Giovanni Pellinghelli del Monticello
Leggi i suoi articoliÈ un lavoro paradigmatico di interessi e carriera di studi di Anna Maria Riccòmini questo regesto critico e analitico che, a quattro mani con Claudia Magna (studiosa dal nome da Augusta della Tarda Romanità), dedica ai disegni conservati a Torino di Girolamo (Sellari) da Carpi (1501-56), quel disegnatore sensibile e attento, ferrarese di nascita, che riuscì a ritagliarsi una referenzialità autonoma ed esclusiva nella Roma di metà Cinquecento, come sapiente di statuaria classica e, soprattutto, di abile interpretativo architetto di giardini di antichità: un’attività in cui (come scrive il Vasari) «si portò tanto bene che ne restò ognuno stupefatto».
Non un nome noto oggi ai più, ma certo artista capace di lasciare il segno e di incuriosire, Girolamo da Carpi fu al servizio di papa Giulio III de’ Ciocchi del Monte e del cardinale Ippolito II d’Este (che fra 1549 e 1553 lo impiegò nelle residenze di Roma e nella Villa di Tivoli), di fatto trascurando la pittura a vantaggio del disegno. Il Taccuino Romano, di cui restano 200 fogli, oggi suddivisi tra i 90 della Biblioteca Reale di Torino, gli 85 del Rosenbach Museum & Library di Filadelfia e i 5 del British Museum, mostra un artista preso dai marmi antichi ma non dimentico delle opere dei contemporanei acclamati: Raffaello e la sua cerchia in primis, Michelangelo, Parmigianino.
E qui si illumina l’affinità elettiva con gli studi di Anna Maria Riccòmini: archeologa di formazione e studiosa dell’interpretazione e rappresentazione dell’antico della Classicità rinascimentale e moderna, degna figlia dell’indimenticabile Eugenio e sorella schiva del più mondano e showy Marco, insegna oggi Storia dell’Arte Classica a Cremona nel Dipartimento di Musicologia e Beni Culturali dell’Università di Pavia dopo la laurea a Pisa proprio con la tesi sul Taccuino Romano di Girolamo da Carpi, presenza che rispunta a mo’ di fil rouge nei suoi studi sul cinquecentesco e barocco collezionismo di antichità e sui disegni dall’antico. I vari studi recenti, pur dando nuova visibilità a Girolamo da Carpi, si sono occupati solo marginalmente di quel Taccuino Romano e questo studio aggiorna oggi, per la sezione torinese, il regesto curato nel 1976 da Norman W. Canedy, dando più spazio ai disegni dall’antico, quelli in cui Girolamo, per citare Frederick Antal, «portava le pietre alla vita».
Per un disguido in fase di pubblicazione, l’articolo ieri è erroneamente uscito a firma di Marco Riccòmini. Ce ne scusiamo con tutti gli interessati.
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