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Uno dei tavoli di lavoro di NextGenHeritage a Venezia

Foto Magoga/Francesca Bottazzin

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Uno dei tavoli di lavoro di NextGenHeritage a Venezia

Foto Magoga/Francesca Bottazzin

Gestione dei beni culturali: semplificazione, libero accesso alle immagini e meno precariato

Sono alcuni dei risultati emersi nel corso di NextGenHeritage, iniziativa dell’Università Ca’Foscari conclusasi sabato, che confluiranno in una proposta di aggiornamento dell’attuale Codice dei Beni culturali da sottoporre al Governo il prossimo novembre 

Veronica Rodenigo

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La nostra legislazione e le nostre pratiche sono adeguate al mondo contemporaneo? Muove da questo primo interrogativo l’iniziativa NextGenHeritage che per quattro giorni ha riunito a Venezia 150 specialisti distribuiti in sei tavoli di lavoro e rientrante in «Crest-Cultural Resources for Sustainable Tourism» (Spoke 9, guidato dall’Università Ca’ Foscari, del Progetto di Ricerca Pnrr «Changes»). Il fine: individuare policy di comunità e indirizzi innovativi per la gestione dei beni culturali ed elaborare, nella fase conclusiva dell’intero processo, proposte concrete per un aggiornamento del nostro Codice. Quest’ultimo passaggio avverrà il prossimo novembre, a Roma. Sabato 1 febbraio, nello spazio dell’auditorium Santa Margherita son stati invece illustrati i risultati dei singoli ambiti di discussione, di cui due dedicati agli under 35.

Nel primo tavolo «Citizen Science» i partecipanti sono stati chiamati ad analizzare in primo luogo lo stato dell’arte della partecipazione civica nell’ambito dei beni culturali, anche alla luce di una definizione sempre più complessa del concetto di comunità, e della presa di consapevolezza che la stessa Convenzione di Faro appare rappresentativa di una civiltà prevalentemente occidentale. È emersa, tra i principali problemi teorici da affrontare, la necessità di «rompere il circolo» tra struttura amministrativa (spesso troppo rigida), quadro normativo e cultura della partecipazione.

In «Liberi tutti», lo spazio dedicato al libero accesso a dati e immagini dei beni culturali, uno dei punti ha interessato il problema di conciliare open access e codice etico, garantendo i principi costituzionali della libertà di pensiero ed espressione e della libertà di ricerca e insegnamento. Perché se da un lato è emersa chiaramente la necessità di open data dall’altro la libera circolazione di dati, metadati e immagini è limitata dagli artt. 107 e 108 del Codice dei Beni culturali. Quest’ultimo in particolare, secondo le proposte del gruppo di lavoro, potrebbe essere riformulato/adeguato seguendo i modelli europei più virtuosi. Tra le possibili proposte anche un ripensamento dell’attuale narrativa dei beni digitali, oggi costruita sui beni materiali. Più che organizzare delle categorie di beni andrebbero individuate categorie d’interessi, usi e contenuti.

Il tema scelto per il terzo tavolo, ossia quello della «De-Patrimonializzazione», è stato invece accolto dai partecipanti come una provocazione, una sorta di tabù. Meglio propendere per una più rassicurante gestione integrata tra pubblico e privato, seppur caratterizzata da un non facile rapporto. Tra le buone pratiche: promozione di istituzioni transdisciplinari e, nel modello Art Bonus, l’inclusione di donatori nella coprogettazione di contenuti.

I privati cittadini (da soli o in gruppo) se opportunamente coinvolti, potrebbero affiancare gli uffici statali dando vita a forme alternative e innovative, ma soprattutto sostenibili, per una tutela differenziata di beni minori, seriali e ripetitivi.

In «Esseri umani, natura, paesaggio» tra le varie osservazioni è emersa una visione antropocentrica del paesaggio propria al nostro Codice (non dovremmo preservare con più attenzione la parte naturalistica, che spesso viene sacrificata a favore di quella antropica, si chiedono nelle premesse gli organizzatori?). E perché non includervi un aggiornamento che tenga conto anche di aree degradate e abbandonate?

Possibili soluzioni appaiono dunque ripensare e aggiornare singole parti del Codice, inclusa una possibile semplificazione per consentirne la comprensione da parte dei cittadini, azioni collaborative disciplinate da regole precise e soluzioni partecipate per il ripristino di aree verdi in aree urbane ed extraurbane.

Da ultimo i due tavoli under 35 («Heritage Rewind. Newcomers, Migrazioni e patrimoni culturali nazionali»; «Climate Change e beni culturali: dialoghi (im)possibili») hanno restituito tutta la complessità di un tempo presente segnato da una crisi «multiprospettica e intergenerazionale» in cui i giovani partecipanti (ricercatori, cultori della materia, specializzandi…) rivendicano il ruolo di attori e attrici per una riscrittura della situazione attuale e di quella futura. Torna, ricorrente, il tema di una ridefinizione del concetto comunità (nuova e soprattutto inclusiva, in quanto multietnica), ma soprattutto il tema imprescindibile del precariato in senso transgenerazionale affinché competenze e professionalità non vadano disperse e svilite da precariato e ruoli inadeguati.

Per la call for ideas appositamente lanciata nell’ambito di NextGenHeritage e dedicata al futuro sostenibile dei beni culturali e del turismo veneziano c’è tempo fino al 31 marzo. Per proporre progetti «coraggiosi, audaci e realizzabili»: https://www.nextgenheritage.it/wp-content/uploads/2025/02/Call-for-Ideas-NextGen-Venice.pdf 

 

 

 

Veronica Rodenigo, 03 febbraio 2025 | © Riproduzione riservata

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