«I quattro elementi terra, acqua, aria, fuoco mi interessano ancora. Così come lo sguardo, la memoria, la previsione»: così Nanni Valentini definisce nel 1975, in uno dei numerosi scritti che accompagnano la sua attività, i fondamenti della sua arte. Un percorso avviato nel dopoguerra con gli studi tra Pesaro e Faenza, con Angelo Biancini e Bruno Baratti e i primi riconoscimenti come ceramista, che è ben sintetizzato dalla scelta di opere presentate dalla Galleria Il Ponte dal 29 novembre al 10 febbraio nella mostra «Non solo terracotta. Opere di Nanni Valentini», a cura di Andrea Aliprandi, in collaborazione con la Fondazione Galleria Milano. Vi sono alcuni vasi della fine degli anni Cinquanta e Sessanta, grandi opere su tela e su carta, ma anche una grande composizione in gres del 1983, due anni prima della precoce scomparsa.
Lo stretto rapporto con gli elementi, nato negli anni dell’Informale, si arricchisce di molti incontri, fin da quelli del viaggio a Parigi del ’55 dove conosce Gianni Bertini, Asger Jorn, Corneille e vede lavori di Burri, Wols, Bissier, Germaine Richier; e grazie a Lucio Fontana, allestisce una personale nel 1958 alla Galleria dell’Ariete di Milano, con lavori in terracotta. Numerose in seguito le collaborazioni con gallerie tra Roma, Milano, Venezia, e anche Firenze (alla galleria Numero). Negli anni Sessanta si concentra maggiormente su pittura e scultura, guardando a Carrà e Sironi, dividendosi tra Milano e Pesaro: qui studia le tecniche della pittura antica, per approdare poi ad una pittura in rilievo o a una scultura dipinta. Presto il ritorno alla ceramica, ma anche alla carta pesta, al cartone bagnato, a cera, sabbia, cemento, garza, legno e in terracotta realizza una serie di piastre con impronte di alberi, foglie. I segni nel e del paesaggio, «ombre, luccichii, scalfitture, crepe, vuoti, sguardi, attese, segni visibili», rimandano a segni invisibili: «ma il presagio già li percorre, sono dietro i muri, sotto la pelle, fra le pieghe delle trame, nascosti in una memoria senza codici, preservati dall’anima del tempo con tutti i successivi segni». Attivo anche nel cinema con Pier Paolo Pasolini, nell’insegnamento e nella militanza politica, Valentini è anche bulimico lettore, specie di Heidegger e di Bachelard, assaporando, come nota Flaminio Gualdoni, «la misura profonda, vitale, del tutto anti-intellettualistica, della terra matrice, del femminile, del luogo in cui la differenza non è data ma tutti i possibili sono».