sidi Ifni è sospesa nel tempo e troppo lontana per essere meta turistica; il che la rende, a maggior ragione, destinazione imperdibile per gli amanti dell’architettura anni Venti e Trenta e delle città (semi)abbandonate.
Il cimitero ebraico a Tangeri
A differenza del resto del Marocco, Tangeri, che affaccia sull’Atlantico ma dalla cima della quale è ben visibile la costa spagnola (la notte brillano le luci di Tarifa, che dista dalla costa africana solo 17 miglia nautiche), fu per molto tempo amministrata dalla comunità internazionale. Tanto per capirci, il film «Casablanca» del 1942 con Ingrid Bergman e Humphrey Bogart avrebbe dovuto svolgersi qui, ma negli stessi anni George Waggner stava lavorando a «Tangier» (con María Montez, Robert Paige e Sabu), che uscì poi solo nel 1946, e che aveva una trama di spionaggio non dissimile da quella del film di Michael Curtiz. Oggi naturalmente nessuno ricorda di aver visto «Tangier» mentre tutti hanno in mente le celebri scene di «Casablanca», ma sarebbe un errore pensare che l’impari confronto cinematografico possa rispecchiarsi in una gara di bellezza fra le due città. Per chi scrive non c’è gara: Tangeri non può che stregare un viaggiatore esperto, perché è una città dai mille volti. Tra questi trova spazio su una costa scoscesa affacciata sul vecchio porto commerciale l’antico cimitero ebraico. La vasta spianata comanda una vista unica sul mare e il luogo, in cui spiccano piante di rosmarino e fiori profumati, curato amorevolmente (a differenza, ad esempio, dell’altrettanto vasto cimitero cristiano di Tunisi), è testimonianza della ricca comunità sefardita che fino a pochi decenni fa viveva sulle rive nordafricane. Alla mitica Librairie des Colonnes (in Boulevard Pasteur) ne trovereste la storia in Revoir Tanger di Ralph Toledano. Snack dolce o salato alla Pâtisserie Bab al Madina, a pochi passi di distanza in rue d’Italie (avete letto bene) o nelle bancarelle di street food che animano il mercato.
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