Redazione GDA
Leggi i suoi articoliPubblichiamo alcune parti della lettera inviata da Grazia Facchinetti, presidente nazionale Api-MiBact, ai ministri Gennaro Sangiuliano e Paolo Zangrillo e ad altri funzionari del governo, in cui gli archeologi del Pubblico Impiego sollevano «rilevanti criticità» del bando di concorso (pubblicato il 27 maggio dalla Commissione Ripam per il Ministero della Cultura) per 75 posti, tra informatici, statistici, biologi, chimici, fisici, geologi, architetti, restauratori, ingegneri e ingegneri gestionali, da inserire nella cosiddetta «quarta area».
Gli archeologi chiedono un incontro e il ritiro del bando «ingiusto e inefficace» o la sua rettifica per consentire l’accesso a tutte le figure professionali operanti nel MiC, «riservando pari quota al personale interno rispetto agli esterni, elevando i titoli di studio richiesti ed eliminando differenziali di genere» (sulla piattaforma online change.org è stata promossa la petizione «Sostieni i lavoratori del Ministero della Cultura» che ad oggi ha raccolto ben 17mila firme).
Nella lettera Api MiBact, in particolare, si sottolineano i seguenti punti:
1) Sono stati completamente esclusi (dal bando, Ndr) gli archeologi, oltre a storici dell’arte, archivisti, bibliotecari, antropologi, funzionari per la promozione, amministrativi, tutte quelle figure professionali del Ministero della Cultura che, assieme ad architetti e restauratori, portano avanti quotidianamente la stragrande maggioranza del lavoro del Ministero della Cultura, ponendo le basi su cui lavorano poi geologi, biologi, chimici, fisici, ingegneri ed ingegneri gestionali. Le EP avrebbero dovuto invece essere intrinsecamente legate all’organizzazione ed alla struttura organizzativa del Ministero, per dare efficienza e a rafforzare il ruolo e il peso del Ministero della Cultura: si è puntato invece soprattutto su posizioni di lavoro presenti in pochissimi Istituti del Ministero che non è chiaro quali funzioni di coordinamento e promozione a supporto della Dirigenza potranno svolgere.
2) Visto l’iniziale stanziamento di risorse per 100 posti per Elevate Professionalità, le unità riservate agli interni sono state dimezzate e ridotte da 50 a sole 25 unità (che il ministro ha dichiarato saranno reclutate attraverso un interpello interno al Ministero della Cultura) non riservando invece ai funzionari interni una percentuale almeno pari agli esterni nel bando di concorso che ne riconoscesse le competenze, le esperienze ed i titoli acquisiti.
3) Il salario di una EP è di poco inferiore a quello di un dirigente di seconda fascia, mentre il bando non prevede per l’accesso alcun titolo di studio post lauream, tranne per gli architetti ai quali si chiede almeno una specializzazione. Coloro che si candideranno alle Elevate Professionalità potranno quindi possedere meno titoli di quelli che sono stati richiesti ai funzionari di terza area nei precedenti bandi (entrati tramite un concorso che richiedeva il possesso di almeno un titolo di studio post lauream), mentre guadagneranno più del doppio dei funzionari attualmente di ruolo. Il motivo surreale addotto via stampa è stato quello di attrarre figure altrimenti propense ad accettare posti di lavoro pagati meglio di quelli del MiC: d’altronde lo stipendio del funzionario ministeriale italiano è al penultimo posto nella classifica europea dei funzionari statali.
4) Nelle premesse del bando si fa addirittura riferimento a differenziali di genere superiori al 30% tra le professionalità presenti nel Ministero della Cultura, sottintendendo perciò che i generi sottorappresentati debbano essere non solo più ricercati tramite il bando, ma anche pagati il doppio. Siamo di fronte quindi a una doppia discriminazione: funzionari pagati meglio di altri sulla base del settore in cui si sono laureati, e generi pagati meglio di altri. Visto che ad esempio tra i funzionari fisici, il genere femminile è rappresentato al 100%, allora i 3 posti di fisici delle EP dovranno essere riservati al genere maschile!?
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