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Una veduta della sala con l'«Aurora» del Guercino

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Una veduta della sala con l'«Aurora» del Guercino

Il Casino dell’Aurora non è «comparable»

Stabilire il valore di un immobile contenente l'unico dipinto murale di Caravaggio, capolavori di Guercino e Domenichino era un’impresa difficile, ma la metodologia applicata per la stima non appare corretta

Gloria Gatti

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All’osservazione «Scusi l’insistenza, principe, ma rifletta: al contrario di tanti altri nobili, lei ha la fortuna di potersi vendere il palazzo perché non è stato dichiarato monumento nazionale... La cifra che noi le offriamo rappresenta più del doppio del suo valore reale», Eduardo De Filippo, nei panni del principe Annibale di Roviano, rispondeva: «Ma che ne sa lei che cosa può valere per me la mia casa?».

Se quella favola surrealista di «Fantasmi a Roma», di affreschi e di «notifiche», fosse uscita oggi al cinema e non negli anni Sessanta, nessuno avrebbe dubitato che il regista Antonio Pietrangeli si fosse liberamente ispirato alle recenti vicende del Casino dell’Aurora che sarà battuto «web only» in un’asta giudiziaria telematica del Tribunale di Roma il prossimo 18 gennaio alla strabiliante cifra di 471 milioni di euro nella procedura di divisione giudiziale tra i coeredi del principe Nicolò Boncompagni Ludovisi.

Il Villino Ludovisi, senza fantasmi, è stato valutato 34.418.721 euro, mentre la sola opera «Giove, Nettuno e Plutone», unica pittura muraria autografa di Caravaggio, è stata stimata dal professor Alessandro Zuccari, 310.800.000 di euro. La differenza è data dalla somma dei valori delle altre opere d’arte presenti nell’edificio: «Il carro dell’Aurora» e la «Fama» di Guercino, altri affreschi e sculture.

Il valore dell’opera è stato individuato applicando il metodo dei «comparables», attraverso il prezzo proposto da Eric Turquin per il dipinto «Giuditta che decapita Oloferne», ritrovato nel 2014 in una soffitta di Tolosa e affidato per la vendita alla casa d’aste Labarbe con una stima di 120-150 milioni di euro; lo Stato francese ha rinunciato all’esercizio della prelazione come «trésor national», secondo la L. 123-1 del Code du patrimoine, perché troppo dubbia era la sua attribuzione e, poi, ritirato dall’asta.

A corroborare il valore di perizia un confronto con le stime assicurative di due opere di Caravaggio, una delle quali è quella del dipinto le «Sette Opere della Misericordia» del Pio Monte di Napoli che misura complessivamente 10,14 mq ed è stato assicurato nel 2019 per 200 milioni di euro, comparazione che ci porterebbe, però, in proporzione a circa 100 milioni, visto che la pittura muraria del Casino dell’Aurora misura 5,18 mq, e non a 310 milioni. Il «Ritratto del ragazzo che sbuccia la frutta» (65.4 x 52.9 cm), andato invenduto da Christie’s come opera autografa di Caravaggio nel 2015 e stimato tra 3-5 milioni, non è stato invece preso in considerazione.

Nella perizia nessun coefficiente di abbattimento è stato applicato per l’assenza di garanzia per vizi ex art. 2922 cod. civ., benché si trattasse di vendita giudiziaria, in quanto non era stato specificato ad Alessandro Zuccari che la stima richiesta dal Giudice era finalizzata all’incanto coattivo del bene, come ha precisato la prof. Raffaella Morselli, e nemmeno si sono applicati abbattimenti perché si tratta di una pittura muraria o per i vincoli come bene di interesse nazionale.

Come per la villa abitata dai fantasmi, stabilire il valore di un immobile unico, dichiarato patrimonio nazionale e contenente l’unica pittura muraria di Caravaggio, era un’impresa ardua e difficile. Ma anche a voler prescindere dal valore delle pitture murarie, la metodologia applicata per la stima, che risulta una somma dei valori dell’immobile a quella di pitture murarie e affreschi, inscindibili per vincolo e per natura, non appare corretta trattandosi di beni inseparabili.

In tema di affreschi insistenti su un immobile vincolato (si trattava degli affreschi di Tiepolo a Palazzo Barbarigo a Venezia), la Corte di Cassazione a S.U. (n. 6180/1985) ha infatti chiarito, incidenter tantum, che gli stessi diventano beni immobili per destinazione e che il vincolo si estende implicitamente anche ai medesimi affreschi che costituiscono un unicum con il palazzo vincolato, quali pertinenze ai sensi dell’art. 817 c.c. (in senso conforme Cass. Civ. Sez. II 3610/2001) e di cui seguono il medesimo regime, e con la conseguenza che gli stessi non possono essere stimati separatamente come beni mobili, ma soltanto considerati come motivo che legittima l’applicazione di un moltiplicatore del valore a mq in ragione della pregevolezza e della maggiore redditività potenziale del bene.

A seguito di queste osservazioni, è stata presentata un’interrogazione al Ministro della Cultura Dario Franceschini, in particolare da parte dalla senatrice Margherita Corrado, affinché venga reso noto «quanti e quali vincoli gravino sul Casino dell’Aurora e sui manufatti in esso contenuti» e quale sia la stima indicata nei provvedimenti di vincolo. Massimo Maggio, AD dell’agenzia di assicurazioni PL Ferrari, rileva che «il valore assicurativo è inattendibile se nella polizza non è indicato se il valore assicurativo a cui si fa riferimento è “a stima accettata” o a “valore dichiarato”», precisazione omessa nella perizia del prof. Zuccari.

La prima, infatti, comporta un accordo con la compagnia assicuratrice sul valore dell’opera che viene sottoposto al vaglio preventivo di un perito di fiducia della compagnia, la seconda, invece, si limita a riportare il valore indicato dal proprietario, restando a esclusivo carico di questi l’onere della prova del reale valore commerciale dell’opera eventualmente coinvolta in un sinistro. Maggio aggiunge anche che «le polizze fine art assicurano il “valore commerciale” dell’opera e che, nel caso di specie, trattandosi di una pittura muraria sottoposta a vincolo, e incommerciabile separatamente dall’immobile, gli ordini di grandezza sono decisamente differenti da quelli stimati, anche sotto il profilo assicurativo».

Abbiamo invece chiesto a Massimiliano Bertolino, A.U. di Frontis Npl società di gestione di crediti cartolarizzati garantiti da immobili e che opera nel settore delle aste giudiziali, di darci il suo parere sulla scelta di una vendita in sede giudiziale di un bene come Villa Aurora Ludovisi di Roma. «Il Casino dell’Aurora costituisce di per sé un unicum non solo per le opere d’arte ivi contenute, ma soprattutto per il prezzo base asta di entità astronomica. Nella nostra esperienza abbiamo trattato vari immobili di pregio comprensivi anche di opere d’arte ancorché per importi significativamente inferiori, uno dei più recenti la vendita del patrimonio immobiliare del Gruppo Acquamarcia (proprietaria dei Grand Hotels Villa Igiea, San Domenico e Des Palmes) nell’ambito di un concordato preventivo dove il liquidatore giudiziale aveva però approntato vari strumenti al fine di adeguare la vendita coattiva ordinaria a una procedura maggiormente attenta agli interessi del mercato.

Infatti, era stato incaricato un soggetto specializzato con la missione specifica di sondare il mercato e ricercare soggetti interessati prima della celebrazione dell’asta e che veniva fissata solo a seguito di manifestazioni di interesse concrete, pubblicità dell’asta su giornali ad alta tiratura nazionale e internazionale, creazione di una data room virtuale alla quale i manifestati interesse, selezionati avevano accesso per oltre 30 giorni, nella quale era presente anche la bozza del rogito di compravendita. Secondo la mia esperienza
, prosegue Bertolino, la procedura di vendita ordinaria, sicuramente efficiente per la vendita di un appartamento con box, non deve essere replicata pedissequamente per un immobile unico come Villa Aurora. Il rischio, nel contesto di una asta giudiziale dove non vi è accesso diretto ai documenti, viene richiesto un 10% di cauzione solo per la partecipazione in asta e il pagamento di tasse e imposte e saldo del prezzo in 120 giorni, è che il valore del bene venga deprezzato enormemente prima di essere alienato e con ingenti spese a carico della procedura».

Per quanto attiene, invece, la relazione di stima del bene «sarebbe stato quanto meno auspicabile che per un oggetto di tale rilievo il perito avesse previsto quanto meno, se possibile, un cambio di destinazione d’uso, per esempio da abitativo in recettivo alberghiero con il calcolo dei relativi costi, in modo da sollecitare potenziali investitori operanti nel settore degli alberghi di lusso. In casi come questi, dovrebbe essere elaborato un vero e proprio progetto di investimento, con una o addirittura più opzioni da offrire al mercato. L’investitore deve avere sempre un ritorno anche quando è disposto a spendere molto e per sollecitare il settore corretto e fare pubblicità mirate deve essere elaborato un vero e proprio progetto di investimento, ancorché di massima. Nella mia esperienza il prezzo lo fa sempre il mercato, ma allorquando adeguatamente sollecitato».

Dopo le osservazioni di Bertolino, e aver letto che il buen retiro di Karl Lagerfeld a Roquebrune oggi si può affittare in alta stagione a 45mila euro a notte, ci viene da dire che si potrebbe auspicare, al giusto prezzo, l’esercizio della prelazione da parte dello Stato, per replicare cent’anni dopo il modello collaudato dei Paradores Nacionales de Turismo spagnoli, una catena di hotel di lusso, in edifici di interesse storico e artistico, come castelli, monasteri e palazzi storici di proprietà statale riadattati per uso turistico e visitabili anche da chi non vi soggiorna.

Ma forse pensare di poter proteggere il patrimonio nazionale attraverso il turismo e renderlo anche redditizio, è ancora soltanto un film.

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Una veduta della sala con l'«Aurora» del Guercino

Gloria Gatti, 25 novembre 2021 | © Riproduzione riservata

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