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Roberto Longhi

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I silenzi di Longhi (e di Croce) rispetto a quello che avrebbero potuto dire

Note strinate • Dissonanze percepite dallo storico dell’arte musicologo Claudio Strinati

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Claudio Strinati

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Per tutto il corso del 1924 Roberto Longhi tace. Non pubblica, non interviene, ma cova un progetto ambizioso di cui però non si sente ancora di parlare. Anche Benedetto Croce tace in quell’anno fatale, ma in modo ben diverso. Tace rispetto a quello che avrebbe potuto e forse dovuto dire. 

Matteotti è stato assassinato ma Croce, giunto il momento decisivo del dibattito parlamentare, si arrampica sugli specchi. Il filosofo che da gran tempo siede in Senato vota a favore del Governo. Farnetica sul fatto che così facendo costringerà Mussolini a uscire allo scoperto. Lo tiene prigioniero, argomenta, per il bene della Nazione. Perché Mussolini è in realtà antifascista, sostiene. Lo ha detto lui stesso tanto chiaro in Parlamento! E noi liberali dobbiamo guidarlo a reagire, ripristinando l’ordine e la legalità che è appunto lo scopo da Mussolini perseguito e da sempre con impegno generoso. La dialettica dell’idealismo non funziona, malgrado Croce da giovane fosse stato tra i primi a spiegare come ci siano degli occhiali, chiamati marxismo, che permettono di vedere i contorni del reale con evidenza e verità. Ma vivere filosoficamente non si può e Croce, il più colto e il più acuto degli intellettuali italiani del tempo, cede alla paura e continuerà così fino alla fine dei suoi giorni. Dopo la guerra voterà per la monarchia sostenendo che sarebbe stato l’unico modo per indurre gli italiani a desiderare quindi, ma senza imposizioni, la Repubblica. Chiederà con veemenza che non venga firmato il trattato di pace perché mortificante per l’Italia. 

Nel 1924 per un giovane come Longhi (aveva 34 anni) Croce, che di anni ne aveva 56, era il riferimento imprescindibile quasi dittatoriale della vita dello spirito della Nazione, da contestare certo ma comunque il maestro con cui misurarsi. Longhi, invece, si sentiva un futurista, nuovo Boccioni che sferra il pugno secondo Balla. Voleva comandare sul mirabolante mondo dell’arte (e tale era al tempo) come Croce comandava sulla cultura in generale e ne aveva forse buon diritto. Dopo molti bocconi amari adesso Longhi aveva trovato il suo profeta in Alessandro Contini Bonacossi. E se quell’anno 1924 Longhi tace, tace per causa sua, o almeno così la raccontò, dopo un viaggio epocale con lui, dove gli sembrava di essere entrato nella stanza dei bottoni, dialogando alla pari con i veri protagonisti. Tace perché aveva bisogno di molto tempo per riordinare gli infiniti appunti presi durante quel viaggio e che avrebbero generato un flusso maestoso di nuove ricerche e scoperte verso la verità di una disciplina fraintesa e mortificata dagli infingardi. Ci volle un po’ perché si cominciasse a configurare questo mondo della novità destinato a rivelarsi meno audace e futuristico di quanto sarebbe stato lecito attendersi.

Claudio Strinati, 13 dicembre 2024 | © Riproduzione riservata

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