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Francesca Romana Morelli
Leggi i suoi articoliDandrieu Giovagnoni African Art dal 13 al 30 maggio propone la mostra «Tra segni e colori d’Africa», con una decina di maschere nelle quali il segno e il colore giocano un ruolo determinante, conferendo al manufatto un valore simbolico e magico e indicando l’appartenenza di colui che lo indossa a un determinato rango sociale, e perfino l’età della persona rappresentata. Si tratta in genere di maschere provenienti da collezioni private francesi, come nel caso dell’esemplare Kifwebe Songhye (Congo).
Esso è caratterizzato da una geometria marcata e da pochi elementi aggettanti (bocca, naso), mentre i solchi e le scarificazioni di colore bianco che lo percorrono costituiscono, secondo gli studiosi, ricordi del percorso labirintico compiuto dalle giovani iniziate della società segreta Kifwebe, nel corso delle danze in cui si rende omaggio agli antenati. Di forte impatto visivo per le sue fattezze è la piccola maschera «Pwo» Chokwe (nella foto), tra i più preziosi prodotti dell’arte congolese. «È costituita da legno, pigmenti, tessuto e fibre vegetali», spiega Chanthal Dandrieu. «Rappresenta un volto di “donna e madre ideale” con le tipiche decorazioni frontali e la ricca acconciatura costituita da un intreccio di fibre vegetali e tessuti».
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