Claudio Strinati
Leggi i suoi articoliTrent’anni fa, nel 1994 prendeva corpo un progetto musicale, elaborato da manager e giornalisti del settore, destinato a diventare forse il più importante fenomeno anche mediatico della fine del XX secolo. Si tratta del gruppo vocale inglese delle Spice Girls che per cinque anni circa dominerà l’immaginario collettivo di teenager, e non solo, di tutto il mondo. La favola bella delle cinque adolescenti trionfatrici della musica pop si arresterà poi simbolicamente proprio alla svolta del nuovo millennio, anche se ricompariranno con successo, a lunghe distanze di tempo, come alle Olimpiadi di Londra nel 2012.
L’attività delle valenti musiciste, oggi cinquantenni, è stata meritevole generando ulteriori personalità musicali, quali Britney Spears e Taylor Swift, nate rispettivamente all’inizio e alla fine degli anni ’80 e sfocianti in ruoli di influencer. Ci sono precedenti storici ragguardevoli di questo tipo di vita musicale al femminile. Come sempre l’Italia è stata battistrada nella prima metà del ’900 che vide il trionfo planetario del Trio Lescano composto da tre sorelle di origini ungheresi nate e cresciute a L’Aja che tra il 1937 e il 1943, con notevoli estensioni successive, crearono in mezzo a mille difficoltà un tipo di contesto ed esecuzione musicale al femminile, invero memorabile, modellato sullo swing americano, ma radicato a una tradizione di creatività risalente al secondo ’800 francese e promanante dalla scuola del grande (e oggi quasi dimenticato) maestro Ernest Guiraud di New Orleans, vissuto tra il 1837 e il 1892, sostenitore di un nuovo e formidabile metodo didattico che trasfuse in numerosissimi allievi e collaboratori, tra cui spicca la parigina Mélanie-Hèléne Bonis (1858-1937), prolifica e magnifica autrice che volle farsi chiamare Mel Bonis proclamandosi compositore e basta, alla stregua di una nuova George Sand. Scomparsane la fama, Mel Bonis fu recuperata nel corso degli anni ’80 del ’900, pochissimo tempo prima dell’esordio delle Spice Girls.
È notevole ricordare come due di loro, chiamandosi entrambe Melanie (Brown e Chisholm) assunsero i nomi di Mel B e Mel C, quasi criptico omaggio alla grande predecessora (anche se il termine è un po’ raro) Mel Bonis, autrice tra l’altro di una miriade di canzoni e brani pianistici d’incantevole bellezza. C’era in lei, come nell’appena più giovane e sommo Erik Satie, lo spirito di Mallarmé nel sogno del mito greco classico in forma di estenuazione e lusinga. Il fauno, Pan, le ninfe e le amazzoni. L’andirivieni di un maschile e di un femminile entrambi di per sé inesistenti ed entrambi incombenti e contrastanti proprio nello spazio privilegiato dell’arte che non ha l’obbligo di essere reale ma ha l’ansia di essere vera. Cinque adolescenti apprendiste amazzoni e un po’ scalmanate ma non tanto hanno partecipato da par loro a far chiudere l’anticlassico ’900 assai dolcemente, per dirla con un poeta insigne.
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