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Redazione
Leggi i suoi articoliPresso lo stand del Ministero della Cultura alla 46ma edizione del Meeting di Comunione e Liberazione di Rimini, dal titolo «Nei luoghi deserti costruiremo con mattoni nuovi» (22-27 agosto), è esposta l’opera «San Giovanni Battista tra i santi Francesco d’Assisi, Girolamo, Sebastiano e Antonio da Padova» (nota come Pala dei Cinque Santi) di Pietro Vannucci, detto il Perugino, proveniente dalla Galleria Nazionale dell’Umbria.
«La presenza del MiC all’interno del Meeting di Comunione e Liberazione a Rimini, così come in tutti i presidi culturali italiani e internazionali, sta a significare una costante sfida affinché la desertificazione culturale venga arginata dalla bellezza, dal dialogo, dal confronto che le arti possono propiziare, anche e soprattutto in tempi così complicati in cui le guerre attraversano il nostro continente, il Medio Oriente e molti dei luoghi più sensibili del pianeta», ha dichiarato il ministro della Cultura Alessandro Giuli.
Intervenendo al dibattito «De-Statalizzare la cultura» moderato da Irene Elisei, con il poeta Davide Rondoni e il professore di Economia della Cultura dell’Università Chieti-Pescara Pierlugi Sacco, il Ministro ha così illustrato l’obiettivo del Piano Olivetti da 54 milioni di euro: «Noi oggi stiamo mappando tutta quella che è la cosiddetta siccità culturale delle periferie metropolitane e dei borghi che vanno spopolandosi, per mettere a disposizione dei soldi che non siano un sussidio ma offrano ai soggetti che hanno energie latenti e magari scoraggiate dall’assenza dello Stato, le condizioni per contribuire a una partnership pubblico-privato che è la chiave per dare questa libertà di scelta».
«L’Art bonus è una storia di successo che va incoraggiata. Devono esistere delle buone idee su cui coinvolgere i mecenati e tutti quelli che con l’Art bonus possono donare qualcosa alla collettività», ha proseguito Giuli. «L’Art bonus deve intervenire ispirato dal decisore pubblico affinché si possano federare, superando anche le rivalità territoriali, soggetti che rappresentano un piano sequenza straordinario della bellezza e della qualità culturale e artistica italiana. Il potere pubblico semplicemente deve mettere ordine e collegare queste due realtà, creando una linea di contatto tra il moderno e il contemporaneo, facendo arrivare i giovani nelle residenze d’artista e facendo rete: l’Art bonus allora diventa sul tavolo del Ministero dell’Economia la carta che vince».
E ha ricordato che «grazie al Parlamento abbiamo abbassato dal 22% al 5% l’Iva sulla compravendita delle opere d’arte e questo è un dato storico. Il comparto è destinato ad avere dei ricavi superiori fino al 50%. Quindi è ovvio che l’obiettivo è quello di abbassare la pressione fiscale sul mondo che fa cultura, ma tutto questo può avvenire gradualmente in presenza di una qualità sempre maggiore nell’offerta di servizi. I soldi per la cultura non basteranno mai. Il punto è come si usano, che cosa se ne fa e in che misura si mettono in condizioni i soggetti culturali di disporre presto e bene di tutto ciò che la cultura ha a disposizione. Secondo me il cibo migliore che si può dare dal punto di vista culturale si chiama libertà di scelta».
In tale occasione, Giuli ha altresì espresso il proprio interesse «per creare un laboratorio interministeriale sul rischio educativo. O vinciamo la sfida lavorando insieme in un processo condiviso di iniziative di semplificazioni dell’offerta culturale integrata, oppure ci allontaneremo dal teatro di Epidauro e dalla salute che è strettamente collegata all’offerta culturale. Come presidente del MaXXI (dalla fine del 2022 a settembre 2024, quando è stato nominato ministro della Cultura, Ndr) ho lavorato per un protocollo con l’ospedale Gemelli di Roma sulla base di studi scientifici sulle aspettative di vita perfino dei malati terminali» in modo da fornire «la libertà di interazione con la cultura che attiva delle aree neuronali, energie perfino spirituali. Il nostro dovere non è preconfezionare un prodotto arrogandosi il diritto di dire questo ti fa bene, ma offrire a una persona a lungodegenza, nelle condizioni ovviamente date dalle strutture cliniche esistenti, la possibilità di scegliere come dialogare con l’arte».
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