Laura Lombardi
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Oggi 1 ottobre alle 18 alla Biaf-Biennale dell’Antiquariato di Firenze l’Associazione Amici di Doccia presenta i più recenti restauri di opere del Museo Ginori (due dei quali esposti in anteprima, ovvero i grandi modelli in gesso raffiguranti «Ercole e il leone», l’uno da Stefano Maderno e l’altro da una composizione attribuita a Pietro Tacca), ma anche il XVI volume dei «Quaderni»: Ginori in asta. Uno sguardo alle vendite degli ultimi vent’anni.
La presentazione è però anche un addio dopo ventuno anni di attività e l’annuncio è dato proprio nel luogo in cui l’Associazione si presentò, appena costituita, nel 2003. Un addio non certo triste ma sereno come ci spiega la presidente Livia Frescobaldi. Ma perché chiudere proprio ora? «Trovo interessante ci sia tanto stupore. La chiusura per me è il festeggiamento di un successo raggiunto in questi due decenni; abbiamo ottenuto tanti risultati ed è fisiologico che questa associazione, creata per rispondere a un bisogno, ora cessi la sua attività. Il museo è ora in ristrutturazione e si è costituita la Fondazione: abbiamo quindi traghettato l’istituzione da privata a pubblica. La nostra missione è compiuta e ci auguriamo che altri possano portare avanti, magari in altra forma, il nostro impegno».
Quali sono state le vostre priorità in questi anni?
Ci siamo fondati senza ancora sapere che cosa sarebbe successo di lì a poco al Museo, col fallimento dell’impresa e gli anni bui della gestione privata che avrebbe lasciato cadere in stato di abbandono quel luogo. Prima che rischiassimo che chiudessero i cancelli dello stabilimento siamo riusciti a fotografare e inventariare circa 13mila pezzi, grazie anche al contributo della Fondazione Cassa di Risparmio di Firenze: una schedatura essenziale e punto di partenza per la Regione per svolgere il completamento dell’inventario. Il patrimonio di proprietà del Museo, oggi di proprietà dello Stato in consegna alla Fondazione costituita nel 2019 da Ministero della Cultura, Regione Toscana e Comune di Sesto Fiorentino, e in deposito presso lo stabilimento è stato notificato e dal 2014 ci siamo messi a disposizione proponendoci in vari modi di mantenere viva la conoscenza della Manifattura anche a museo chiuso. Abbiamo contribuito più in generale a accrescere l’interesse per la porcellana attraverso varie pubblicazioni edite negli anni oltre ai «Quaderni».
Quanti membri compongono l’Associazione?
Circa 370, provenienti da diverse parti di Italia, Europa e dal resto del mondo. La conduzione è stata molto snella, ma presente e determinata: ad affiancarmi c’erano Oliva Rucellai, capo conservatrice del museo e Rita Balleri, oltre a un consiglio direttivo, che è stato fondamentale al raggiungimento dei risultati.
Quali sono state le vostre principali attività?
Ci siamo legati a varie istituzioni, come Artigianato e Palazzo, il Fai-Fondo per l'ambiente Italiano, l’Accademia di Belle Arti e la Scuola di Arti Orafe, oltre a importanti musei italiani, diversificando le nostre proposte, coinvolgendo ad esempio attori per spettacoli teatrali. Abbiamo sempre cercato di contemperare un approccio scientifico a questi temi con un aspetto divulgativo rivolto a un pubblico diverso. Abbiamo salvato e fatto restaurare non solo i modelli in gesso e terracotta, ma anche tanti documenti dell’archivio, ora trasferiti all’Archivio di Stato, che si stavano distruggendo sotto le muffe e creato dei database per archiviarli. Al Museo lasciamo un patrimonio fotografico digitalizzato di circa un migliaio di immagini professionali.
E questi ultimi restauri con quale criterio sono stati scelti?
Per un interesse storico, perché di alcuni modelli non si conoscevano altre versioni, ma anche per criteri di conservazione. Nel 2024, oltre ai gruppi presentati alla Biaf, l’Associazione ha finanziato il restauro di una lampada in porcellana disegnata da Gio Ponti per Richard-Ginori negli anni Venti, raro esempio di design eclettico del Novecento, e di due gruppi scultorei in terracotta da Giuseppe Piamontini, «Bacco e Arianna» e «Venere e Amore», entrambi degli anni Cinquanta del XVIII secolo, questi ultimi due grazie alla raccolta fondi in collaborazione con il Fai.
Il tema dell’ultimo numero dei «Quaderni» è sulle vendite Ginori: come vanno?
Noi non ci occupiamo di mercato, ma con questo ultimo numero abbiamo voluto sottolineare che i galleristi, gli antiquari e le case d’aste contribuiscono enormemente alla ricerca facendo emergere opere inedite e ponendole all’attenzione di tutti.
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