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Alberto Giacometti, Grande tête mince (Grande tête de Diego), 1955

Sotheby’s

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Alberto Giacometti, Grande tête mince (Grande tête de Diego), 1955

Sotheby’s

Giacometti invenduto da Sotheby’s: l'asta di New York è un flop

Il top lot da 70 milioni di dollari non ha ricevuto offerte e la vendita è rimasta ben al di sotto delle stime iniziali

Margherita Panaciciu

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Sotheby's, New York. Quando la serata raggiunge il suo apice la sala crolla nel silenzio. Sull'ambone di vendita si affaccia il top lot di serata, il top lot dell'intera primavera d'asta a New York. Ma forse ancora di più: «Grande tête mince (Grande tête de Diego)» di Alberto Giacometti è un'opera talmente importante, e ben valutata (70 milioni di dollari) che nessuno si aspettava arrivasse sul mercato in un momento così difficile. Il suo passaggio in asta ha assunto quindi i crismi della speranza, del rilancio, di un possibile ritorno ad aggiudicazioni clamorose. Così nel silenzio si può leggere una trepitante attesa, il preludio a un'esplosione di gioia. Invece gli occhi del banditore Oliver Barker invece si fanno sempre più inquieti, si muovono perlustrando la sala ma nessuna mano si alza, tende l'orecchio al telefono ma nessun apparecchio suona.

Il busto del 1955 era stato proposto dalla Fondazione Soloviev, istituita da Stefan Soloviev, figlio del defunto mega-collezionista Sheldon Solow, e il ricavato sarebbe andato a beneficio di vari enti di beneficenza. Soloviev e Sotheby's erano così convinti del valore dell'opera che non si erano premurati di porre alcuna garanzia, che avrebbe protetto la vendita e assicurato un'aggiudicazione al lotto. Ma il silenzio in cui la sala si è impantanata non si è smosso, nessun bidder si è fatto avanti e la scultura è finita tristemente invenduta.

«Il venditore credeva nell'opera e voleva venderla al suo prezzo», ha affermato l'amministratore delegato di Sotheby's Charles Stewart, commentando la scelta di prendersi il rischio di non predisporre garanzie. Peccato che il suo prezzo non fosse affatto condiviso da tutti i collezionisti presenti. Forse con una valutazione più bassa, 40-60 milioni di dollari, l'esito sarebbe stato differente. Del resto si trattava di un busto di dimensioni piuttosto ridotte, che non c'entrava pienamente il prime iconografico di Giacometti, legato alle sottili figure intere. Il record in asta, non a caso, è un «Pointing Man» da 141.3 milioni di dollari.

Il flop diventa così emblematico di una serata storta, che avrebbe dovuto risollevare il mercato e che invece ne certifica la spirale involutiva. L'evento ha finito per totalizzare appena 186,4 milioni di dollari, rispetto a una stima iniziale di 240-320 milioni di dollari. L'anno scorso la vendita equivalente aveva totalizzato 235 milioni di dollari. Un drop da rintracciare nella mancata aggiudicazione del Giacometti, ma anche in altri cinque lotti ritirati e dieci invenduti. Di questi, 27 erano garantiti per un totale di 75,8 milioni di dollari, che dunque erano da considerarsi nelle casse di Sotheby's anche prima che l'evento avesse inizio.

A tenere alto il morale ci ha pensato l'«Homme assis» (1969) di Pablo Picasso, che ha realizzato 15,1 milioni di dollari, rientrando così nelle stime iniziali. Buon risultato anche per il ritratto di Heinrich C. Hudtwalcker di Edward Munch del 1925, acquistato per 1,9 milioni di dollari da un collezionista asiatico. Quattro bidder si sono invece contesi «Flux et reflux» (1923) di Frantisek Kupka per 5,9 milioni di dollari, che non arriva dunque ai 7,5 milioni dell'attuale record d'asta dell'artista. Infine, simbolo della situazione confusa e incidentata, è «La Jeune fille au bouquet» (1921) di Fernand Léger. Stimata tra i 5 e i 7 milioni di dollari, l'opera inizialmente non è stata venduta. Più tardi, nel corso dell'asta, Barker ha riaperto il lotto nel corso della vendita, aggiudicandolo per 3 milioni di dollari. Magra consolazione in un'asta che doveva riempire le casse di Sotheby's, e che invece l'ha lasciata (quasi) a bocca asciutta.

Margherita Panaciciu, 14 maggio 2025 | © Riproduzione riservata

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