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Edoardo Monti. Foto Luca Santese

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Edoardo Monti. Foto Luca Santese

Giovani ospiti di Edoardo Monti

Che cos’è, come si gestisce e quali risvolti economici può avere una residenza d’artista: il caso di Palazzo Monti

Alessia Zorloni

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Edoardo Monti (1991) è un giovane bergamasco che dopo aver studiato al Central Saint Martins College di Londra e trascorso cinque anni da Stella McCartney a New York, ha deciso di dedicarsi all’arte contemporanea, trasformando la storica dimora di famiglia, acquistata dal nonno negli anni Sessanta, in una residenza per artisti nel centro di Brescia. Nato nel 2017, Palazzo Monti è un progetto artistico che fin da subito ha saputo vivacizzare la scena creativa della città, ospitando nelle sue sale affrescate numerosi artisti per poi metterli a confronto nelle esposizioni di fine residenza. Lo abbiamo incontrato per parlare di come è gestito il progetto.

Chi è il soggetto giuridico che gestisce Palazzo Monti? 
L’Associazione Culturale Palazzo Monti nasce nel 2019, a seguito di due anni di attività dove operavamo in forma privata. Abbiamo scelto l’assetto giuridico dell’associazione perché richiedeva un investimento nettamente inferiore rispetto a quello della fondazione, dove sono richiesti un minimo di 30mila euro per costituire il fondo (attraverso beni mobili o immobili), il quale, se la fondazione dovesse estinguersi, potrebbe essere trasferito solo a un’altra fondazione. L’associazione ci ha permesso di operare nel terzo settore, mantenendo una gestione agile e snella.

Ci sono delle residenze d’artista in giro per il mondo che considera dei benchmark?
Quando ho deciso di lanciare questo progetto, mi sono ispirato a vari programmi, in particolare allo Skowhegan nel Maine, al Watermill Center nello Stato di New York e a Villa Medici a Roma. Il bello delle residenze è che per quante ne possano esistere, ciascuna di esse può avere le sue regole e si può operare con pochissimi limiti e aspettative. Volendo, ognuno di noi può organizzare un progetto di residenza d’artista. Ci sono residenze che operano 365 giorni all’anno e che ospitano artisti per un mese, altre per un anno intero, altre ancora che operano solamente per pochi mesi all’anno.

Dalla sua esperienza ritiene che le residenze d’artista aiutino la carriera di un artista e il suo riconoscimento nel mercato?
In cinque anni di attività abbiamo un track-record di artisti che, anche grazie all’esperienza presso Palazzo Monti, hanno riscontrato successo nel mercato. Sto pensando a Flora Yukhnovich, che pochi mesi dopo l’esperienza a Brescia nel 2018 è stata chiamata da Victoria Miro, che ormai la rappresenta in tutto il mondo e i cui risultati all’asta stanno sbaragliando ogni record. Sahara Longe e Michaela Yearwood-Dan, residenti del 2021, che nei giorni finali della residenza hanno ricevuto l’invito a far parte della scuderia di Timothy Taylor e Marianne Boesky, rispettivamente. Altri invece, affermati già prima della loro partecipazione alla residenza, come Gideon Rubin, che lavora da anni con Karsten Greve, hanno iniziato a lavorare con gallerie italiane, in questo caso con Monica De Cardenas. Altre residenze poi, come quelle dello Studio Museum ad Harlem e del Rubell Museum a Miami, vengono immediatamente associate ad artisti la cui carriera può solo che crescere. Ne è un esempio il caso di Amoako Boafo, che dopo la sua residenza al Rubell Museum nel 2019, ha visto schizzare le sue quotazioni in asta.

Con quali criteri vengono selezionati gli artisti? Li seleziona personalmente o è coadiuvato da altri professionisti?
Consultiamo dei board di professionisti, che variano in base al progetto. Per il Degree Show, che vedrà nascere la terza edizione nel 2022, ci affideremo a Ilaria Bonacossa (curatrice e course leader in Contemporary Art Markets al NABA), Paolo Zani (fondatore e direttore di Galleria ZERO), Rossella Farinotti (curatrice ed executive director dell’Archivio Giò Pomodoro) ed Ettore Favini (artista). Per le residenze, ci riuniamo una volta ogni tre mesi con Erin Kim (direttore al Mana Contemporary), Anne-Claire Morel (brand success manager di Faire) e Cem Yilmaz (business developer presso Samsung a Seul). Infine, per altri progetti, possiamo contare su un board costituito dai nostri honorary director: Massimo Minini, Sabine Marcelis, Katy Hessel, Massimo Giorgetti e Umberta Gnutti Beretta.

Quante persone lavorano in Palazzo Monti e come sono suddivise le attività? 
Lo staff di Palazzo Monti è costituito da Ilenia Rubino, ospitata presso il palazzo, che come residency manager gestisce l’organizzazione delle residenze, delle application (oltre 200 al mese), dei progetti espositivi, degli eventi, dell’archivio e della biblioteca; Costanza Nizzi, che dirige i Progetti Speciali, ovvero tutte le attività filantropiche o commerciali svolte a Palazzo Monti o altrove, legate alla nostra comunità; Giovanni Cavalleri e Cecilia Bianchini, che da sempre gestiscono l’immagine grafica di Palazzo Monti; Leonardo Anker Vandal, che si occupa di dare un supporto tecnico alla produzione delle opere e dei progetti realizzati dagli artisti in residenza; infine ci sono io, che coordino e dirigo tutte le attività.

Qual è la strategia di sostenibilità di Palazzo Monti? 
I primi tre anni di Palazzo Monti hanno visto una prevalenza di investimenti volti sia a migliorare l’offerta di beni e servizi per gli artisti in residenza, sia a realizzare progetti espositivi ed educativi con l’obiettivo di costituire una comunità di appassionati. Portando avanti la nostra visione, siamo riusciti a lanciare l’anno scorso il progetto Amici di Palazzo Monti, tramite il quale vengono raccolte donazioni volte al supporto dell’attività e alla copertura dei costi gestionali. Nel 2022 lanceremo il Palazzo Monti Art Trust, il cui obiettivo sarà tuttavia puramente mecenatistico, e che non vedrà aumentare di molto il budget operativo dell’attività espositiva o di residenza.
 

Edoardo Monti. Foto Luca Santese

Alessia Zorloni, 31 maggio 2022 | © Riproduzione riservata

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