Stefano Luppi
Leggi i suoi articoliHa coinciso con un fatto di cronaca il debutto bolognese di Opera Laboratori, azienda attiva nella gestione di 89 siti museali italiani (tra cui Le Gallerie degli Uffizi, il Parco Archeologico di Pompei, le Gallerie dell’Accademia di Venezia, la Pinacoteca di Brera) che nella scorsa primavera ha firmato un accordo con Fondazione Carisbo per occuparsi per un quadriennio di quattro dei cinque siti storici già parte del dismesso progetto Genus Bononiae.
Durante l’inaugurazione, il 20 settembre, della prima attesa mostra a Palazzo Fava - Palazzo delle Esposizioni, «Ai Weiwei. Who Am l?» (fino al 4 maggio 2025, a cura di Arturo Galansino, direttore di Palazzo Strozzi di Firenze dove nel ’16 si tenne un’ampia monografica del maestro nato a Pechino nel 1957) un uomo di origine slava, Vaclav Pisvejc, ha distrutto la scultura «Porcelaine Cube» del 2009, un grosso e fragile cubo di porcellana collocato nella biglietteria di Palazzo Fava. Pisvejc, subito bloccato dalle forze dell’ordine non è nuovo a gesti estremi «artistici» visto che negli ultimi anni, a Firenze, aveva già aggredito Marina Abramovic e danneggiato l’opera Big Clay di Urs Fischer e la statua raffigurante il David di Michelangelo in piazza della Signoria. Sul danneggiamento e sulla attività futura di Opera a Bologna che comprende anche la gestione di San Colombano - Collezione Tagliavini, il complesso monumentale di Santa Maria della Vita, San Giorgio in Poggiale, interviene Giuseppe Costa, presidente e amministratore delegato dell’azienda.
Costa, un brutto episodio eh?
La penso come ha detto Ai Weiwei dopo l'accaduto: «Domani il sole sorge comunque». Siamo dispiaciuti, ovviamente, per il danno arrecato all’opera, ma non esiste un rischio zero, nonostante i controlli, che sono comunque tanti. Una soluzione non può essere blindare le mostre e i musei, piuttosto dovremmo far capire l'importanza di preservare e valorizzare queste opere attraverso la sensibilizzazione e diffusione di una cultura che punti a costruire e conservare anziché distruggere.
Come imposterete l’attività a Bologna?
Il progetto di Genus Bononiae rappresenta per noi una sfida: vogliamo creare un percorso di arricchimento sociale che possa produrre cultura partecipata attraverso un’offerta lungimirante. La ricchezza di Genus Bononiae, quadrilatero della cultura bolognese, ci impone quindi un impegno ancora maggiore nel restituire alla fruizione questi musei e palazzi storici con una chiave di lettura che consenta un dialogo continuo tra passato e presente. Le sale di Palazzo Fava ospiteranno mostre di arte contemporanea, arte antica e fotografia, alternando esposizioni temporanee dedicate a vari periodi storici, movimenti e artisti: le rassegne sul contemporaneo vedranno la partecipazione di personalità di spicco del panorama italiano e internazionale mentre quelle dedicate all’arte antica saranno incentrate prevalentemente sulla valorizzazione e riscoperta del contesto culturale bolognese, con particolare attenzione al patrimonio di proprietà.
Dopo Ai Weiwei cosa prevedete?
Ci concentreremo su come far risaltare e consentire di ammirare al meglio i capolavori già ospitati a Palazzo Fava e in Santa Maria della Vita (rispettivamente sedi di affreschi di Ludovico, Annibale e Agostino Carracci e del Compianto sul Cristo Morto di Niccolò dell’Arca, Ndr). Come sempre opereremo rispettando collezioni e monumenti e lo faremo attraverso le persone, vero valore aggiunto della nostra azienda.
Avete assunto il personale ex Genus Bononiae e vi occuperete anche del patrimonio artistico di Carisbo?
Ho partecipato alla prima gara per la gestione di un museo nel 1998 e da allora abbiamo sempre fatto il possibile per valorizzare tutti i collaboratori e le collezioni permanenti. Sì, abbiamo assunto il personale ex Genus Bononiae e di concerto con la Fondazione ci impegniamo in una gestione integrata e sinergica dei servizi complementari dei plessi museali, con investimenti mirati a valorizzare la specifica vocazione di ciascuna sede, luoghi di programmazione culturale e insieme centri di studio, ricerca, catalogazione e conservazione di secoli di arte, storia, letteratura e cultura di Bologna. Non lasceremo nulla al caso e l’obiettivo è quello di valorizzare e non certo nascondere le raccolte della Fondazione. A tal proposito desidero ringraziare Patrizia Pasini, presidente della Fondazione Carisbo e Renzo Servadei, amministratore unico di Genus Bononiae, per aver riconosciuto le potenzialità e le competenze di tutti noi.
Accennavamo a Ai Weiwei, la mostra è diversa da quella di Firenze?
È lo stesso artista che nel 2016 fu protagonista a Palazzo Strozzi, ma la sua produzione è in continua evoluzione. L’arte dirompente di Ai Weiwei trasformerà le sale di Palazzo fava, attraverso un’ampia selezione di opere che abbracciano l’intero universo creativo dell’artista. Sono oltre cinquanta le opere presenti tra installazioni, sculture, video e fotografie e si crea un dialogo inedito con i fregi affrescati a fine ’500 dai Carracci e dalla scuola in un confronto continuo tra passato e presente, e anche futuro. Infatti il titolo «Who am I?» è ispirato da una conversazione dell’artista con l’intelligenza artificiale.
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