George Loudon tra la sua collezione

Foto: Alberto Giannese

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George Loudon tra la sua collezione

Foto: Alberto Giannese

Grimani e Loudon, due Kunstkammer a confronto

Nella dimora veneziana si concretizza l’incontro «meraviglioso» tra il padrone di casa e il suo emulo britannico di tre secoli dopo

Grandi e piccoli, esperti o neofiti, semplicemente curiosi: la scommessa di Thierry Morel, studioso specializzato nella storia del collezionismo italiano del XVI e XVII secolo, tra gli ultimi allievi di Francis Haskell, è quella di non lasciare nessuno indifferente di fronte alla meraviglia che intende squadernare nelle sale di Palazzo Grimani a Venezia, già di per sé luogo d’incanto. Tra gli stucchi e gli affreschi del palazzo, raro esempio rinascimentale di ascendenza tosco-romana a Venezia, Morel vuole restituire la sorprendente unicità di quella che era la collezione del patriarca di Aquileia Giovanni Grimani nel XVII secolo, prima che gran parte di essa venisse dispersa. Ma riserva molto altro la mostra «A Cabinet of Wonders. A celebration of Art in Nature», voluta dalla George Loudon Collection (Gran Bretagna), in collaborazione con i Musei archeologici nazionali di Venezia e della Laguna, con prestiti provenienti dal Mak-Museum für angewandte Kunst di Vienna, prodotta dal Ministero della Cultura, dalla George Loudon Collection e da Venetian Heritage, aperta dal 15 dicembre all’11 maggio 2025

È il curatore stesso, Thierry Morel, a spiegare che cosa si può ammirare nella sequenza di sale del piano nobile del palazzo: la Sala di Psiche, il Camerino di Apollo, il Camerino di Callisto, la Cappella e il suo vestibolo, la sala da pranzo e la Sala Neoclassica: «L’idea è che il visitatore resti conquistato dalla meraviglia del palazzo e degli oggetti, d’arte e natura, che vi sono esposti, ricostruzione del Cabinet of Wonders o Wunderkammer di un collezionista veneziano del Seicento, colto e amante della cultura, di fede cristiana, mosso da curiosità enciclopedica. Proprio la curiosità è la chiave di lettura che serve per accedere all’esposizione allestita come se fosse la casa abitata dal proprietario con la sua raccolta principesca, un grande omaggio a questo superbo palazzo che assume un aspetto completamente diverso. Questo a partire dalla prima sala, un tripudio di dipinti, bronzi, maioliche, mobili, oggetti di oreficeria, statue antiche, busti, per la maggior parte esposti per la prima volta al pubblico, tra le pareti rivestite di arazzi e tessuti preziosi. Nell’oratorio si vedono opere molto rare della Scuola di San Rocco, reliquiari del Cinquecento, dipinti di Tintoretto, Tiziano, Veronese, Bassano, Giambologna, Brueghel il Vecchio, una natura morta tra le più belle che io conosca del periodo caravaggesco, un mobile veneziano del Seicento con intarsi di cristallo di rocca e lapislazzuli, piatti dorati genovesi del Seicento, vetri veneziani e antichi. E ancora naturalia a non finire, dalle conchiglie ai fiori fatti di osso, ai pezzi in avorio. Tutti oggetti che rappresentano gli interessi infinitamente vari di un uomo dalla cultura immensa, posti in relazione con le decorazioni delle sale che li ospitano».

Si tratta di una ricostruzione oggettiva della collezione di Giovanni Grimani?
Purtroppo la sua collezione andò dispersa, fatta eccezione per la parte antica che è stata donata dagli eredi alla città. Alcune delle sculture avevano già fatto ritorno a Palazzo Grimani in occasione del suo restauro di qualche anno fa. Spero di poter regalare al pubblico anche l’emozione del ritrovamento di un oggetto che apparteneva alla raccolta su cui sto terminando le mie verifiche. Non è stato possibile, però, procedere come nel caso della mostra «Houghton Revisited» che vide il ritorno a Londra dei capolavori della collezione Walpole dal Museo Statale dell’Ermitage di San Pietroburgo. Qui a Venezia è stato necessario operare invece in maniera immaginaria, anche se il supporto della documentazione del tempo ha consentito di riproporre lo spirito originale della collezione. Un ruolo fondamentale in questa ricostruzione è svolto dalla collezione di George Loudon, londinese che ha iniziato dall’arte contemporanea per lasciarsi poi conquistare dagli oggetti utilizzati per la didattica delle scienze dal Settecento in poi, raccolta che ho trovato straordinaria fin dalla prima volta che l’ho vista e a cui è dedicata la seconda parte della mostra. Mi è apparso subito chiaro che tra George Loudon e Giovanni Grimani ci fosse uno spirito comune, uno spirito che animava tutti i grandi collezionisti a Venezia, in Italia e nel resto d’Europa. In chiusura i visitatori hanno ancora una sorpresa grazie all’intervento realizzato dall’artista contemporaneo Erik Desmazières, che si innesta in questo viaggio nel tempo con le sue incisioni tratte da un cabinet del Cinquecento. 

Come farà il pubblico a orientarsi tra questa miriade di opere?
I visitatori dovranno dimenticare il loro mondo, ognuno vedrà cose diverse seguendo ciò che entra in sintonia con la sua vita intima, lasciandosi trasportare dal piacere di guardare, vivendo il senso di immortalità che la raccolta trasmette. Non sarebbe stato possibile applicare una targhetta con la didascalia a ciascun oggetto, quindi, oltre ai fogli di sala che illustrano in maniera generica l’ambiente, un’app consente di decifrare tutti gli oggetti esposti e le loro caratteristiche. Una mostra non è un libro: è un viaggio esperienziale, un percorso di scoperta intellettuale, artistica, sensoriale, ma soprattutto un grande piacere.

Camilla Bertoni, 13 dicembre 2024 | © Riproduzione riservata

Grimani e Loudon, due Kunstkammer a confronto | Camilla Bertoni

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