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Icilio Federico Joni

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Icilio Federico Joni

Icilio Federico Joni, l'arte geniale del falso

La storia del pittore, caposcuola dei «falsari» senesi

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Redazione GDA

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«Paicap» è stata per molto tempo una misteriosa sigla presente in molti dipinti trecenteschi (presenti al Metropolitan di New York come a Dublino), poi qualche studioso come Kenneth Clark sollevò dei dubbi sull’autenticità dei dipinti e si capì il significato dell’acronimo: «Per Andare In Culo Al Prossimo». Era la firma di Icilio Federico Joni.

Lo racconta in un articolo del 29 agosto, per il «Corriere della Sera», Roberta Scorranese. Joni, nato a Siena nel 1866, abbandonato alla nascita alla ruota dell’ospedale di Santa Maria alla Scala, e morto nel 1946, è stato un pittore italiano, specializzatosi come contraffattore di dipinti antichi (soprattutto di scuola senese) e caposcuola dei «falsari» della stessa città. Notissimo per le sue Madonne ispirate all'antica scuola senese (conosceva perfettamente la tecnica di Duccio di Boninsegna e di Simone Martini), sapeva invecchiare in maniera eccellente le tavole, stendendole sul terrazzo di casa, per sottoporle all’azione di pioggia, sole e vento.
Proprio il mercato delle opere dei pittori italiani del Tre-Quattrocento riscoperto a partire dal XIX secolo, ha contribuito alla crescita della produzione di «quadri antichi» e Siena ne fu la «capitale». Le falsificazioni, destinate a una larga clientela di facoltosi collezionisti stranieri, soprattutto americani, ebbero talvolta esiti qualitativi tali da far considerare i falsi autentici capolavori. Lo storico dell’arte Bernard Berenson, ad esempio, acquistò le opere vendutegli dallo Joni, ben consapevole che fossero dei falsi.
Ma non è stato il solo Joni, e la sua scuola, ad alimentare il mercato delle opere contraffatte. Lo racconta Noah Charney, fondatore di Arca, associazione per le ricerche sui crimini contro l’arte, nel libro The Art of Forgery (Phaidon): «È molto probabile che anche in grandi musei ci siano dei falsi (…). Però, dopo una lunga esperienza nel settore, mi sento di dire che un buon 10% di pezzi delle maggiori collezioni sia frutto di una attribuzione sbagliata».
Ancora oggi una delle discusse tavole si trova al Met di New York e potrebbe essere dovuta alla mano del falsario senese.

Icilio Federico Joni

Redazione GDA, 02 settembre 2016 | © Riproduzione riservata

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