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Nato a Venezia nel 1974 e diplomato nel 1997 all’Accademia di Belle Arti di Venezia, Francesco Candeloro a Venezia ha scelto di continuare a vivere. È forse un’osservazione troppo ovvia ma dove, se non lì, tra acqua e cielo, tra il bianco della pietra d’Istria e il colore del mattone aggredito dal salmastro, potrebbe trovare costante alimento quel suo linguaggio così singolare, fatto di luci cangianti, di vibrazioni cromatiche e di trasparenze che reagiscono mutevolmente all’incidenza dei raggi luminosi?
Da tempo Candeloro si serve del plexiglas di diversi colori come materia principe del suo lavoro; da tempo lavora con le sue trasparenze e ne sovrappone più lastre per creare paesaggi mentali trascoloranti, in cui incorpora la dimensione del tempo. Per lui, infatti, «l’arte è una visione del tempo», che traduce nei suoi lavori proprio attraverso il mutare della luce, naturale o artificiale, filtrata dalle lastre di questo materiale traslucido, artificiale eppure così seducente.
A Arte Invernizzi presenta dal 22 maggio al 15 luglio una serie di suoi lavori, molti inediti, nella personale «Cime nel tempo», che prende il nome dall’installazione (2025) realizzata al piano superiore della galleria, dove le sue opere si dispongono tanto a parete quanto in una struttura metallica attraversabile, su cui sono sospese, che si alza al centro della sala espositiva. Ne scaturisce uno spazio davvero immersivo, seppure privo di qualunque strumento tecnologico, frutto com’è dell’uso sapiente e consapevole della luce, dei colori e delle trasparenze del plexiglas: una materia che catalizza l’energia luminosa e la restituisce all’osservatore immergendolo in una realtà alternativa che, mentre accarezza i sensi, stimola riflessioni sulla fuggevolezza del tempo.
Scese le scale, ci s’imbatte in lavori precedenti in cui la trasparenza del plexiglas si coniuga con i filtri di acetato, dando vita alle pagine, esposte a parete, dei suoi «libri», posti qui in dialogo con gli skyline di diverse città. Ognuno di essi è formato da quattro lastre di plexiglas di colori diversi su cui Francesco Candeloro ha graffito il profilo di città viste e visitate, annidate nella sua memoria e da lui rielaborate.
Trasparenza, duplicazione, inversione (le quattro lastre delle «città» sono sovrapposte in composizioni binarie e speculari) sono alla base del suo inconfondibile lavoro, che ci consegna visioni plurime e smaterializzate, dense di suggestioni. Accompagna la mostra un catalogo bilingue con un testo di Giorgio Verzotti.

Francesco Candeloro, «Trottolinea», 2019. Courtesy of A arte Invernizzi, Milano. Foto: Lorenzo Ceretta, Vicenza